venerdì 29 maggio 2015

RIFORMA DELLA SCUOLA. A. GARIBALDI, «La riforma? Al Miur nessuno sa che cosa fanno i precari nelle scuole», CORRIERE DELLA SERA, 29 maggio 2015

Che succede a un italiano che insegna Economia a Ginevra, ha lavorato all’Ocse a Parigi, e viene chiamato in uno dei due Cantieri che hanno preparato la legge sulla Buona scuola?
«I Cantieri erano due, sui docenti e sulle competenze. In quello dove ho lavorato io, sui docenti, mi sentivo leggermente disorientato, essendo l’unico non già stipendiato dal ministero per l’Istruzione. I miei colleghi erano docenti universitari, presidi, insegnanti, funzionari del ministero stesso», dice Michele Pellizzari, 41 anni, tre figli, studi alla Bocconi e alla London School of Economics. Al Cantiere è stato chiamato per le sue ricerche nelle aree dell’economia del lavoro, dell’istruzione e dell’econometria applicata. 


Come sono andate le riunioni del Cantiere sui docenti? 
«Ne abbiamo fatte cinque, da maggio a luglio 2014. Diciamo che la gestione non si può definire sistematica. In generale, si facevano dei giri di tavolo, ciascuno esprimeva la sua opinione sul tema centrale. Tuttavia, molti spunti discussi in quelle riunioni sono finiti nel progetto di legge». 
Qual era il tema centrale? 
«Dovevamo occuparci di formazione, reclutamento e valorizzazione della professionalità degli insegnanti. Io in realtà, ero stato chiamato per elaborare dati, sia sulle graduatorie dei “precari”, sia sui docenti in servizio e sulle loro carriere. Lavorare, per esempio, sul fatto che la matematica nella scuola non è insegnata da laureati in matematica».
E l’ha fatto?
«Ho cominciato subito a chiedere i dati, sulla carriera dei docenti e soprattutto sulle graduatorie. Ho capito che dei dati circolavano fra i miei colleghi di Cantiere interni al ministero. Ho avuto anche contatti con l’ufficio statistico del ministero, ma non sono riuscito ad avere tabelle analitiche e complete su carriere e graduatorie. Spero che prima di redarre il progetto di legge qualcuno abbia potuto esaminare con cura dei numeri.»
Ha avuto la sensazione che mancassero informazioni necessarie? 
«Alcune informazioni importanti mi è sembrato di capire che non esistessero proprio, come quelle sulle attività svolte da molti dei precari che saranno assunti».
Il giudizio sulla Buona scuola sembra severo. 
«Niente affatto. Nel complesso è un passo nella direzione giusta. Credo che la proposta del governo abbia l’ambizione di cambiare davvero il funzionamento del sistema scuola, ha una sua coerenza ed è presentata in maniera comprensibile e argomentata». 
C’è molta opposizione sui nuovi poteri dei presidi. 
«Al di là della scelta affidata interamente ai presidi o a organi più collegiali, mi pare corretto permettere la selezione dei docenti in base alle esigenze delle scuole. Va superato il sistema oggi in vigore, fondato sul principio che tutti gli insegnanti abilitati in una classe di concorso sono identici e possono insegnare con successo in qualsiasi scuola. Un criterio presunto oggettivo».
E’ anche qui l’autonomia scolastica?
«Certo, non solo nell’adeguamento del progetto educativo. Ho scritto su lavoce.info: “Il preparatissimo e severo professore vecchio stampo può fare miracoli nel liceo di una grande città e disastri nell’istituto tecnico di provincia”». 
I punti critici della riforma? 
«L’assunzione dei 100 mila precari pone una questione enorme di qualità degli insegnanti. Guardando numeri e composizione delle graduatorie (per quel che è stato possibile ricostruire), si può sospettare che alcuni degli iscritti non siano esattamente gli insegnanti più preparati». 
Perché? 
«Esempio: i 916 iscritti nelle graduatorie per la classe di concorso steno-dattilografia, oltre a essere abilitati per una materia ormai non più nei programmi, avranno probabilmente vinto il concorso diversi anni fa, magari qualche decennio fa. Ammesso che al momento dell’iscrizione in graduatoria fossero ottimi insegnanti, oggi lo sono ancora? Confesso: sarei preoccupato se i miei figli dovessero averli come insegnanti (di che materia non si sa)».
Secondo il governo questo piano di assunzioni non ha precedenti nella storia della Repubblica. 
«Avrei preferito che il governo avesse deciso di mettere davanti a tutto il diritto degli studenti e avesse trattato l’enorme precariato della scuola come un problema sociale, da risolvere con strumenti diversi».
Gli altri problemi?
«Il sistema di valutazione che mentre è molto chiaro e dettagliato per i docenti rischia di essere quasi un sistema di autovalutazione per le scuole (e quindi per i presidi). Non è chiaro inoltre cosa accada con le scuole che vanno male. Ci sono altri punti a mio avviso interessanti: crowdfunding, ruolo dei privati, alternanza scuola-lavoro. Ma i grandi temi delle nuove assunzioni e della valutazione delle scuole, se mal disegnati, possono far fallire l’intero progetto».

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