"Città delle idee, del dialogo, dell'accoglienza. Perché le idee mettono in moto una comunità, il dialogo è uno scambio continuo ed è un tu che arricchisce l'io, e l'accoglienza è guardare verso l'altrove". Ecco la candidatura diPerugia 2019 con i luoghi di Francesco d'Assisi e dell'Umbria dalle parole del direttore artistico-culturale Arnaldo Colasanti, scrittore e critico letterario. La città umbra con il suo territorio è nella short list finalista, selezionata tra le sei città candidate al titolo di Capitale della Cultura 2019. "La nostra candidatura racconta una cultura intesa come policentrica e creativa. E una comunità che risponde alla crisi con le leve dell'accoglienza", precisa Colasanti.
Candidatura plurale, perché ci sono ben novantuno centri storici intorno che si connettono, si aggregano e ricombinano continuamente le loro relazioni, pur mantenendo salde le proprie singolarità. E così la carovana itinerante del 'Next, la Repubblica degli Innovatori', dopo aver macinato senza sosta migliaia di chilometri in lungo e in largo attraversando l'Italia che guarda al 2019, approda in Umbria per raccontare queste 'identità multiple'. L'appuntamento è per giovedì 18 settembre al teatro Pavone di Perugia (qui l'accredito online per i primi centocinquanta posti gratuiti in teatro).
Professor Colasanti, cosa rappresenta Perugia 2019?
"Certamente è una sfida. Per noi rappresenta ribaltare la situazione di crisi in cui vive la città. Nel tempo infatti la città ha perduto attrattività e competitività, come gran parte delle realtà medie che subiscono gli svantaggi oggettivi e il gap di creatività con le grandi metropoli, fino ad ora favorite dall'intensità delle relazioni e degli scambi culturali internazionali. Da qui la necessità di reinventarsi e di tornare a fabbricare i propri luoghi della produzione di idee e di socialità. Ecco perché dobbiamo lavorare sugli stereotipi, quelli negativi come la drammatica vicenda dell'assassinio di Meredith in testa, ma anche quelli positivi che vedono l'Umbria come terra docile, umile. Occorre certamente ritrovare le radici, produrre cultura, desiderio, orizzonte, una visione di lungo periodo".
Cultura è un termine chiave, una sorta di definizione-ombrello. Cosa ci mette dentro?
"Preciserei sin da subito che un prodotto è culturale non perché è creativo, ma perché crea comunità, genera desiderio. E la comunità perugina e umbra ha una forte identità. E la cultura qui si declina in un'ottica policentrica e in un intreccio di stimoli. D'altronde qui abbiamo un Teatro Stabile invidiato nel mondo, una prestigiosa Accademia di Belle Arti, un conservatorio di primissimo livello".
Parlava di cultura e di identità multipla. A suo avviso da cosa è caratterizzata questa identità?
"Le faccio degli esempi concreti. Questa è la città della formazione: Perugia ha due università, di cui una prestigiosa Università per Stranieri. Ma è anche la terra della sperimentazione, con il Festival dei Due Mondi di Spoleto. E ancora la città con una forte matrice post-industriale, che si palesa chiaramente approdando a Terni. Ecco, direi che emerge nella candidatura un carattere policentrico: questa è una terra nella quale si palesano le differenze".
Differenze e accoglienza, in una terra di passaggio...
"Guardi, terra di passaggio e quindi aperta al confronto. Ad esempio nella cultura francescana e benedettina c'è un imprinting fondamentale alla multiculturalità. E questo porta al concetto di città sperimentale. D'altronde la figura di Aldo Capitini - filosofo, politico, poeta ed educatore definito come il Gandhi italiano - racconta una comunità che guarda fuori i canoni abituali e verso un altrove.
Lei parla dell'altrove, ma cosa rappresenta per Perugia?
E' una sorta di potere salvifico, rappresenta la forza della sperimentazione ed in fondo sperimentare significa mettersi in gioco e comprendere la natura di se stessi. Ecco allora che l'altrove ha anche a che vedere con la contaminazione di culture e con la consapevolezza dell'adattamento al cambiamento. Per noi la candidatura rappresenta una città capace di desiderare il cambiamento, una città in mutamento costante e quindi in grado di governare la precarietà. Perché in fondo questa precarietà si traduce anche con l'essere svegli verso modalità nuove di lavoro, di vita, di connessioni".
Il concetto alla base del progetto di Perugia 2019 si affida a tre modi di declinare la città e il suo rigenerarsi. Ce li articola?
"C'è la città delle idee che genera pensiero creativo, capace di innovare il patrimonio delle conoscenze, la città del dialogo che pratica il confronto tra chi partecipa democraticamente alla vita della comunità, e poi la città dell'accoglienza intesa come una rete ampia e comprensiva, dove si opera a sistema e si valorizzano le risorse del territorio".
Qual è il ruolo dei cittadini in questa rigenerazione?
"Un ruolo proattivo, centrale. Per fare 'restart' e attuare un reale cambio di passo occorre ripartire da tutti".
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