Nel 1970 l’Italia aveva 55 milioni di abitanti, a fronte di una popolazione mondiale di 3 miliardi. Nel 2012 l’Italia ha 60 milioni di abitanti contro i 7 miliardi della popolazione dell’intero pianeta. Ciò significa che contiamo per meno di un centesimo. Lo stesso vale per la Francia, la Germania, il Regno Unito. E anno dopo anno, se per l’Europa non scatterà un vero federalismo, conteremo sempre meno di Paesi come Stati Uniti, Brasile, Russia, India, Cina.
Senza un’Europa federale, senza un vero stare insieme, saremo destinati a soccombere. Siamo dei deboli che si considerano dei forti.
L’EURO
L’Eurozona è molto fragile: l’euro, la sua moneta, non può essere retta da un finto Stato. Serve una governance comune, una politica unica, un bilancio comunitario in senso federale. Occorre una vera cessione di sovranità da parte dei singoli Stati e un grande sforzo di generosità, che cominci a mettere insieme i debiti sovrani, dando vita agli eurobond e trasformando la Banca centrale europea in una vera banca centrale sul modello della Federal Reserve americana.
Così com’è, l’euro è una sorta di “giocattolo”, una moneta virtuale. I mercati ne fiutano la debolezza e lo attaccano.
Fino a quando non ci sarà una governance vera e credibile saremo ostaggio della speculazione finanziaria e dei banchieri. Saremo bandiere sbattute dal vento. Meglio: bambini che giocano alla moneta unica, senza fare sul serio perché troppo egoisti e mal disposti a cedere il proprio giocattolo nazionale.
Un’Europa più forte serve a tutti i cittadini europei, anche a quelli tedeschi. Anzi, sono proprio i tedeschi che dall’euro hanno ottenuto i vantaggi più evidenti. Le titubanze e i ritardi della Cancelliera Angela Merkel hanno reso ancora più acuta la crisi greca. Ha ritardato di due anni l’intervento di salvataggio, che poteva essere fatto con relativa facilità su un’economia che rappresenta appena il 2% del Pil europeo, e così ha decuplicato l’impatto della crisi di Atene. Con conseguenze devastanti. In nome del rigore finanziario e dell’egoismo di alcuni si è sacrificato tutto. La Germania ha avuto vantaggi importanti dall’Europa, ma non ha saputo mostrarsi altrettanto generosa. Questa durissima esperienza della crisi dell’euro impone all’Europa di tornare alla capacità politica delle origini e darsi finalmente una costruzione federale.
L’ECONOMIA
Solo una grande politica può rimettere sotto controllo le disinvolture della finanza, che ha consentito a gran parte dell’Occidente di vivere e consumare nell’ultimo ventennio al di sopra delle proprie possibilità. La finanza ha creato in questi decenni le condizioni per far sprofondare tutto l’ Occidente in una crisi strutturale, ben superiore a quella del 1929. In questi anni il mondo bancario ha dato una risposta alla crisi di un’arroganza senza limiti. Si sono visti i banchieri fare fortuna spesso sulla pelle della povera gente. Come nella vicenda delle stock option: anche quando le cose andavano male per tutti, per i banchieri andavano bene. Siamo passati dall’idea del banchiere che valeva quanto il confessore a quella di banchieri-avvoltoi. Banchieri sempre più spregiudicati hanno usato i prodotti derivati, applicandoli non solo a strutture di debito, ma anche a quelle di risparmio.LE AGENZIE DI RATING
Le tre grandi agenzie di rating internazionali che oggi pontificano hanno la particolarità di essere controllate da grandi editori americani. E’ assurdo che a queste agenzie vengano attribuiti compiti determinanti come quello di valutare la tenuta degli Stati. Se non si sono accorte né del clamoroso scandalo americano della Enron, né di quello nostrano della Parmalat, ci sono delle precise ragioni. Queste importanti agenzie di rating in grande coprivano la finanza americana, nel piccolo praticavano commercio di rating, nel senso che, in cambio dell’incarico, assicuravano un giudizio positivo o di benevolenza. La dottoressa Pierdicchi, responsabile della Standard & Poors’ in Italia, messa alle strette, aveva delimitato la sua responsabilità sostenendo che, per le loro valutazioni, avevano esaminato solo le carte trasmesse dalla Parmalat. Niente di più. Ovviamente non quelle bruciate nel pentolone dal ragionier Tonna. Per questi motivi sono inaffidabili e per questo è necessario costituire urgentemente un’agenzia di rating europea, magari controllata dalle strutture pubbliche.
La crisi che stiamo vivendo è ancora più dura di quella del 1929. E, se all’epoca seguì una guerra, le dinamiche cui stiamo assistendo ora sono molto simili a un conflitto sotto altre vesti. Anche noi avremo morti e feriti. Sul campo la struttura sociale subirà una dura prova, esattamente come in una guerra. Dovremo rinunciare alle vecchie abitudini e ai vecchi privilegi e dovremo riconquistare un nuovo equilibrio sociale.
Il FISCO
Il sommerso in Italia vale il 30% del PIL. In Olanda il 5%. Questo è il più grave problema dell’italia. Se non lo abbassiamo moriremo strangolati dal debito. Le tasse sono troppo alte. Bisogna ridurre le aliquote per allargare la base imponibile. Per fare questo oltre a ridurre il sommerso si deve abbassare il costo della politica e porre un tetto agli stipendi ed alle spese di tutti gli eletti e di tutti i dirigenti della Pubblica amministrazione.
In particolare bisogna:
- ridurre il numero dei Parlamentari;
- abolire le Province;
- accorpare le Regioni;
- togliere i privilegi alle Regioni a statuto speciale;
- ridurre il numero delle società nate dalle ex municipalizzate mediante soppressioni e accorpamenti.
LA QUESTIONE MORALE
Oggi l’Italia è stanca perché infettata.
E’ profondamente colpita nella sua coscienza etica. E’come un corpo umano debilitato da una malattia e questa malattia è morale. Dunque ancora più difficile da curare.
L’Italia oggi è un Paese alla rovescia:
- la scuola non è per gli studenti ma per i professori,
- la sanità non è per i malati ma per i baroni universitari,
- la giustizia non è in funzione dei cittadini ma degli avvocati e dei magistrati.
Improvvisamente dovremmo introdurre una rivoluzione di pensiero. Dovremmo affermare:
- che il benessere è legato al lavoro e non alla furbizia,
- che gli affari non si possono condurre senza regole e senza un’etica profonda,
- che i diritti camminano sulle gambe dei doveri,
- che la politica senza principi è un pragmatismo senza speranza.
Per questo ora è molto più difficile del dopoguerra.
Per questo, tutti noi, dobbiamo intervenire subito.
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