L’appello era stato disposto dalla Cassazione nel febbraio di un anno fa: nell’udienza di questa mattina spazio alle repliche delle parti civili e alle contro repliche dei due difensori. Il difensore di Maggi, Mauro Ronco, aveva chiesto un rinvio a causa dell’impossibilità del suo assistito di raggiungere il palazzo di giustizia di Milano per rilasciare dichiarazioni spontanee. La corte ha rigettato l’istanza della difesa, spiegando che il calendario era fissato da tempo e che il trasporto in ambulanza — Venezia soccorso ha fatto sapere che non sarebbero riusciti a organizzare il trasferimento anche a causa del caldo — non è l’unica soluzione contemplata dai periti.
I famigliari delle vittime: «Giustizia è fatta»
«Giustizia finalmente è fatta, almeno un poco. La soddisfazione è grande». L’avvocato Federico Sinicato, storico legale dei familiari delle vittime della strage, commenta così la sentenza. «La sentenza impone una profondissima riflessione su quegli anni dal ‘69 al ‘74» ha detto il presidente dell’Associazione Familiari vittime di piazza della Loggia, Manlio Milani, che nella strage perse la moglie. Per l’ex giudice istruttore di Milano Guido Salvini il doppio ergastolo «è il premio per un impegno, quello della Procura di Brescia, che non è mai venuto meno in tanti anni. Se la Procura di Milano avesse fatto altrettanto credo che sarebbe stato possibile andare anche per piazza Fontana al di là di quella responsabilità storica che comunque le sentenze hanno accertato in modo indiscutibile nei confronti delle stesse cellule di Ordine Nuovo».(Qui le reazioni di giudici e politici)
Dalle strage ai processi
Erano le 10.12 del 28 maggio 1974 quando in Piazza della Loggia, cuore del dibattito politico della città, durante una manifestazione antifascista organizzata dai sindacati, scoppiò la bomba. Da quel giorno, i magistrati bresciani non hanno mai smesso di indagare per individuare la mano che pose l’ordigno. La prima sentenza il 2 giugno 1979: i giudici condannano all’ergastolo Ermanno Buzzi e a dieci anni Angelino Papa. Il 18 aprile 1981 Buzzi è strangolato dai «camerati» Mario Tuti e Pierluigi Concutelli nel supercarcere di Novara. I due motivarono l’omicidio con il fatto che Buzzi fosse «pederasta» e confidente dei carabinieri, ma il sospetto è che temessero fosse intenzionato a fare dichiarazioni nell’imminente processo d’appello. Il 2 marzo 1982 i giudici della Corte d’assise d’appello di Brescia assolvono tutti gli imputati, compreso Angelino Papa. La Cassazione però annulla la sentenza di appello e dispone un nuovo processo per Nando Ferrari, Angelino e Raffaele Papa e Marco De Amici. Il 23 marzo 1984 il pm Michele Besson e il giudice istruttore Gian Paolo Zorzi aprono la cosiddetta «inchiesta bis». Imputati i neofascisti Cesare Ferri, il fotomodello Alessandro Stepanoff e Sergio Latini, che verranno poi assolti (assoluzione confermata dalla Cassazione). Nel 1993 vengono prosciolti gli ultimi imputati dell’inchiesta bis. Il 16 novembre 2010 i giudici della Corte d’assise di Brescia assolvono anche Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi, Maurizio Tramonte, Francesco Delfino e Pino Rauti per insufficienza di prove. Viene revocata anche la misura cautelare nei confronti dell’ex ordinovista Delfo Zorzi, che vive in Giappone. Due anni dopo arriva la conferma della corte d’appello. Il 21 febbraio 2014 la Cassazione stabilisce però la necessità di un nuovo processo per accertare le responsabilità di Maggi e Tramonte, e Carlo Maria Maggi. Assolto invece definitivamente Delfo Zorzi. Mercoledì la sentenza definitiva.(Qui le reazioni di Alfano e Boldrini)
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