Va bene parlare di Grillo, dei processi a Berlusconi o delle micromanovre del governo. Ma sono altre le novità, sulle quali il Pd dovrebbe discutere: dalla tragedia siriana alle disuguaglianze nel mondo, ai fermenti in Turchia e Brasile
(27 giugno 2013)
C'era una volta un Paese dove in un partito, quando era tempo di congresso, anche il più sprovveduto segretario della più scalcagnata sezione di campagna teneva il suo discorso introduttivo di circa due ore, iniziando dall'analisi sui conflitti mondiali in atto, sulla crisi e prospettive del sistema capitalistico, sui mondi futuri e desiderabili. E la discussione per il 90 per cento si agitava alle medesime altezze.
Angosciosi ricordi. Siamo davvero definitivamente usciti da tali barbarie e entrati nell'età del disincanto. Non più chiacchiere de universo et quibusdam aliis, solo decisioni e programmi concreti. Come dovranno svolgersi le primarie? Potrà votare senza giustificazione al secondo turno chi ha l'influenza al primo? Potranno liberamente votare per la segreteria del partito anche coloro che mai vi hanno fatto parte, mai lo faranno, e che quel partito mai hanno votato? Dilemmi concretissimi, come si vede. E ancora: potrà candidarsi al premierato chi neppure partecipa alle primarie per la segreteria? Qui si decide davvero - altro che i tempi in cui ci si divideva sull'invasione di Praga, come fosse stato in nostro potere di cambiare qualcosa! Il nostro mondo si è fatto maturo - maturità è tutto, diceva un grande. Marciume forse meno. Possibile davvero che la questione riguardi come riformulare l'Imu, quanto aumentare o non aumentare l'Iva e implorare la Mitteleuropa di guardare al Mediterraneo e alle miserie di noi Welsche con occhio meno severo?
Non nutro alcuna nostalgia per l'internazionalismo dei miei giovani anni (non vi partecipavo neanche allora), ma forse non è troppo igienico dimenticare che apparteniamo a un mondo che trascende di qualche spanna le contese Renzi-Letta-D'Alema, e anche quelle Pd-Pdl. Forse sarebbe interessante che il congresso di un partito che retoricamente si richiama a "scuole di cultura politica" si interrogasse sulla crisi che oggi attraversa la forma democratica della rappresentanza, sulla rottura del "compromesso storico" tra democrazia e mercato, sulle ragioni dell'irresistibile crescita delle disuguaglianze in tutto l'Occidente. Forse, si potrebbe anche manifestare qualche preoccupazione per alcune tragedie in corso nell'indifferenza generale, come quella siriana. Forse, si dovrebbe anche cercare di comprendere la natura di quei movimenti che si accendono in tutto il mondo, che hanno determinato svolte epocali e tuttora dall'esito incerto in tanti Paesi mediterranei, che sono al centro del conflitto politico in un Paese assolutamente strategico come la Turchia, e ora anche in Brasile.
Che cosa li accomuna? Come si organizzano? Quali leadership esprimono? Certo, non c'entrano nulla con la democrazia Web à la Grillo, non hanno leader da avanspettacolo, non mandano nei parlamenti chi prende dieci preferenze sulla mail. Ma neppure sono lontanamente parenti della forma-partito di un tempo, né sembrano evolversi in quella direzione.
Tutti sintomi del nuovo Millennio, la cui analisi non sembra stare particolarmente a cuore ai duellanti democratici. Chissà allora su cosa dovranno decidere le primarie. Età? Abilità retorica? Bella presenza? Enfasi particolare nella ripetizione dei programmi e dei desideri che da vent'anni andiamo ascoltando (ottimi programmi,magari, e virtuosi desideri)?
Ma le vere novità sono quelle che ho prima ricordato; è da esse che sorgerà, bello o brutto, il mondo di domani. E i leader di domani saranno quelli che le sanno interpretare e comprendere per tempo, e portarne l'acqua ai loro mulini. Bene l'esame filologico quotidiano delle esternazioni di Grillo; ottimo attendere ansiosamente l'esito dei processi a Berlusconi; encomiabile discutere sulle sorti del governo in base a micro-manovre sull'Imu - ma forse esiste ancora una storia da narrare, fatta di grandi conflitti, di tragedie sociali e umane, e un fermento vitale di tracce, indizi, movimenti che stanno scardinando le casematte dove resistiamo arroccati. Forse è preferibile abbandonarle o aprirle, prima che ci crollino addosso.
Angosciosi ricordi. Siamo davvero definitivamente usciti da tali barbarie e entrati nell'età del disincanto. Non più chiacchiere de universo et quibusdam aliis, solo decisioni e programmi concreti. Come dovranno svolgersi le primarie? Potrà votare senza giustificazione al secondo turno chi ha l'influenza al primo? Potranno liberamente votare per la segreteria del partito anche coloro che mai vi hanno fatto parte, mai lo faranno, e che quel partito mai hanno votato? Dilemmi concretissimi, come si vede. E ancora: potrà candidarsi al premierato chi neppure partecipa alle primarie per la segreteria? Qui si decide davvero - altro che i tempi in cui ci si divideva sull'invasione di Praga, come fosse stato in nostro potere di cambiare qualcosa! Il nostro mondo si è fatto maturo - maturità è tutto, diceva un grande. Marciume forse meno. Possibile davvero che la questione riguardi come riformulare l'Imu, quanto aumentare o non aumentare l'Iva e implorare la Mitteleuropa di guardare al Mediterraneo e alle miserie di noi Welsche con occhio meno severo?
Non nutro alcuna nostalgia per l'internazionalismo dei miei giovani anni (non vi partecipavo neanche allora), ma forse non è troppo igienico dimenticare che apparteniamo a un mondo che trascende di qualche spanna le contese Renzi-Letta-D'Alema, e anche quelle Pd-Pdl. Forse sarebbe interessante che il congresso di un partito che retoricamente si richiama a "scuole di cultura politica" si interrogasse sulla crisi che oggi attraversa la forma democratica della rappresentanza, sulla rottura del "compromesso storico" tra democrazia e mercato, sulle ragioni dell'irresistibile crescita delle disuguaglianze in tutto l'Occidente. Forse, si potrebbe anche manifestare qualche preoccupazione per alcune tragedie in corso nell'indifferenza generale, come quella siriana. Forse, si dovrebbe anche cercare di comprendere la natura di quei movimenti che si accendono in tutto il mondo, che hanno determinato svolte epocali e tuttora dall'esito incerto in tanti Paesi mediterranei, che sono al centro del conflitto politico in un Paese assolutamente strategico come la Turchia, e ora anche in Brasile.
Che cosa li accomuna? Come si organizzano? Quali leadership esprimono? Certo, non c'entrano nulla con la democrazia Web à la Grillo, non hanno leader da avanspettacolo, non mandano nei parlamenti chi prende dieci preferenze sulla mail. Ma neppure sono lontanamente parenti della forma-partito di un tempo, né sembrano evolversi in quella direzione.
Tutti sintomi del nuovo Millennio, la cui analisi non sembra stare particolarmente a cuore ai duellanti democratici. Chissà allora su cosa dovranno decidere le primarie. Età? Abilità retorica? Bella presenza? Enfasi particolare nella ripetizione dei programmi e dei desideri che da vent'anni andiamo ascoltando (ottimi programmi,magari, e virtuosi desideri)?
Ma le vere novità sono quelle che ho prima ricordato; è da esse che sorgerà, bello o brutto, il mondo di domani. E i leader di domani saranno quelli che le sanno interpretare e comprendere per tempo, e portarne l'acqua ai loro mulini. Bene l'esame filologico quotidiano delle esternazioni di Grillo; ottimo attendere ansiosamente l'esito dei processi a Berlusconi; encomiabile discutere sulle sorti del governo in base a micro-manovre sull'Imu - ma forse esiste ancora una storia da narrare, fatta di grandi conflitti, di tragedie sociali e umane, e un fermento vitale di tracce, indizi, movimenti che stanno scardinando le casematte dove resistiamo arroccati. Forse è preferibile abbandonarle o aprirle, prima che ci crollino addosso.
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