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La “scadenza” del diritto di cronaca, nella vicenda in questione, è stata fissata – dai Giudici ed in assenza di qualsivoglia norma di legge - in due anni e mezzo [ndr il tempo intercorso tra la pubblicazione dell’articolo e il ricevimento della diffida da parte dei proprietari del ristorante].
La motivazione dei Giudici sul punto è di disarmante semplicità: la grande accessibilità di un pezzo pubblicato online consentirebbe di ritenere che, in due anni e mezzo, l’interesse pubblico alla conoscenza della notizia sia stato soddisfatto e, dunque, il diritto alla privacy del singolo deve tornare a prevalere su quello della collettività ad informarsi e di un giornale ad informare.
Il principio, fissato così ed in assenza di correttivi, rischia di abbattersi con la stessa leggerezza di una tessera del domino su tutte le altre che la seguono, sugli archivi storici di tutti i maggiori quotidiani online ai quali, chiunque, da domani potrebbe chiedere non solo di disindicizzare gli articoli che lo riguardano ma di cancellarli integralmente a prescindere dalla veridicità delle notizie narrate e, addirittura, dalla circostanza che, magari, si riferiscano – come nel caso in questione – a vicende giudiziarie ancora in corso.
Tonnellate di informazione online – forse con la sola eccezione di quelle storie che da vicende di cronaca si sono, negli anni, trasformate in fatti di storia contemporanea per via della loro straordinaria rilevanza sociale secondo in conformità alla recente decisione del Garante per la privacy che ha negato l’oblio ad un ex terrorista che lo invocava – sarebbero destinate al macero digitale.
Ma davvero il diritto di cronaca può avere una scadenza? E davvero tocca al protagonista negativo di una storia di cronaca decidere quando è arrivato il momento di sottrarla alla conoscenza collettiva e gettarla via come si fa con qualsiasi prodotto scaduto?
La sensazione è che sul diritto all’oblio e sul suo contemperamento con la libertà informazione ci sia ancora tanta strada da fare alla ricerca di un miglior contemperamento tra l’interesse del singolo e quello della collettività.
Forse è arrivato il momento che ciascuno di noi acquisisca una maggior attitudine a convivere con il proprio passato perché, altrimenti, quello che ci attende è un futuro senza quella memoria collettiva della quale la democrazia si nutre da secoli.
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