«Quando una notizia non è nei telegiornali, non lo sono neanche le popolazioni vittime di violenze, sfollamenti, fame e malattie». E non sono poche. C’è un grosso pezzo di mondo che non buca lo schermo e non entra mai nelle case degli italiani. E’ una realtà fatta di emergenze umanitarie, di crisi regionali, di stati di calamità che, semplicemente, non esistono se non vi si accendono sopra i riflettori dei principali mezzi di informazione.
Ci vorrebbe Clooney
Nell’arco di 10 anni lo spazio dedicato dai notiziari di prima serata ai contesti di crisi è crollato dal 16,5% del 2004 al 2,7% del primo semestre del 2014. Il dato emerge dal rapporto di Medici Senza Frontiere, associazione medico-umanitaria che porta assistenza in 66 Paesi alle vittime di guerre ed epidemie, che da dieci anni scatta la fotografia, sempre più impietosa, del grado di attenzione dei media mainstream nei confronti di ciò che accade nel mondo. In tutto il mondo, quello che vede l’Occidente direttamente coinvolto e quello che dall’Occidente viene ignorato per mancanza di interessi geopolitici o culturali. O per la mancanza di testimonial famosi: quella del Sud Sudan è una delle crisi che compaiono “a singhiozzo” nei nostri tg e uno dei picchi si è avuto quando ad interessarsene è stato George Clooney.
C’è crisi e crisi
Non manca nelle diverse edizioni dei notiziari la sezione esteri. Ma questa è spesso monopolizzata dalle vicende della politica o dell’economia oppure dalle grandi crisi (Iraq, Afghanistan, Siria e di recente Ucraina) che vedono un coinvolgimento diretto dell’Italia o dell’Europa o che hanno possibili ripercussioni su di esse. Di Repubblica Centrafricana, per esempio, non si è praticamente mai parlato in 10 anni e questa è stata presente, secondo Msf, solo in un paio di servizi nella prima metà del 2014. E’ vero che esistono anche altri mezzi di informazione, come i canali all news (SkyTg24 o RaiNews) e gli stessi quotidiani cartacei e i loro siti web. Ma secondo il rapporto 8 italiani su 10 utilizzano ancora la tv generalista come mezzo principale di acquisizione delle notizie.
Il confronto fra i Tg
L’analisi ha preso in considerazione sette diversi telegiornali di prima serata: i tre della Rai, i tre Mediaset e quello de La7. Nel primo semestre dell’anno è stato il Tg3 quello più attento alle crisi internazionali ma con una percentuale sul totale delle notizie che non va oltre il 4,6%. A seguire quello de La7 (4,1%) e quello di Raidue (4%); Tg1 e Tg5 stanno rispettivamente al 3 e al 2,7%; Tg4 e Studio Aperto chiudono la graduatoria entrambi con solo l’1,5%. Sono stati esaminati anche alcuni tg di Francia, Spagna, Germania e Gran Bretagna che si sono dimostrati decisamente più attenti: dal 6,1% di France 2 fino al 12,4% del telegiornale della rete tedesca Ard. “Eppure da una recente indagine Eurisko emerge che il 63% della popolazione italiana desidera ricevere dai media più informazioni sulle emergenze umanitarie – fa notare Gabriele Eminente, direttore generale di Msf Italia, a cui si deve anche il commento in apertura -. Per questo riteniamo che i tg abbiano ancora una grande responsabilità e un importante ruolo da giocare sulla rappresentazione di crisi che hanno impatti gravissimi sulla vita di milioni di persone”.
Non solo guerre e terrorismo
Quando si parla di crisi si pensa in particolare a guerre, eventi catastrofici, atti terroristici. E in effetti sono loro a ottenere il grosso dell’attenzione dai tg, il 65,5% delle notizie di questo ambito, anche perché la loro “drammaticità” li rende particolarmente adatti ad essere raccontati in video, magari accompagnati da immagini forti. Ma milioni di morti ogni anno sono causate da povertà o malnutrizione, che però non trovano che l’1,5% dello spazio, o da emergenze sanitarie, tema particolarmente caro a Msf, che non vanno oltre l’1% dello spazio informativo e che in dieci anni hanno potuto contare solo su 293 servizi fra le decine di migliaia andati in onda complessivamente nei sette tg. In questa seconda parte di estate si sente molto parlare di Ebola, ora che l’allarme è diventato internazionale. Quando era un problema che riguardava solo le popolazioni africane coinvolte, e Msf era sul campo a fronteggiarlo, per i nostri tg non era una notizia. “Noi però continueremo a sollecitare i media a guardare anche alle crisi invisibili – promette Eminente – perché siamo sempre più convinti che la pressione dei mezzi di comunicazione e dell’opinione pubblica su governi, autorità o attori umanitari e politici, anche in Paesi remoti, può fare la differenza e spingere ad agire in favore delle persone in difficoltà”. Alessandro Sala @lex_sala
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