Dal Palazzo messaggi poco consapevoli dell?urgenza: ecco perché è pericoloso il diffondersi di sentimenti «antitutto»
F a un certo effetto sentire il presidente della Repubblica segnalare il rischio che lo Stato possa essere costretto a pagare milioni di euro di risarcimento a detenuti che lo citassero in giudizio a causa delle condizioni in cui versano le carceri italiane, dove per ogni 100 posti vi sono 147 carcerati.
Una situazione in cui la stessa dignità umana è calpestata. Così come fa effetto sentire da fonti europee che la corruzione in Italia raggiunge ormai una giro d?affari di 60 miliardi di euro, una cifra astronomica che un normale cittadino non riesce neppure a immaginare.E che dire di uno Stato che per anni non ha pagato le imprese sue fornitici, accumulando debiti superiori ai 70 miliardi di euro? E se anche, seppur lentamente, la situazione ha cominciato a essere sanata, ciò non farà risorgere le imprese che hanno chiuso né i posti di lavoro che sono stati persi.L?elenco degli attacchi allo Stato di diritto da parte del sistema pubblico può facilmente continuare. Come cittadini sappiamo, per esempio, che una delle cose peggiori che può capitarci è avere a che fare con la giustizia: costi enormi (in Italia abbiamo il record del numero di avvocati rispetto alla popolazione) ed esiti processuali incerti. E, quel che è peggio, proiettati in un tempo biblico: i procedimenti civili nel nostro Paese durano in media otto anni, quattro volte di più di quanto accade in Svizzera.L?inefficienza giudiziaria ha svariate cause, tra le quali spicca l?ipertrofia legislativa: il numero di leggi statali in Italia è persino difficile da calcolare, ma la stima è nell?ordine delle 22 mila, contro le circa 10 mila della Francia e meno di 5 mila nella Germania Federale. Un numero esorbitante a cui si devono oggi aggiungere le oltre 25 mila leggi approvate dai vari consigli regionali. Tutto ciò crea una selva inestricabile che fa a pugni con la certezza del diritto, tanto più che moltissime di queste leggi restano solo sulla carta, essendo prive dei necessari decreti attuativi.Per non dire nulla, infine, del sistema tributario: da una parte una pressione fiscale insopportabile (per i cittadini onesti che pagano); dall?altra parte un?evasione che il presidente della Corte dei conti ha stimato nell?ordine dei 180 miliardi di euro. E con una economia sommersa che supera il 25% del Prodotto interno lordo, cioè 10 punti in più di Francia e Germania. Condizioni ideali per l?economia criminale, che può prosperare ed esercitare il suo odioso controllo su intere aree del Paese.In una situazione di questo tipo, come può costituirsi la relazione di fiducia tra lo Stato e il cittadino, necessaria per il funzionamento delle istituzioni democratiche? Non è forse l?idea stessa di Stato di diritto che viene messa a repentaglio dal malfunzionamento dello Stato?Eppure, dai palazzi della politica continuano ad arrivare messaggi confusi, poco consapevoli della gravità della situazione. E dell?urgenza con cui occorre impostare un?azione risanatrice. Perché la destrutturazione dello Stato si assomma oggi al grave disagio economico e sociale di ampie quote della popolazione, che si sentono impoverite e abbandonate, intrappolate in un vicolo cieco da cui non riescono a vedere via d?uscita. Ecco perché il diffondersi di sentimenti «antitutto» è oggi così pericoloso. Soprattutto quando c?è chi lo cavalca, pensando che il crollo del sistema sia l?obiettivo da perseguire.La madre di tutte le riforme in Italia è la ridefinizione del contratto tra il cittadino e lo Stato: su questo punto, almeno, sarebbe bene arrivare ad una larga intesa. Se rimane vero che l?interesse pubblico impone spesso sacrifici e vincoli a carico dei privati, tuttavia lo Stato italiano deve imparare a darsi una misura, smettendo di ridurre i cittadini a sudditi di una macchina statale che, pretendendo di affermare il proprio potere, finisce per essere luogo di inefficienza e di lotte occulte. Se non, addirittura, di illegalità.© RIPRODUZIONE RISERVATA
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