Il Rapporto mondiale sulla Felicità 2013 declassa il fu Bel Paese rispetto alla classifica del 2012. Come spiegano gli esperti, il tutto è dovuto allo smantellamento dello Stato sociale e alle città nel caos, ma anche all'assalto alla Costituzione. Il sociologo Domenico De Masi: "Un popolo felice non può stare 4 mesi a discutere sulla sentenza di Berlusconi"
L’Italia è un Paese in caduta liberà, ecco quello che emerge dal nuovo Rapporto mondiale sulla Felicità dell’Onu. Un Bel Paese che non c’è più, visto che scendendo al 45esimo posto del rating della felicità, viene superato addirittura da alcuni stati con criticità abbastanza serie, come Israele, Colombia o Messico. Tendenza, questa, che è ormai consolidata, visto che ancora un anno fa il nostro paese era al 28esimo posto e col passare del tempo non fa che perdere posizioni. Sarà che l’Italia è travolta dal pessimismo come il paranoico protagonista del Caro Diario di Nanni Moretti, o, forse, ci sono altri motivi che spieghino la il basso indicatore di Felicità interna lorda dimostrato dal nostro Paese.
L’annientamento del welfare e le città caotiche, ecco i due fattori che potrebbero spiegare lo scivolare dell’Italia nella classifica del benessere mondiale. Su questo convergono i maggiori esperti di economia e sociologia interpellati in merito. Non è casuale che i primi cinque posti siano occupati da cinque nazioni al di sopra delle Alpi, ritiene Paolo Cacciari, economista e uno dei promotori del Festival della Decrescita di Venezia. “Sono tutto sommato sempre le stesse, care, vecchie socialdemocrazie a tenere botta anche in questi tempi di crisi, quelle che hanno conservato il welfare, lo Stato sociale”, spiega l’esperto. Un individuo che si reputa tutelato dalla collettività si sente anche più felice. Ma questo non basta, molto dipende anche dall’ambiente che ci sta intorno. Nei paesi nordici le città funzionano, c’è sempre meno traffico e più spazi pubblici per stare insieme, spiega lo studioso. Mentre in Italia va “constatato un suicidio in atto“, che manda per aria “precondizioni invece ottime, con il nostro territorio storicamente attraente e una stratificazione culturale tra le più pregiate del mondo”, constata Cacciari, facendo una conclusione amara: “Abbiamo fatto andare a male tutto ciò, e ora ne paghiamo le conseguenze”.
Le “città funzionanti” sono, però, una “derivata del welfare”, sostiene il sociologo Domenico De Masi. “In Italia il welfare viene smantellato”, ecco perché gli italiani non sono felici, anche se hanno tutto per esserlo: clima, natura e opere d’arte. “Un popolo felice non può stare 4 mesi a discutere sulla sentenza di Berlusconi”, continua le sue riflessioni sull’indole italiana lo studioso. Gli italiani sono un popolo dipresso anche perché stiamo assistendo a un “disorientamento” e alla perdita della nostra missione umana, ritiene il sociologo, che spiega: “Un popolo privo di cultura, memoria e valori è un popolo destinato a perdersi”. Ma anche un popolo ridotto in estrema povertà, come dimostra l’economista Giuseppe De Marzo, responsabile della campagna Miseria Ladra promossa dall’associazione Libera di don Luigi Ciotti. “La povertà è diventata la principale malattia: quasi il 20 percento vive in povertà relativa con 506 euro al mese, 4,6 milioni al di sotto e quindi in povertà assoluta”, spiega lo studioso. Ma il degrado economico è accompagnato anche dall’erosione delle basi culturali, tra cui, in primis, c’è la Costituzione, ritiene l’economista.
L’annientamento del welfare e le città caotiche, ecco i due fattori che potrebbero spiegare lo scivolare dell’Italia nella classifica del benessere mondiale. Su questo convergono i maggiori esperti di economia e sociologia interpellati in merito. Non è casuale che i primi cinque posti siano occupati da cinque nazioni al di sopra delle Alpi, ritiene Paolo Cacciari, economista e uno dei promotori del Festival della Decrescita di Venezia. “Sono tutto sommato sempre le stesse, care, vecchie socialdemocrazie a tenere botta anche in questi tempi di crisi, quelle che hanno conservato il welfare, lo Stato sociale”, spiega l’esperto. Un individuo che si reputa tutelato dalla collettività si sente anche più felice. Ma questo non basta, molto dipende anche dall’ambiente che ci sta intorno. Nei paesi nordici le città funzionano, c’è sempre meno traffico e più spazi pubblici per stare insieme, spiega lo studioso. Mentre in Italia va “constatato un suicidio in atto“, che manda per aria “precondizioni invece ottime, con il nostro territorio storicamente attraente e una stratificazione culturale tra le più pregiate del mondo”, constata Cacciari, facendo una conclusione amara: “Abbiamo fatto andare a male tutto ciò, e ora ne paghiamo le conseguenze”.
Le “città funzionanti” sono, però, una “derivata del welfare”, sostiene il sociologo Domenico De Masi. “In Italia il welfare viene smantellato”, ecco perché gli italiani non sono felici, anche se hanno tutto per esserlo: clima, natura e opere d’arte. “Un popolo felice non può stare 4 mesi a discutere sulla sentenza di Berlusconi”, continua le sue riflessioni sull’indole italiana lo studioso. Gli italiani sono un popolo dipresso anche perché stiamo assistendo a un “disorientamento” e alla perdita della nostra missione umana, ritiene il sociologo, che spiega: “Un popolo privo di cultura, memoria e valori è un popolo destinato a perdersi”. Ma anche un popolo ridotto in estrema povertà, come dimostra l’economista Giuseppe De Marzo, responsabile della campagna Miseria Ladra promossa dall’associazione Libera di don Luigi Ciotti. “La povertà è diventata la principale malattia: quasi il 20 percento vive in povertà relativa con 506 euro al mese, 4,6 milioni al di sotto e quindi in povertà assoluta”, spiega lo studioso. Ma il degrado economico è accompagnato anche dall’erosione delle basi culturali, tra cui, in primis, c’è la Costituzione, ritiene l’economista.
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