Lo sapevi che in Italia la legge sul delitto d’onore è stata abrogata soltanto il 5 agosto del 1981?
Questo vuol dire che quarantadue anni fa la donna era considerata proprietà del suo uomo, alla stregua di una casa, di una macchina o di qualsiasi altro oggetto.
Se veniva colta nell’atto di una relazione carnale illegittima, l’uomo (quindi suo marito, suo padre o suo fratello) aveva tutto il diritto di ucciderla poiché ferito nell’ orgoglio di maschio. Era lo stesso Stato a giustificarne il crimine, visto che l’art. 587 del Codice penale Rocco concedeva uno sconto di pena nei casi di omicidi per disonore.
Anche la violenza sessuale era un reato irrisorio. Stando all’art. 544 “il matrimonio che l’autore del reato contrae con la persona offesa estingue il reato”.
In poche parole, se l’uomo stuprava una donna poteva evitare la prigione con un matrimonio riparatore e questo perché la violenza sessuale era considerata un reato contro la morale e non contro la persona.
La donna, allora, non solo subiva una violenza inaudita, ma era anche costretta a sposare il suo carnefice per riguadagnare la sua reputazione, macchiata dall’aver consumato un rapporto sessuale fuori dal matrimonio, anche se questo rapporto non era stato consensuale.
Se oggi le cose sono cambiate lo dobbiamo a Franca Viola, una giovane adolescente di Alcamo che nel 1965 fu rapita da un malavitoso siciliano, un tale Filippo Melodia, che la tenne prigioniera per otto lunghissimi giorni durante i quali la violentò ripetutamente; la lasciò senza acqua e senza cibo; la picchiò più e più volte. Franca fu privata di quella che risulta essere una condizione imprescindibile: il diritto a dire «no».
Il costume dell’epoca avrebbe voluto che Franca sposasse il suo stupratore per evitare di essere considerata una puttana con cui nessuno avrebbe più voluto avere a che fare.
E infatti il suo carnefice la chiese in sposa ma Franca, grazie anche all’appoggio della sua famiglia, ebbe il coraggio di rifiutare: non era mai accaduto fino ad allora.
Filippo Melodia fu tratto in arresto e lo Stato si mosse per abrogare entrambe le leggi, abrogazione che de facto avverrà solo nel 1981.
Oggi, nonostante molte cose siano cambiate rispetto al 1965, nella società in cui viviamo sembra ancora essere riflesso l’eco di quegli anni, di una cultura fascista, patriarcale e machista, colpa di un ritardo colossale da parte di uno Stato che ha sempre tutelato l’uomo e mai la donna.
È innegabile che una delle concause sia proprio il gap che intercorre tra un passato recente, e per questo ancora radicato, e un presente fatto di passato.
Se vogliamo che qualcosa cambi non dobbiamo limitarci a sbarbare il problema con leggi più severe: occorre battezzare una nuova era, sfoggiare una nuova cultura in cui si smetta di parlare di uomini e di donne e si cominci a parlare di esseri umani.
Ricordiamoci sempre le parole di Franca Viola:
«Io non sono proprietà di nessuno, nessuno può costringermi ad amare una persona che non rispetto, l’onore lo perde chi le fa certe cose, non chi le subisce».
Solo quando queste parole ci sembreranno vetuste potremmo dire di vivere in una società egualitaria.
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