giovedì 6 febbraio 2014

POLITOLOGIA. IL CASO RENZI & C. PD OVVERO PARTITO DEMOCRISTIANO. CON UN GIUDIZIO SULLE PRIMARIE APERTE P. IGNAZI, Pd, ossia partito democristiano, L'ESPRESSO, 4 febbraio 2014

È in corso una mutazione genetica nel Pd? Forse sì. Partiamo dalle poltrone. I duellanti del Pd, Matteo Renzi ed Enrico Letta provengono dalla tradizione democristiana e il reclutamento della classe dirigente nazionale e locale installa in posti chiave ex boy scout di fede para-democristiana sia per discendenza diretta, sia per linea acquisita attraverso la filiera Lusi-Rutelli. Giusto l’evangelico proposito di uccidere il vitello grasso quando i figliol prodighi ritornano all’ovile. Ma analoga attenzione andrebbe riservata ad altre tradizioni politiche. Invece, lo sgarbo riservato da Renzi al congresso di Sel rifiutando l’invito rivoltogli indica abbastanza chiaramente qual è il “verso” del segretario Pd: barra al centro. Del resto, i delegati renziani al Congresso di dicembre si collocano in maggioranza proprio al centro dello schieramento politico, ben lontani dall’orientamento più di sinistra degli elettori delle primarie , come risulta dall’inchiesta condotta da Paolo Natale, pubblicata sul sito web de Il Mulino. Il problema è che fare le alleanze per le giunte locali (si voterà in 39 comuni, questa primavera) sarà un bel rebus se va avanti così. Con chi stringerà accordi il partito democratico: con Dudù? - per riprendere l’espressione del segretario Renzi. Finora il Pd governa nella maggioranza delle città grandi e medie grazie ad ampie coalizioni aperte a sinistra.



Forse ora la nuova segreteria pensa di poter vincere sempre e comunque da sola. Non sarà facile nemmeno con la legge elettorale cucinata nelle trattorie fiorentine perché dovrà contrastare un centro-destra ampio, che da Forza Italia si estende ai Fratelli d’Italia in via di rinforzo con tutte le anime sparse nostalgiche, alla Lega che al momento buono scende sempre a miti consigli, e persino al Ncd di Alfano che difficilmente potrà allearsi con il Pd visti gli schiaffoni che sta prendendo da Renzi e l’ostilità alla sinistra della sua potenziale base elettorale. Eppure l’attivismo renziano sembra escludere intese o alleanze di antico conio. Allora la strategia è proprio quella di tentare il colpo grosso: rimettere in sella il partito a vocazione maggioritaria di veltroniana memoria. Certo, il Pd ha ancora un serbatoio di iscritti e un potenziale di mobilitazione inarrivabile agli altri partiti; ma non basta perché non è detto che queste risorse si mantengano inalterate. A forza di primarie aperte, perché mai uno deve iscriversi se poi non ha nemmeno il potere di scegliere i propri dirigenti e candidati? A meno di non voler fare dell’iscritto un semplice donatore di fondi come per una qualsiasi Onlus, è necessario offrirgli qualche incentivo in più . Quali non è dato sapere .

Ammettiamo però che fiutando l’odore della vittoria - la ragione principale per cui è stato plebiscitato Renzi alle primarie - il partito non si squagli. Come attrarre allora tanti nuovi elettori?

Risposta: puntando al centro, per fare del Pd la nuova Dc della terza repubblica. L’incontro con Berlusconi può essere visto in questa ottica. Mentre sotto un profilo etico-politico è stato inopportuno e soprattutto sguaiato per l’enfasi accordatagli (tutt’altra cosa se lo avesse convocato ufficialmente e pubblicamente come tutti gli altri, invece di riservargli una corsia preferenziale), sotto un profilo tattico l’intento potrebbe essere quello di “disarmare” l’avversario per conquistare le sue truppe. Così come Palmiro Togliatti incontrò Guglielmo Giannini, il leader dei qualunquisti del primo dopoguerra, e andando nella tana del leone dimostrò che aveva denti di carta, altrettanto tenta di fare Renzi con Berlusconi, benché i denti del caimano siano ben più affilati. In questo progetto il partito democratico non può che andare incontro ad una mutazione genetica: piazzato al centro, con un partito fluido e una nuova classe dirigente, interessato a rinverdire i fasti fanfaniani e demitiani di subordinazione dell’economia pubblica alla politica visto l’interessamento di Renzi per prossime nomine, il partito da “democratico” è in via di trasformazione in “democristiano”.

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