Nell'ultimo anno e mezzo il Parlamento e i partiti si sono indeboliti, i decreti-legge hanno sempre più spesso sostituito l'attività legislativa delle Camere, il ruolo della presidenza della Repubblica si è espanso come mai era avvenuto e sono stati scelti due premier (Mario Monti ed Enrico Letta) che sono membri o habituée del gruppo Bilderberg.
E tutto questo è successo in un periodo nel quale i paradigmi auspicati dalla grande finanza internazionale, cioè proprio dai membri del Bilderberg e della Trilaterale (avvicinamento al sistema presidenzialista, finanziarizzazione dell'economia, liberismo e libero scambio senza barriere, politiche di austerità, lenta erosione dei salari e dello Stato sociale) sono diventati in buona parte esplicito programma di governo.
Oggi insomma diventa difficile sostenere che le riunioni semi-segrete di queste due organizzazioni (e un discorso simile si potrebbe fare per le centinaia di associazioni e think thank liberal-conservatori sparsi per il mondo) non influiscano pesantemente sui destini delle democrazie. E diventa perciò necessario occuparsene.
E' quanto fa il giornalista e studioso Domenico Moro con il saggio, in uscita il 2 maggio, 'Club Bilderberg. Gli uomini che comandano il mondo' (edito da Aliberti, euro 14).
Chi cerca nelle 176 pagine del libro rivelazioni clamorose su qualche piano segreto resterà deluso. Chi invece vuole sapere dettagliatamente che cosa sono, come funzionano, di che cosa discutono e da chi sono composte queste due organizzazioni nelle quali confluiscono leader politici, capi militari, boiardi di Stato, esponenti delle grandi famiglie della finanza internazionale, top manager delle multinazionali, troverà tutto quanto gli serve.
Se infatti le riunioni di questi due organismi sono a porte chiuse, non sono affatto segreti location, date, temi e partecipanti agli incontri. E, nel caso della Trilaterale, pubblici sono persino i resoconti - anche se non sappiamo fino a che punto fedeli - del dibattito tra i partecipanti.
Il libro di Moro non si limita però a descrivere l'attività dei due organismi. Ma cerca anche di rispondere alle domande che la loro esistenza pone. E si tratta di domande di enorme portata.
Le ultime vicende italiane, compreso la nomina dell'«uomo Bilderberg» Enrico Letta alla presidenza del Consiglio, indicano infatti che «la realtà sembra essersi adattata al programma della Trilaterale. La governabilità (...) è diventata il principio regolatore della democrazia, mentre i vecchi partiti organizzati delle classi subalterne sono progressivamente scomparsi o si sono trasformati. Allo stesso tempo lo Stato si è ritirato dall'economia e l'integrazione europea è andata avanti, concretizzandosi nella realizzazione della moneta unica».
In altri termini: gli eventi ci dimostrano sempre di più che i piani e i progetti del Bilderberg e della Trilaterale, che poi altro non sono che i disegni, anche legittimi, della classe dominante, si stanno sempre di più realizzando.
Questa situazione è accettabile? Fino a che punto si può definire ancora "democratica" una società nella quale i posti di potere sono in mano a poche ma potentissime lobby?
E ancora, si chiede il libro, «èlites selezionate solo in virtù della propria enorme ricchezza, che appartengono a pochi Paesi, non sono elette da nessuno né delegate da alcuna autorità pubblica, agiscono in modo segreto e sono ispirate al dogma del mercato autoregolato» sono in grado di guidare l'intera società oppure, come mostra la gravissima crisi dell'Eurozona, non finiscono poi per portare caos?
Forse, viene da rispondere, dobbiamo ripensare la nostra democrazia. I potenti della terra, infatti, hanno tutto il diritto di riunirsi e fare lobby. Ma uno Stato deve essere abbastanza forte da mediare tra i diversi interessi e non farsi imporre la linea da nessun organismo di parte. Anche se è potente e si chiama Bilderberg.
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