L’ex tesoriere della Margherita dovrebbe restituire 25 milioni di euro
La Procura di Roma ha chiesto una condanna a 7 anni e mezzo di reclusione per l’ex tesoriere della Margherita Luigi Luisi, accusato di essersi impossessato di oltre 25 milioni dei fondi destinati al partito. A sollecitare la condanna e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici è stato il pubblico ministero Stefano Pesci, accusando Lusi di associazione per delinquere finalizzata a commettere un numero indeterminato di appropriazioni indebite nonché per aver calunniato Francesco Rutelli. Il pm ha chiesto anche la confisca dei beni sottoposti a sequestro sino alla concorrenza di 25.479.200 euro, cioé quanto sarebbe stato sottratto nel corso della sua attività di tesoriere dalle casse della Margherita.«È certo che Luigi Lusi, grazie a un’ampia delega, aveva una signoria totale rispetto alla gestione delle spese della Margherita -ha sottolineato il pm nella sua requisitoria - Solo lui era a conoscenza delle singole operazioni, perché aveva il potere di firma, oltre a Rutelli che non se ne è mai servito. Nella gestione operativa e finanziaria del partito, i politici erano assenti così come superficiali e all’acqua di rose erano le verifiche degli altri organi di controllo, a cominciare dai revisori dei conti. Ecco perché il caso Lusi ha segnato una crisi profonda nella Seconda Repubblica». Chiesta anche la condanna dei commercialisti di Lusi: 3 anni per Mario Montecchia e 2 anni e due mesi per Giovanni Sebastio.
GLI INIZI - L’indagine parte nel gennaio 2012, quando Lusi, tesoriere della Margherita dal maggio del 2002, viene iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Roma su segnalazione della Banca d’Italia: l’accusa è appropriazione indebita, per aver sottratto fondi dalle casse del partito per scopi personali, creando una sorta di contabilità parallela che sarebbe sfuggita ai revisori dei conti. Secondo l’accusa «Lusi, nella veste di tesoriere, era colui che portava avanti l’attività economica della Margherita in maniera esclusiva gestendo il conto corrente che dal 2007 al 31 dicembre 2011 vide affluire qualcosa come 80 milioni di euro sotto forma di rimborsi elettorali. Di questa somma almeno i tre quarti vengono utilizzati per spese lecite. Il resto no, a cominciare dall’utilizzo a pioggia di assegni in bianco a cifra tonda (con 500 o 000 finale), non tracciati. E questi assegni - ha chiarito il pm - sono stati utilizzati da Lusi come fossero un tesoretto da gestire per affari privati e questioni personali. Un fiume di denaro che entrò nella TTT srl, società riconducibile al solo Lusi e impiegata per acquistare immobili e le quote della Paradiso Immobiliare». Ci sono, poi, oltre 3,6 milioni che vanno nelle tasche della moglie Giovanna Petricone, che ha patteggiato a un anno, e altri 2 milioni destinati a conoscenti e amici di Lusi. Per la procura «di alcuni soldi non tracciati c’è sicuramente la distrazione, ma non c’è prova dell’appropriazione perché gli importi sono di modesta entità e gli assegni in questione alcune migliaia». Non appena viene resa nota l’iscrizione nel registro degli indagati, Lusi rassegna le dimissioni da Vicepresidente della Commissione Bilancio del Senato, da membro della Giunta per le elezioni e le immunità parlamentari e da membro del Comitato parlamentare per i procedimenti di accusa.A febbraio del 2012 viene espulso dal Pd.
L’ARRESTO E LA MAXI RICHIESTA DI RISARCIMENTO - A maggio 2012 il giudice per le indagini preliminari di Roma invia al Senato la richiesta d’arresto. A giugno la richiesta viene approvata: lo stesso giorno il senatore si presenta al carcere Rebibbia di Roma per sottoporsi all’arresto. Il 18 settembre 2012 il Gip di Roma Simonetta D’Alessandro concede gli arresti domiciliari all’ex senatore Lusi, presso il Santuario della Madonna dei Bisognosi vicino Carsoli in provincia dell’Aquila. L’ex tesoriere torna in libertà a maggio del 2013, quando i giudici accolgono l’istanza dei suoi avvocati: sono venute a mancare le esigenze cautelari. «Sono commosso, continuerò a seguire il processo con la massima serenità e con la massima fiducia nel collegio giudicante», commenta l’ex parlamentare in lacrime, accompagnato dagli avvocati. Ma sta per arrivare una nuova stangata: il 30 dicembre 2013 la Corte dei Conti condanna Lusi a versare 22,8 milioni di euro allo Stato per danno erariale a fronte di una richiesta di patteggiamento.
LE ACCUSE A RUTELLI - Nel corso delle indagini, Lusi ha cercato di scaricare parte delle sue responsabilità sull’allora leader della Margherita, Francesco Rutelli: in questo modo, secondo i legali dell’ex sindaco di Roma, Lusi si è comportato da «mentitore patologico», e ha danneggiato non solo l’immagine dei politici della Margherita, ma quella del partito stesso. «Ha fatto male a tante persone e si è fatto passare per vittima.- hanno sottolineato i legali - Ha gettato fango su chiunque, ha cercato di intimidire i politici con messaggi di intensità diffamatoria sempre più crescente ma i politici della Margherita, a cominciare da Rutelli, hanno manifestato la volontà di perseguirlo e di recuperare quanto da lui sottratto».
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