o spettacolo è appena terminato, e Beppe Grillo, madido di sudore, elegantissimo nel suo doppiopetto Armani «identico a quello di Michele Santoro, ma io sono di famiglia ricca» - se ne sta in piedi nel suo camerino piccolissimo e affollatissimo, a bere acqua minerale e a esternare in totale libertà. È un Grillo furioso, quello che ci si para davanti. Ha appena finito di "fanculare" mezzo mondo, da Vittorio Sgarbi al ministro Francesco De Lorenzo, da Licio GeIIi a Maurizio Costanzo: e ora, non contento, se la prende con un paio di malcapitati ambientalisti, che non gli hanno perdonato le battutine ironiche lanciate all'indirizzo di Fulco Pratesi, l'ex presidente del Wwf Italia. Reo di aver fatto da testimoniai all'American Express, e di aver quindi contribuito a incrementare il tasso di inquinamento atmosferico: «Perché per ogni spesa fatta con la carta di credito ti danno in dotazione tre foglietti di carta, che poi vengono bruciati e creano pulviscolo atmosferico, che poi ricade in mare e viene mangiato dai pesci, che vengono poi mangiati da noi, nei ristoranti alla moda. Come siamo intelligenti: ci mangiamo le nostre carte di credito a 50 mila lire il chilo...».
Questo Grillo furioso, lontano le mille miglia dal comico giovialone del "Te la do io l'America", ma anche dal Grillo rabbioso che spara dalla tv contro Bettino Craxi e Pietro Longo, ha appena finito di fare il pieno allo Smeraldo di Milano e si appresta a rifarlo al teatro Olimpico di Roma, dal 9 al 18 marzo prossimi. Sempre da solo, con l'unico sostegno di un telefono amplificato e di una linea verde, con i quali entra in contatto con mezza Italia: un po' per dialogare amabilmente con il suo interlocutore di turno, più spesso per "fancularli" di brutto. In questo aiutato, con enorme entusiasmo, dal pubblico presente in sala: che non vede l'ora di urlare tutta la sua rabbia in faccia al nemico di turno. Quasi si fosse accorto che ormai dopo la protesta urlata, dopo i graffi sanguinosi della satira politica non resti altro che l'insulto. Grazie all'efficacia di un usatissimo trisillabo.
Signor Grillo, partiamo dai "fanculo" che ogni sera spara a raffica: non le sembrano un mezzo un po' volgare per scatenare l'ilarità della gente?
«Ma quale volgare... Volgare non sono io, che dico "figa, cazzo, culo" quando il senso della frase lo richiede. Volgare è la Sampò, che chiama "cappuccetto" il preservativo, e pensa così di essersi salvata la faccia: e allora io la mando affanculo. Ancora. C'è gente che mi chiama al telefono in teatro, e ha il cervello talmente spappolato dalla televisione che mica mi chiede come sto; mi chiede: "sono in diretta?". E io, questa gente qua, non dovrei fancularla? Ma mi faccia il piacere...».
Non è un po' troppo facile, però, prendersela con gli Sgarbi e con i Ferrara, e lasciare in ombra i nemici veri, i politici corrotti, i mafiosi, i disonesti?
«Guardi, in tanti prima sparano l'apprezzamento, dicono che sei geniale e che hai trovato il modo giusto di comunicare con la gente; poi incominciano a correggere il tiro, dicono che questo è troppo facile e quest'altro troppo scontato, insomma che da te s'aspettava di più. In tanti trinciano giudizi senza neanche venirti a vedere. Ma Io vorrei ricordare a tutti questi che non è colpa mia se Licio Gelli o Paolo Cirino Pomicino non si fanno trovare al telefono. Così come non è colpa mia se quella merda del mago Othelma ha deciso di presentarsI alle elezioni con un programma che prevede l'abolizione delle cinture di sicurezza e il ripristino della pena di morte; oppure se Maurizio Costanzo prima dIchiara che si è iscritto alla P2 per caso, e poi fa il testimoniai per un settimanale contro gli sprechi e contro la corruzione; oppure se la Raffai, oltre a fare la spiona di professione, ha scritto pure un libro da 29 mila lire su quelli che scappano dalla famiglia proprio perché c'hanno quella famiglia lì. E io tutta questa gente non dovreI fancularla? Ma la fanculo a raffica!».
Mi tolga una curiosità: il suo fanculo odierno ricorda da vicino il "fangala" urlato da MaIik Maluk, alias Giorgio Bracardi, nell'"Alto gradimento" di Arbore e Boncompagni. È da lì che le è nata l'idea?
«No, perché quello era un divertentissimo motto di spirito, e invece il mio è un autentico urlo di rabbIa. In quanto tale, sono certo che il suo antecedente sia il "coglione" con cui, anni fa, ho apostrofato il giornalista Sandro Mayer: perché, a "Domenica in", aveva intervistato un bambino appena liberato da un lunghissimo rapimento. Giuro che non volevo offendere Mayer: volevo soltanto urlare la mia rabbia, il mio disgusto, per un uso così cinico dell'intervista giornalistica. E quando, nei giorni successivi, ho ricevuto i messaggi di tantissima gente incazzata come me, che mi diceva che avevo fatto bene a urlare "coglione", ho capito che quelIa era la strada giusta. E il fanculo di oggi ne è la logica conseguenza».
Ma non trova un po' strano che questo urlo di rabbia sia sempre più spesso indirizzato contro la gente comune, invece che contro i potenti?
«Lei lo trova strano? lo no. Sono stanco delle battute, sono stanco della satira politica: non serve a nulla. Tant'è vero che Cossiga ormai non è più un uomo: è uno spot. E dell'ex sindaco ho semplicemente detto che deve avere due palle così, per aver sposato la sorella: di quello la. E dei socialisti non voglio più parlare, perché quando li ho accusati di rubare hanno guadagnato il cinque per cento dei voti: e dunque è meglio che me ne stia zitto, così magari si eliminano da soli. E di Mario Chiesa, presidente della Baggina, ho parlato solo all'inizio, quando sembrava che avesse rubato sette o otto milioni e il suo mi pareva proprio un caso di disperazione esistenziale. Ed è vero che ho ripetutamente fanculato il ministro De Lorenzo: ma non perché sia incompetente, ma per il semplice fatto che ha accettato un ministero senza speranza come quello della Sanità. Diciamolo chiaro: io di questa gente non voglio più saperne. E se ogni tanto mi capita di fancularli, è solo perché voglio parlare alla suocera perché nuora intenda ».
Sarebbe a dire?
«È semplice. Il fanculamento dei politici, dei potenti, è un mero pretesto per fanculare la gente, lei, me stesso. Perche è colpa nostra se siamo ancora comandati da individui di questo tipo. È colpa nostra se continuiamo a farci truffare dai pubblicitari, quelli che hanno inventato la famiglia di dementi del Mulino Bianco: quando nei paesi più civili, per esempio in Danimarca, hanno già fatto leggi che tutelano splendidamente i consumatori. È colpa nostra se l'ambiente è ridotto allo schifo che sappiamo, al buco nell'ozono, alle targhe alterne che non risolvono niente. E guardi che queste cose mica gliele dice un ambientalista. Anzi, gli ambientalisti proprio non li reggo, perché sono gli unici che non hanno ancora capito che il vero problema dell'umanità non è la tutela della foca monaca: ma la riduzione del tempo di lavoro. Lavorare meno per poter lavorare tutti. E godere di più».
E quindi secondo lei, signor Grillo, anche le prossime elezioni serviranno a poco...
«A poco? Dica pure a nulla. Perché i partiti nuovi fanno ancora più schifo di quelli vecchi. E perché, soprattutto, in Italia la situazione è talmente disgregata, deteriorata, compromessa, da lasciar presagire un futuro nero. Nero come la pece.
Pubblicata sull'Espresso dell'8 marzo 1992
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