N on si aspettava tante polemiche, Donatella Di Cesare, per il suo post sulla morte della terrorista delle Br Barbara Balzerani. Si definisce «sconcertata» per l’accaduto, e non è la sola.
Professoressa Di Cesare, cosa l’ha spinta a postare una celebrazione post mortem della terrorista Barbara Balzerani?
«Dopo aver saputo della sua morte ho scritto un post sicuramente molto stringato e breve, che definirei un post di distanza, per affermare la compassione umana rispetto a una persona che scompare».
Come mai poi il tweet è stato cancellato? Un ripensamento?
«Non un ripensamento, ma mi hanno fatto presente che stava dando adito a fraintendimenti e anche a interpretazioni pretestuose, e a quel punto ho preferito eliminarlo».
«Beh, sono stupita e sconcertata da ministri di questo governo che mi stigmatizzano con parole che rasentano l’insulto, non saprei come interpretare questi attacchi».
Anche le autorità dell’Ateneo si sono definite sconcertate. Le sono già stati notificati dei provvedimenti?
«No, non mi è stato notificato alcun provvedimento. Nelle parole della rettrice ho letto la giusta preoccupazione per la democrazia, che è una preoccupazione anche mia, e a me nulla sta più a cuore della democrazia, credo di averlo provato e testimoniato anche nei miei ultimi scritti, e anche nel mio insegnamento».
I terroristi delle Brigate Rosse non sono esattamente la prima cosa che viene in mente pensando alla democrazia, non crede?
«Assolutamente no, ho sempre condannato ogni forma di lotta politica violenta e l’ho fatto pur appartenendo io alla generazione degli anni Settanta, avendo vissuto in quel periodo. Ho scritto molto su come in Italia si discute di quel periodo – o meglio non si discute. Non sono stati soltanto gli anni di piombo, ma molto altro. Io, e come me moltissime altre e molti altri, ho scelto vie ben diverse dalle armi».
Che cosa condivideva con la «compagna Luna» in quegli anni?
«Compagna Luna è il titolo di un suo libro… la mia generazione guardava al futuro e pensava al cambiamento, a un mondo senza discriminazioni, senza guerre, senza ingiustizie sociali, e mi chiedo cosa sarebbe l’Italia di oggi senza le lotte di quegli anni. Io scelsi il femminismo, quegli anni non possono essere ridotti al terrorismo».
Beh il dibattito in Italia c’è stato…
«Secondo me no, ci sono degli schemi, degli stereotipi, una certa terminologia dominante, ma non un vero dibattito democratico. E la bufera che si è scatenata in queste ore lo dimostra».
Il fatto che Balzerani fosse un’assassina complica il quadro, non trova?
«Mai sono stata vicina a persone che hanno commesso violenza, ho sempre condannato la violenza in ogni forma. Semmai in quel periodo l’ho subìta e ne sono uscita in modo democratico attraverso la risposta delle piazze. Questa è la mia parte, non altre».
Dunque non la stessa di Barbara Balzerani?
«No, assolutamente. C’è solo una vicinanza di generazione, e nel mio post facevo riferimento a quella generazione di quegli anni».
Anche gli estremisti di destra appartenevano a quella generazione. Estendiamo?
«In Italia c’è stato uno scontro ai limiti della guerra civile. Per quanto mi riguarda ritengo che da sinistra ci sia stata una rivoluzione politica, etica e culturale e che va riconosciuta, per quanto riguarda la destra, conosciamo qual è la storia».
Come concilia le sue posizioni pacifiste con una frase come «la tua rivoluzione è stata anche la mia» rivolta a una terrorista che non si è mai neanche dissociata?
«Sono stata sempre pacifista, internazionalista e per questo sono convinta che con le armi non si risolva nulla. Gran parte della mia generazione ha preso le distanze da chi ricorreva alla violenza. Credo che sia necessario aprire un dibattito su quegli anni. Alcuni ideali importanti, soprattutto l’aspirazione a cambiare il mondo, era un tratto distintivo di quella generazione».
Rifarebbe quel post?
«Da filosofa penso che questa domanda non abbia senso: non possiamo tornare indietro sui nostri passi né cambiare le scelte fatte. I post sui social sono sempre sintetici, si prestano al fraintendimento, ecco perché ci tenevo a chiarire la mia posizione».
Se avesse la possibilità di chiarirla davanti alla famiglia di Girolamo Minervini, al cui omicidio Balzerani prese parte, che cosa aggiungerebbe?
«Sono sempre stata vicina alle vittime. Già in quegli anni scendevo in piazza per chiedere la fine di quella violenza. Provo una profonda pietà per le vittime di allora e proprio per questo penso che l’Italia debba avere a cuore la propria democrazia».
Perché ha usato la parola «malinconia»?
«Malinconia di sinistra è il titolo di un’opera di Walter Benjamin, uno dei filosofi che prediligo».
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