La
psicolinguistica è quella scienza che esamina l'impatto emotivo delle parole.
Due studiosi hanno provato ad applicarla ai due sfidanti del Pd, studiando i
termini con cui vengono descritti in Rete. Ecco i risultati
Matteo Renzi è senza
dubbio il politico del momento più presente in Rete. Lo dicono i numeri: 48
mila citazioni sui social network solo nel mese di settembre. Lo staff di
Reputation Manager ha analizzato per un mese pagine e gruppi Facebook, account
twitter e hashtag. Il risultato è un Renzi monopolista dell'attenzione, seguito
da Berlusconi (45mila presenze), Bersani (43.500) e solo a distanza da Nichi
Vendola (21mila).
Sarà contento il sindaco di Firenze nel sapere che anche i sentimenti, verso di lui, sono dei migliori: la metà dei contenuti che lo riguardano si riferisce al rottamatore in termini positivi, al contrario del suo avversario, il segretario del partito Pier Luigi Bersani, che subisce per il 57 per cento dei casi commenti negativi.
Verità della Rete, ricavate tramite uno strumento come un altro di web analytics: una macchina che passa al setaccio tutto ciò che diciamo e scriviamo per capire che reputazione hanno certe persone, o aziende, fra i 14 milioni di italiani che si connettono ogni giorno.
Ma questa volta Andrea Barchiesi e Felix Sagrillo sono andati più a fondo. Da tre anni sperimentano un nuovo approccio, che all'analisi semantica dei discorsi sul web ne associa una più profonda sul piano della psicolinguistica.
Parola difficile, come il suo contenuto. Si tratta di una disciplina che studia come i suoni delle parole condizionano la nostra percezione. «Solo il 20 per cento della comunicazione è razionale», spiega Sagrillo: «Il restante 80 è legato all'emotività, al vissuto, ai ricordi. Un messaggio efficace non parla solo alla nostra parte razionale, ma richiama anche il livello emotivo».
Per capire che emozioni ci suscitano certe parole, o messaggi, la psicolinguistica studia l'effetto che hanno su di noi i suoni che sentiamo. «E' stato dimostrato da tempo», continua Sagrillo, «che in un qualsiasi testo di 200 parole c'è una distribuzione omogenea e costante di suoni. L'equilibrio però si rompe se prendiamo una sola frase. Così la consistenza fonetica di quell'espressione, la sua "musica", può avere un significato diverso per chi l'ascolta». Secondo la psicolinguistica, ad esempio, un «Ah!» e un «Eh!»sono esclamazioni che trasmettono attacco, mentre dire «Oh!» o farsi scappare un «Ih!» sarebbe un segnale che siamo sulla difensiva. Ogni parola, insomma, avrebbe una propria portata emotiva, che non c'entra niente col suo significato, ma con il suo suono. Le parole quindi possono essere divise in gruppi di assonanza, che trasmettono più o meno la stessa emozione.
Usando gli strumenti di questa disciplina, Barchiesi e Sagrillo hanno provato a saggiare che cosa proviamo quando parliamo di Renzi o Bersani. Un'idea raccapricciante, forse, ma che restituisce risultati sorprendenti. I suoni delle frasi che si riferiscono a Renzi sul web infatti, sarebbero molto simili alle espressioni che circondano il concetto di "semplicità". Quando sentiamo parlare il sindaco di Firenze, insomma, ascoltiamo la stessa musica che ci fa venire in mente la "semplicità". Seguendo questo ragionamento, si può dedurre che se Renzi parlasse di semplicità la cosa ci suonerebbe estremamente credibile. I suoni infatti sono gli stessi, e ne proveremmo piacere. Se parlasse invece del concetto opposto, difficoltà ad esempio, alle nostre orecchie arriverebbe come un accordo stonato.
Gli psicolinguisti infatti hanno verificato l'effetto che centinaia di parole hanno nel nostro cervello, anche con delle prove strumentali come l'elettroencefalogramma, somministrato a persone in ritmo alfa, ovvero molto rilassate. Se si davano loro stimoli coerenti, pronunciando una via l'altra delle parole foneticamente simili, le persone rimanevano tranquille nel loro mood positivo. Appena si enunciava una parola di un altro gruppo però, il partecipante all'esperimento si agitava.
La stessa cosa ci succede quando sentiamo parlare i candidati alle primarie. Se essi sono coerenti e continuano a snocciolare parole che hanno a che fare con i mondi fonetici in cui siamo abituati a collocarli, li ascoltiamo volentieri. Se invece interrompono la nostra trance con delle parole "sbagliate" ci infastidiscono, o almeno, danno fastidio a quell'80 per cento di noi che non ascolta con la ragione ma con le orecchie.
Sarà contento il sindaco di Firenze nel sapere che anche i sentimenti, verso di lui, sono dei migliori: la metà dei contenuti che lo riguardano si riferisce al rottamatore in termini positivi, al contrario del suo avversario, il segretario del partito Pier Luigi Bersani, che subisce per il 57 per cento dei casi commenti negativi.
Verità della Rete, ricavate tramite uno strumento come un altro di web analytics: una macchina che passa al setaccio tutto ciò che diciamo e scriviamo per capire che reputazione hanno certe persone, o aziende, fra i 14 milioni di italiani che si connettono ogni giorno.
Ma questa volta Andrea Barchiesi e Felix Sagrillo sono andati più a fondo. Da tre anni sperimentano un nuovo approccio, che all'analisi semantica dei discorsi sul web ne associa una più profonda sul piano della psicolinguistica.
Parola difficile, come il suo contenuto. Si tratta di una disciplina che studia come i suoni delle parole condizionano la nostra percezione. «Solo il 20 per cento della comunicazione è razionale», spiega Sagrillo: «Il restante 80 è legato all'emotività, al vissuto, ai ricordi. Un messaggio efficace non parla solo alla nostra parte razionale, ma richiama anche il livello emotivo».
Per capire che emozioni ci suscitano certe parole, o messaggi, la psicolinguistica studia l'effetto che hanno su di noi i suoni che sentiamo. «E' stato dimostrato da tempo», continua Sagrillo, «che in un qualsiasi testo di 200 parole c'è una distribuzione omogenea e costante di suoni. L'equilibrio però si rompe se prendiamo una sola frase. Così la consistenza fonetica di quell'espressione, la sua "musica", può avere un significato diverso per chi l'ascolta». Secondo la psicolinguistica, ad esempio, un «Ah!» e un «Eh!»sono esclamazioni che trasmettono attacco, mentre dire «Oh!» o farsi scappare un «Ih!» sarebbe un segnale che siamo sulla difensiva. Ogni parola, insomma, avrebbe una propria portata emotiva, che non c'entra niente col suo significato, ma con il suo suono. Le parole quindi possono essere divise in gruppi di assonanza, che trasmettono più o meno la stessa emozione.
Usando gli strumenti di questa disciplina, Barchiesi e Sagrillo hanno provato a saggiare che cosa proviamo quando parliamo di Renzi o Bersani. Un'idea raccapricciante, forse, ma che restituisce risultati sorprendenti. I suoni delle frasi che si riferiscono a Renzi sul web infatti, sarebbero molto simili alle espressioni che circondano il concetto di "semplicità". Quando sentiamo parlare il sindaco di Firenze, insomma, ascoltiamo la stessa musica che ci fa venire in mente la "semplicità". Seguendo questo ragionamento, si può dedurre che se Renzi parlasse di semplicità la cosa ci suonerebbe estremamente credibile. I suoni infatti sono gli stessi, e ne proveremmo piacere. Se parlasse invece del concetto opposto, difficoltà ad esempio, alle nostre orecchie arriverebbe come un accordo stonato.
Gli psicolinguisti infatti hanno verificato l'effetto che centinaia di parole hanno nel nostro cervello, anche con delle prove strumentali come l'elettroencefalogramma, somministrato a persone in ritmo alfa, ovvero molto rilassate. Se si davano loro stimoli coerenti, pronunciando una via l'altra delle parole foneticamente simili, le persone rimanevano tranquille nel loro mood positivo. Appena si enunciava una parola di un altro gruppo però, il partecipante all'esperimento si agitava.
La stessa cosa ci succede quando sentiamo parlare i candidati alle primarie. Se essi sono coerenti e continuano a snocciolare parole che hanno a che fare con i mondi fonetici in cui siamo abituati a collocarli, li ascoltiamo volentieri. Se invece interrompono la nostra trance con delle parole "sbagliate" ci infastidiscono, o almeno, danno fastidio a quell'80 per cento di noi che non ascolta con la ragione ma con le orecchie.
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