venerdì 31 luglio 2015

GOVERNO RENZI. DISOCCUPAZIONE GIOVANILE E IL FALLIMENTO DEL JOBS ACT. G. VELARDI, Jobs Act, Tiraboschi: “Renzi è partito dal tetto invece che dalle fondamenta. E ora improvvisa”, IL FATTO, 31 luglio 2015

Per il presidente di Adapt, il centro studi sul lavoro fondato da Marco Biagi, la riforma "si sta rivelando un fallimento" perché il premier "si è fatto prendere dalla frenesia del fare". E ha iniziato a liberalizzare, eliminando l'articolo 18, prima di costruire le necessarie tutele . In più, "il decreto sulle politiche attive e sulla ricollocazione è disastroso e andrebbe riscrittto"



Non c’è stata alcuna svolta: di fatto, per ora, il Jobs Act si sta rivelando un fallimento”. Michele Tiraboschi, docente di Economia all’università di Modena e Reggio Emilia e presidente diAdapt, il centro studi sul lavoro fondato da Marco Biagi, non usa mezzi termini per commentare i nuovi dati sulla disoccupazionediffusi oggi dall’Istat. Il tasso generale è al 12,7%, la quota di quella giovanile addirittura 44,2%. Il livello più alto dall’inizio delle serie storiche nel primo trimestre del 1977. Insomma, nonostante itrionfalistici annunci del presidente del Consiglio la realtà sembra essere rimasta la stessa.


Il motivo? “Renzi si è fatto prendere dalla frenesia del fare”, spiega Tiraboschi ailfattoquotidiano.it. “Il problema sta nel fatto che per ‘cambiare verso’ al mercato del lavoro il suo governo ha iniziato dal tetto e non dalle fondamenta. E su alcuni temi, come quello dellaricollocazione, si sta andando avanti improvvisando”.
Professore, i numeri dell’Istat dicono che questa riforma non sta dando i risultati sperati.Tutti i dati di scenario nazionale e internazionale dicono che non avrà alcun effetto. Dopo sei mesi di applicazione del generosissimo esonero contributivo per i nuovi assunti e dopo i primi tre di assunzioni liberalizzate non c’è stata alcuna svolta. Si tratta di interventi che hanno un effetto shock legato alla fiduciadelle imprese e del mercato del lavoro, ma neppure con la somma delle misure messe in campo sono stati finora raggiunti risultati tangibili.
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Lei è arrivato addirittura a definire il Jobs Act come il “nuovo apartheid”.Sì, perché al momento trovo che la riforma sia tutta nel superamento dell’articolo 18 e nient’altro. Ciò ha moltiplicato i dualismifra Nord e Sud, dove ci sono due mercati del lavoro completamente diversi e paralleli, ma anche fra nuovi e vecchi assunti, lavoro pubblico e privato, lavoratori e lavoratrici. Non si è creato un mercato con opportunità universali. Per invertire la rotta, il governo dovrebbe puntare supolitiche attive, ricollocazione e Garanzia Giovani, che non sta funzionando.
A proposito della Garanzia Giovani: anche questo progetto si sta rivelando un fallimento.Dopo più di un anno dal lancio del progetto crescono la disoccupazione e l’inattività giovanile. Ma basta collegarsi sul sito del ministero del Lavoro per rendersi conto dello scandalo:tirocini “usa e getta” pagati dallo Stato che non permettono in alcun modo ai ragazzi di farsi conoscere e rimanere in azienda. Di fatto sono finti: non rappresentano reali opportunità per migliorare la loro situazione. Lo Youth Guarantee rappresentava l’antipasto del Jobs Act, perché se fallisci con i giovani è poi evidente che succederà lo stesso con l’intera platea di coloro che cercano un impiego. Un segnale di allarme che il governo ha ignorato.
A questo punto, dunque, cosa dovrebbe fare l’esecutivo?Renzi si è fatto prendere dalla frenesia del fare, ma il Paese non cambia con leggi che poi rimangono sulla carta. Sul fronte lavoro l’errore è stato quello di partire dal tetto e non dalle fondamenta. Chiunque si occupi un minimo di flexsecurity sa che prima si costruiscono le tutele sul mercato e poi si liberalizza quest’ultimo. Il governo ha cominciato eliminando l’articolo 18, che sarebbe stata l’ultima cosa da fare, e poi in sei mesi ha prodotto otto decreti legislativi, quattro già pubblicati in Gazzetta ufficiale,improvvisando.
Continui.Fossi in loro prenderei più tempo: il decreto sulle politiche attivee sulla ricollocazione, attualmente in discussione, è disastroso e andrebbe riscritto daccapo. Il secondo tema, la ricollocazione appunto, è passato in questi mesi da un decreto all’altro per poi essere abrogato prima ancora che fosse in funzione. Inoltre l’accordo sulle politiche attive raggiunto giovedì fra Stato e Regioni è semplicemente una spartizione di potere nell’ottica di chi detiene le competenze e non della funzionalità del servizio.
Il rapporto dello Svimez, presentato ieri, è tornato a fare luce sulla disastrosa situazione del Mezzogiorno. Per giovani e donne si parla addirittura di “frattura senza paragoni in Europa”.Al Sud c’è ormai una desertificazione tale da portare i giovani a cercare lavoro al Nord o negli altri Paesi. Personalmente ho provato più volte a portare un centro di ricerca nel Mezzogiorno trovando però un contesto – rappresentato da istituzioni, politica e università – chiuso, diffidente, rivolto solamente al tornaconto personale che non aiuta a crescere. Tutto è basato sulle clientele politiche. Ed è proprio la cattiva politica che sta uccidendo quel territorio. Le conseguenze di questa situazione, però, le paghiamo tutti.

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