Una vita 'sotto scorta'. A dieci anni dalla pubblicazione di Gomorra e dalla conseguente condanna a morte della camorra, lo scrittore Roberto Saviano rivela il suo dramma umano in un'intervista rilasciata a El Pais un anno fa, ma pubblicata ieri. "Non credo sia nobile aver distrutto la mia vita e quella delle persone che mi circondano per cercare la verità. Avrei potuto fare lo stesso, con lo stesso impegno, con lo stesso coraggio ma con prudenza, senza distruggere tutto. Invece sono stato impetuoso, ambizioso", si sfoga Saviano.
Il calvario di un uomo costretto a vivere in esilio, in luoghi segreti, traspare quando risponde al giornalista che chiede se ne è valsa la pena. "No - risponde lo scrittore -. E so che quando lo dico, qualcuno può pensare: che codardo. Vale la pena cercare la verità e vale la pena arrivare fino in fondo, ma proteggendoti".
"Bisogna considerare che non posso disporre della mia vita senza chiedere autorizzazione - spiega -. Né uscire o entrare quando voglio, né frequentare le persone che voglio senza doverle nascondere nel timore di rappresaglie. A volte mi domando se finirò in un ospedale psichiatrico". "Sul serio - conferma -. Già adesso ho bisogno di psicofarmaci per tirare avanti e non era mai accaduto prima. Non ne faccio abuso, ma a volte ne ho necessità. E questa cosa non mi piace per nulla. Per questo spero che prima o poi finisca".
"Il mio dramma interiore è - confessa
ancora -: avrei potuto aver fatto tutto questo ma senza mettere a rischio tutto. Perché, qual è il problema? Se tu anteponi un obiettivo, la verità, la denuncia, a qualunque altra cosa della tua vita, diventi un mostro. Un mostro. Perché tutte le tue relazioni umane e professionali sono orientate a ottenere la verità. Forse alla fine sarà nobile, una cosa generosa. Tuttavia la tua vita non si converte in generosa, Le relazioni diventano terribili".
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