I numeri di per sé sono positivi. La spesa in innovazione, tecnologie digitali in Sanità è tornata a crescere nel 2015, dopo la frenata del 2014, a quota 1.163 milioni di euro (era 1.131 nel 2014 e nel 2013). In particolare, di questa cifra 742 milioni di euro (più 32 per cento) sono in spesa corrente e 421 milioni di euro veri e propri investimenti (era 450 nel 2013). Altro aspetto positivo, secondo lo studio, è che quasi tutti i servizi di sanità digitale (prenotazioni, referti online...) sono migliorati, per qualità, nel 2015. In testa la Regione Lombardia, seguita da Provincia di Trento, Regioni Emilia Romagna, Veneto, Lazio, Toscana, Basilicata, Piemonte, Umbra, Sardegna, Liguria, Valle D'Aosta, Puglia, Friuli Venezia Giulia, Marche, Bolzano, Abruzzo, Campania, Molise, Sicilia e (fanalino di coda) Calabria.
Nel 2015 la Pa ha compiuto una serie di piccoli, ma importanti passi verso la sua trasformazione digitale", spiega Agostino Santoni, presidente di Assinform. "Vi è il dato sulla spesa pubblica in Ict che, dopo anni di contrazione, ha ripreso a crescere. A spingere, in particolare, la Sanità con una spesa salita di +2,8%, raggiungendo 1.163 milioni di euro. In questo settore vi sono progetti in marcia di grande impatto, come per esempio il Fascicolo sanitario elettronico, già operativo in 7 regioni e in fase di sperimentazione in altre 10. Ma possiamo dirci soddisfatti? Direi che dobbiamo fare di più. Oggi l'accento va posto sui tempi e sulla velocità di implementazione e di attuazione, troppo bassi per far fronte ai fabbisogni di innovazione che esprime il Paese. Occorre accelerare".
"Fa sempre piacere vedere un segno positivo, ma la realtà è a luci e ombre", dice Paolo Colli Franzone, presidente di Netics. "In realtà la spesa è cresciuta solo grazie ai residui fondi europei che le Regioni meridionali e il Lazio dovevano ancora smaltire. Alcune delle altre hanno addirittura ridotto gli investimenti", aggiunge. "L'altro punto debole è che manca ancora una vera e propria governance della Sanità digitale a livello centrale", aggiunge.
Su questo concordano le analisi dell'Osservatorio Sanità Digitale del Politecnico di Milano: le Regioni o addirittura i singoli medici fanno scelte autonome, nel rapporto con i pazienti via digitale, senza un coordinamento forte da parte del Governo. Prova ne è che - come ribadito sia nel rapporto sia dagli Osservatori - i grandi servizi di Sanità digitale sono in ritardo. E' in ritardo il Fascicolo Sanitario Elettronico, che dovrebbe essere un punto unico con tutti i dati e i servizi a disposizione di pazienti e operatori. Secondo le norme sarebbe dovuto essere già attivo ovunque, ma ad oggi è attivo in sette regioni ed è in sperimentazione in altre dieci. Ma anche laddove c'è il Fascicolo, c'è sempre il rischio che sia solo una scatola vuota, dato che non viene supportato da tutti i servizi di tutte le strutture sanitarie.
Un segnale promettente, sul fronte della governance, è arrivato pochi giorni fa con l'approvazione, in Conferenza Stato Regioni presso la Presidenza del Consiglio, del Patto per la Sanità Digitale. Il Sistema sanitario e i fornitori privati di servizi (domanda e offerta) cominciano ossia a coordinare i propri sforzi per sviluppare il settore. Secondo Netics, ne verrà un risparmio di 7 miliardi di euro per il Sistema sanitario in tre anni, grazie al digitale, a fronte di 4,5-5 miliardi di investimenti. Lo stesso Patto però arriva in ritardo (era stato annunciato dal Governo due anni fa esatti).
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