il colpo grosso della coppia Renzi&Moretti. Perché se Finmeccanica è riuscita ad aggiudicarsi il contratto miliardario per i cacciaEurofighter in Kuwait il merito non è solo dell'azienda di armamenti, ma di un pressing congiunto con il governo. L'accordo non è stato ancora annunciato ufficialmente, ma viene confermato da diverse fonti finanziarie e dal mensile specializzato Rid: il titolo del gruppo a controllo statale è subito decollato in Borsa, con un più 4,3 per cento. Ma l'importanza dell'intesa è soprattutto industriale e strategica.
Il contratto dovrebbe comprendere complessivamente 28 aerei, divisi in due trance. In base alle regole del consorzio che produce l'Eurofighter, chi realizza l'affare si occupa anche di costruire i velivoli e la maggiore quota di componenti. Questo significa anni di lavoro per gli impianti Alenia-Aermacchi di Torino-Caselle che rischiavano di rimanere a secco nel giro di pochi mesi.
E anche una pioggia di commesse per una rete di fornitori nazionali, che vanno dalla Selex – sempre di Finmeccanica – per i sistemi elettronici, alla Avio per i motori e una trentina di aziende piccolo-medie soprattutto nel Nord Ovest. Il valore dell'affare oscillerebbe tra i sei e gli otto miliardi di euro. Con una ricaduta ventennale per la manutenzione e l'assistenza.
L'Eurofighter è uno dei caccia migliori esistenti, ma anche uno dei più costosi con un prezzo che sfiora i 90 milioni di euro per ogni aereo. È stato ordinato finora in 571 esemplari da sette aviazioni, ma ha incontrato difficoltà nelle esportazioni per le limitate capacità di svolgere azioni di bombardamento. Per questo l'ultimissima versione è stata dotata anche di missili terra-aria a lungo raggio e di un radar con capacità potenziata: apparecchiature interamente concepite e costruite in Europa.
E questa è la prima volta che Finmeccanica riesce a ottenere una commessa estera per l'Eurofighter. Negli scorsi anni c'erano state trattative con il Giappone e la Romania, al quale erano stati offerti anche i caccia della prima versione che la nostra Aeronautica ha già tolto dal servizio attivo. E il risultato è frutto di un pressing condotto dall'intero governo Renzi. Proprio in queste ore, il premier ha incontrato per la seconda volta lo sceicco Jaber Mubarak Al-Hamad Al-Sabah, primo ministro dell'emirato. Ma un ruolo fondamentale è stato svolto dal ministro della Difesa Roberta Pinotti che ha coordinato i rapporti con le autorità militari kuwaitiane e visitato il paese a febbraio.
Nell'emirato dallo scorso ottobre opera il distaccamento italiano impegnato nelle missioni di ricognizione contro lo Stato islamico in Iraq. E l'emirato ha affidato alla nostra Aeronautica la formazione dei suoi futuri piloti da caccia, con un pacchetto completo che va dalle selezioni dei candidati alla frequenza dell'Accademia di Pozzuoli fino all'addestramento al volo supersonico: i primi trenta ufficiali kuwaitiani cominceranno i corsi nelle prossime settimane.
Le relazioni tra i militari dei due paesi sono sempre state molto buone, consolidate nel 1991 dalla partecipazione dei Tornado italiani al Desert Storm contro gli occupanti iracheni: la prima operazione di bombardamento condotta dai nostri stormi dalla fine della seconda guerra mondiale, durante la quale un aereo venne abbattuto con la cattura dei due piloti, Gianmarco Bellini e Maurizio Cocciolone.
Di vecchia data anche il rapporto con Finmeccanica, che dalla fine degli anni Ottanta ha fornito e aggiornato la contraerea kuwaitiana con le batterie di missili Aspide. I legami si sono intensificati dal 2013 con gli accordi per apparati di difesa elettronica e radar di assistenza al traffico consegnati da Selex, che ha anche creato una joint venture per locale.
Insomma, per una volta sembra che il nostro paese sia riuscito a fare “sistema”, trasformando capacità tecnologica e relazioni internazionali in un accordo che si tradurrà in migliaia di posti di lavoro qualificati. Un risultato importante, che si spera in futuro venga ripetuto anche in settori diversi dall'industria bellica.
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