In un libro del 1929
intitolato ‘Il disagio della civiltà’ S. Freud
argomenta che l’aggressività, componente umana normale, è utile
tanto più la struttura sociale è primitiva mentre diviene dannosa o
difficilmente incanalabile in società molto strutturate.
Se avesse visto
l’evoluzione di questo ulteriore secolo della società caratterizzato da un
enorme incremento demografico con la necessità fisica di vivere in spazi sempre
più ristretti, conorganizzazioni sociali ed economiche sempre più
complesse e articolate che schiacciano ogni individualismosarebbe,
presumibilmente, ancora più determinato nella sua analisi. Gli istinti
naturali dell’uomo, che possono mutare solo in milioni di anni di evoluzione,
si devono confrontare con una società, cambiata in pochi decenni, provocando
una inibizione del principio del piacere. Gli esseri umani si devono,
necessariamente, conformare alla civiltà in cui vivono ma, di conseguenza, si
sentono infelici. L’enorme massa dell’aggressività repressa soprattutto fra i
giovani, come in una pentola a pressione, necessità di sfoghi sia individuali
che collettivi. Nell’ultimo mese abbiamo assistito all’aggressività del pilota che
uccide centinaia di passeggeri schiantandosi con l’aereo, a decine
di delitti familiari in cui il marito o l’amante hanno infierito sulla loro
donna, a episodi di violenza feroce negli stadi ed ora alla violenza degli antagonisti al corteo No Expo,
per non parlare dello stato islamico.
Ragazzi cresciuti in “allevamento” in
famiglie in cui quattro nonni e due genitori si contendevano i loro sorrisi,
privati della libertà di sbagliare ed essere puniti arrivano verso i trenta
anni, al termine del percorso scolastico, a doversi confrontare con una società
apparentemente ostile. Sarebbe come se il principe d’Inghilterra, cresciuto
nell’idea dei propri privilegi, scoprisse improvvisamente di essere un signor
nessuno e di dover sgomitare per raggiungere un minimo di quel benessere che
credeva gli fosse dovuto. L’aggressività, nella dimensione gruppale tende
a essere disinibita e si appalesa in tutta la sua virulenza. Si possono trovare
mille giustificazioni all’esplosione della rabbia individuando nelle storture sociali
più macroscopiche le cause del disagio.
Credo che però il
disagio psicologico insito nella civiltà sia il terreno fertile in cui tutte
queste difficoltà attecchiscono.
Se
questa analisi è corretta emerge, come conseguenza, l’idea che queste persone
ricerchino inconsciamente una punizione. Finalmente qualcuno che li sanzioni e
agisca come un padre severo ripristinando il principio di realtà. Sul versante
sociale potremmo affermare che per alleggerire la pressione aggressiva nella
società alcune valvole di sfogo vengano lasciate. In questo modo è come se si
permettesse all’aggressività di defluire attraverso le manifestazioni
sportive o quelle dei professionisti dell’antagonismo.
In
sintesi il mantenimento delle regole sociali provoca frustrazione istintiva con
accumulo di aggressività repressa che verrà lasciata defluire ed emergere in
manifestazioni, tutto sommato marginali, che permettono alla società di
continuare a funzionare.
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