domenica 23 febbraio 2014

IL CASO RENZI & C. LA SOVVERSIONE DELLE REGOLE. M. AINIS, Le 10 regole sovvertite dal nuovo galateo della politica, IL CORRIERE DELLA SERA, 20 febbraio 2014

Ne abbiamo viste tante, al punto da buscarci un orzaiolo. Ma tante in una volta sola no, questa è la prima volta. Sicché sgraniamo gli occhi, dilatiamo le pupille. Dopo 63 esecutivi in 68 anni di Repubblica, e perciò dopo 63 crisi di governo, sembrava impossibile registrare fatti inediti, eccezioni, stravaganze. Invece possiamo metterne in fila una decina, come i comandamenti ricevuti da Mosè sul Sinai. Solo che in questo caso si tratta di regole al contrario, regole che sovvertono la regola.

Eccone l’elenco.



Illustr. Doriano SolinasPrimo. Il governo Letta viene licenziato durante una riunione di partito. Quindi da privati cittadini, nelle stanze di un’abitazione privata: giacché i partiti sono associazioni non riconosciute, al pari d’un circolo di caccia. E la legge sui partiti non è che l’ennesima promessa tradita dai politici.
Secondo. La crisi nasce da manovre di Palazzo, e purtroppo ci abbiamo fatto il callo. Significa che ha origine da decisioni sotterranee e per ragioni imperscrutabili. Ma il Palazzo va in diretta streaming. Da qui una nuova regola: la vecchia Costituzione (articolo 64) stabiliva la pubblicità dei lavori parlamentari; la nuova prescrive la pubblicità dei lavori extraparlamentari.
Terzo. Enrico Letta si dimette al Quirinale, il presidente non lo rinvia alle Camere per un dibattito sulle sue dimissioni. I precedenti sono altalenanti, anche perché la vita pubblica in Italia è un’altalena. In ogni caso, la «parlamentarizzazione» della crisi risale agli anni Settanta. Stavolta c’era l’esigenza di far presto, tuttavia ci hanno anche detto che non bisogna fare troppo presto. Il rischio è di passare dalla parlamentarizzazione della crisi alla «crisizzazione» del Parlamento.
Quarto. Lega e M5S disertano le consultazioni al Colle. Uno sgarbo istituzionale, una rottura senza precedenti. Però l’idea non è del tutto nuova. Il copyright si deve a Nanni Moretti (Ecce bombo, 1978): «Mi si nota di più se vengo e sto in disparte, oppure se non vengo per niente?».
Quinto. Ma di quale colpa si è macchiato il presidente? Come si spiega questo rifiuto d’incontrarlo? Risposta: consultazioni inutili, tanto l’incarico a Renzi è già deciso. Da chi? Da Renzi medesimo, o meglio dal suo partito. Destino amaro, quello di Napolitano: ieri messo in croce perché troppo interventista, oggi perché si limita al ruolo di notaio.
Sesto. E arriva infine l’incarico annunciato. Con i suoi 39 anni, Matteo Renzi sarà il più giovane Premier della storia italiana, anzi d’Europa, anzi della Via Lattea. Tuttavia la sua investitura non deriva dalla gioventù, bensì dal successo alle primarie dell’8 dicembre. Primarie di partito, trasformate con efficacia retroattiva in primarie di governo.
Settimo. Per la prima volta le chiavi di Palazzo Chigi vengono consegnate a un sindaco in carica, anziché a un parlamentare o a un uomo delle istituzioni. Non è una novità di poco conto: attesta, nel modo più solenne, il discredito che ormai sommerge la politica nazionale, quella che ha per teatro Roma. Ormai soltanto i sindaci rastrellano qualche grammo di fiducia. Ecco allora il sindaco d’Italia, riforma vagheggiata da vent’anni. Con questo governo, abbiamo cambiato la Costituzione senza cambiarla d’una virgola.
Ottavo. Sennonché il nuovo esecutivo nasce vecchio, nel perimetro della vecchia maggioranza. Come una squadra in crisi, che a metà campionato decida di sostituire l’allenatore, senza acquistare nessun calciatore. Lui potrà trasmettere un’iniezione d’entusiasmo, modificare la tattica di gioco, rimpiazzare qualche titolare chiamando in prima linea le riserve. Nel 1971 capitò a Invernizzi, subentrato a Heriberto Herrera; dopo di che l’Inter vinse lo scudetto. Ma capita di rado, e oltretutto Renzi tifa per la Fiorentina.
Nono. Dagli amici mi guardi Iddio, ché dai nemici mi guardo io. Sta di fatto che questo vecchio-nuovo esecutivo ha i suoi mal di capo con Alfano, mentre incontra la simpatia di Berlusconi. Chi è in maggioranza, chi all’opposizione? Vattelappesca. Decimo. È il paradosso più paradossale, quello da cui dipendono le sorti del governo, oltre che di noialtri governati. Difatti il gabinetto Renzi avrà successo se negherà se stesso, se renderà impossibile in futuro un altro gabinetto Renzi. Come? Con una nuova legge elettorale, con una riforma costituzionale che restituisca agli elettori il potere di decidere i governi. E sarebbe pure l’ora.
michele.ainis@uniroma3.it

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