È lodevole l’intento di contribuire al risveglio delle coscienze che Roberta De Monticelli pone al centro del libro Sull’idea di rinnovamento (Raffaello Cortina). L’autrice ha ragione quando denuncia il clima di cupa rassegnazione che sembra dominare l’Italia e si è espresso nel crollo dell’affluenza al voto in occasione delle ultime prove elettorali. E anche se forse mostra un eccessiva fiducia in quello che definisce «programma di rinnovamento civile» espresso dal M5S di Beppe Grillo, Roberta De Monticelli ha ben chiari i pericoli del populismo, il rischio che la «risata collettiva» si trasformi nella «complicità del gruppo senza volto contro l’isolato», nella ricerca «del capro espiatorio».
Diventa però difficile condividere il suo discorso quando si traduce nell’invocazione di una catarsi, una sorta di grande balzo in avanti, che dovrebbe permetterci di «ritrovare nella coscienza adulta la regalità bambina dell’innocenza». Fenomeni del genere posso forse essere contemplati in un’elevata visione filosofica, ma nella storia politica non si danno. E proprio un esempio portato da Roberta De Monticelli lo dimostra.
L’autrice invoca il ritorno del «sapere elementare» che «non torse un capello ai molti professori che giurarono nel nome del fascismo, ma salvò per sempre l’identità dei pochi che non giurarono, restituendo luce di speranza a tutti». Ma le cose nel dopoguerra non andarono proprio così. A uscire indenni da ogni forma di epurazione non furono solo i docenti che avevano giurato fedeltà al regime (quasi tutti), ma anche coloro che erano stati in prima linea nella campagna antisemita e ricevettero spesso onori dall’Italia repubblicana, come ha illustrato Barbara Raggi nel libro Baroni di razza (Editori Internazionali Riuniti). Quanto ai pochissimi che non giurarono, uno dei migliori, l’ex sacerdote Ernesto Buonaiuti, non venne neppure reintegrato nel suo incarico universitario, per il veto del Vaticano, e morì in povertà.
Non vale solo per l’Italia. Anche la Germania, che Roberta De Monticelli indica come modello di catarsi riuscita dopo il baratro della guerra, in realtà per molti anni rimosse l’esperienza del Terzo Reich e riciclò una gran massa di ex nazisti. Ebbe un cancelliere, Kurt Georg Kiesinger, con un passato di rilievo nella propaganda hitleriana e un presidente degli industriali, Hanns Martin Schleyer, che aveva militato nelle SS.
Eppure la costruzione della democrazia ha avuto successo tanto in Italia quanto in Germania, senza catarsi radicali, ma con un cambiamento faticoso che si portava dietro pesanti scorie di continuità. Così funzionano le vicende umane, anche se può non piacere.
Roberta De Monticelli, Sull’idea di rinnovamento, Raffaello Cortina, pagine 101, € 9
Barbara Raggi, Baroni di razza. Come l’università del dopoguerra ha riabilitato gli esecutori delle leggi razziali, con un saggio introduttivo di Pasquale Chessa, Editori Internazionali Riuniti, pagine 216, € 26
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