Significa che sì, il Paese è il terzo del pianeta per spesa militare, dopo gli Stati Uniti e la Cina. Ma a una grande distanza: l’anno scorso, Washington ha destinato alla Difesa 610 miliardi di dollari, il 3,9% del Pil; Pechino 216 miliardi , il 2,06% (i dati cinesi vanno presi con precauzione, la loro trasparenza è minore anche di quella già non cristallina dei budget militari occidentali). Per dire: la spesa russa è di poco superiore agli 80,8 miliardi investiti nell’esercito dall’Arabia saudita (l’Italia è dodicesima al mondo, 30,9 miliardi di dollari). Il Cremlino, insomma, è ancora un grande protagonista sulla scena militare: tra l’altro, è il secondo esportatore mondiale di armi, il 27% di tutte quelle vendute nel mondo, contro il 31% degli Stati Uniti. Ma questi numeri indicano soprattutto che il gap che si è creato con l’America dopo il crollo dell’Unione Sovietica non si chiude ma continua ad allargarsi e che la nuova potenza emergente, la Cina, è ormai un attore più rilevante.
Sul piano delle armi nucleari, la Russia rimane in un certo senso testa a testa con gli Stati Uniti. Possiede circa 4.300 testate attive, 1.600 delle quali montate su missili balistici di lungo raggio di era sovietica, i quali nei prossimi dieci anni verranno tutti sostituiti da cinque tipi di SS27, assieme a una modernizzazione generale del settore. L’America, d’altra parte, ha 2.100 testate schierate e altre 2.660 di riserva e nel prossimo decennio spenderà 350 miliardi per l’ammodernamento del settore. Come spesso capita, lo sfoggio dei muscoli (la parata di ieri) fa più impressione della loro vera consistenza.
@danilotaino
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