«Violenza vergognosa» dice la ministra dell’Università Bernini, ma ce l’ha con gli studenti picchiati e arrestati all’Università di Roma. Non con i poliziotti, che ancora una volta hanno alzato i manganelli sulla protesta, portando a casa un bottino di pestati e fermati.
Protesta veemente e disperata perché disperata è la situazione di Gaza che per fortuna studentesse e studenti non dimenticano. Dovendo offrire i loro corpi a chi li vorrebbe distratti.
Immediato il tentativo di raccontarli come irresponsabili. Estremisti, come se l’estremismo non fosse quello al potere di chi bombarda i civili da mesi e di chi lascia fare.
Ma è un tentativo inutile e fasullo, tanto sensate solo le loro ragioni che hanno già trovato accoglienza in altri senati accademici, in altri rettori che si sono ritratti dalle fondazioni armate e in centinaia di docenti che le richieste dei collettivi appoggiano.
Non stiamo parlando di boicottaggi, non stiamo parlando di antisemiti, come ce li racconta chi tiene gli occhi chiusi per non aprirli sui suoi fallimenti e sulle catastrofi che alimentano.
Scambi culturali, relazioni aperte tra università, desiderio di conoscenza dell’altro sono preziosi proprio perché non si fondano sull’apatia e su una presunta neutralità della scienza.
Gli indignati difensori del confronto tra atenei oggi lasciano picchiare i propri studenti.
Dimostrando che la linea di faglia tra chi protesta e chi si fa scudo dei manganelli non è il dialogo, è l’indifferenza.
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