Presentando una lista "Non voto", il fortunato candidato avrebbe potuto raccogliere una piacevole sorpresa. L'astensione è infatti il dato più significativo di questa tornata amministrativa, in tutta Italia, ma soprattutto a Roma che con quasi tre milioni di aventi diritto raccoglie oltre un terzo degli elettori chiamati a votare il 26 e 27 maggio.
Ma non è un fulmine a ciel sereno, né un'improvvisa ondata di rassegnazione. E anzi, nonostante Gianni Alemanno commentando il proprio magro risultato, dica che a Roma gli elettori sono stati «distratti dal derby», quella del non voto sembra sempre più una pratica consolidata, con numerose teorie politiche e obiettivi elettorali ben definiti: «Anche questa volta abbiamo vinto le elezioni», scrive ad esempio Stefano, romano, sul gruppo facebook "Non andate a votare", appena appresi i risultati delle urne.
L'astensione è un trend, innanzitutto: una costante che oscilla da anni, e il dato romano ne è una buona sintesi. Perché se è vero che alle comunali del 2008 votarono il 73,52% degli aventi diritto e alle ultime elezioni regionali - che hanno visto trionfare Nicola Zingaretti - la partecipazione sul territorio del comune di Roma era del 69,61% e che quindi confrontato il dato di ieri la differenza è impressionante (solo il 52,80% ha votato, e quindi meno 20,9% rispetto al 2008 e quasi meno 17% su febbraio 2013), è anche vero che sia le comunali del 2008 che le regionali del 2013 si sono svolte in contemporanea alle elezioni politiche, che certo fanno tornare la voglia a molti.
La coerenza di chi non vota (e la quota crescente di astensione) si nota però andando a leggere i dati delle elezioni regionali del 2010, quando - senza election day - l'affluenza per la sfida Polverini-Bonino, fu del 56,50%: il calo di partecipazione, così, è di appena 4 punti. Una crescita non più esponenziale, ma costante nel tempo del primo partito del Paese, "Non voto". Il cui successo è ormai solo parzialmente arginato dalla possibilità di esprimere la preferenza
Un partito di successo, dunque, ma - esattamente come tutti i partiti - con diverse anime.
Molti sono gli ideologici, quelli che semplicemente non credono alla politica. Pierfrancesco è uno di loro: «L'ipocrisia che porta chi non crede nella politica a votare, è la stessa degli atei che festeggiano il Natale. Non votate!», scrive alla vigilia di questo weekend elettorale. Non credere, oppure credere che la politica non conti nulla. Sul sito nonvoto.it, Sara argomenta la sua scelta senza fronzoli: «Non voto perché voglio votare chi ha realmente il potere e la possibilità di esercitarlo; perciò aspetto che sulla scheda elettorale ci siano i nomi e i cognomi di personalità che comandano davvero, ad esempio i maggiori azionisti delle banche».
Insomma, l'ispiratore sembra essere Mark Twain: «Se votare facesse qualche differenza non ce lo lascerebbero fare».
Anche Sofia, che non vota dalla fine degli anni 90 ma che negli anni 70 faceva parte del movimento studentesco, conferma e però aggiunge una sfumatura. Per lei l'unica occasione per tornare al voto sono proprio le amministrative: «Paradossalmente domenica sono andata a votare, qui a Roma - dice - Infatti generalmente, in occasione delle amministrative, mi ritrovo qualche buon conoscente, amico o parente che mi chiede il favore ed io mi presto volentieri ad assecondare queste richieste, in virtù del rapporto umano: non mi preoccupo dell'appartenenza politica, conta la qualità della persona». L'ultimo appiglio è dunque la preferenza.
Poi ci sono quelli medotici, gli "astensionisti attivi": l'incubo degli scrutatori. Vanno ai seggi, rifiutano le schede, ma pretendono di veder verbalizzata la loro scelta. E poi, nei forum online, cercano conferma di aver svolto correttamente l'azione: «Buongiorno a tutti - scrive ad esempio Francesco - sono appena andato a non votare esprimendo tutto il mio dissenso, ma siccome non mi fido di nessuno volevo chiedervi se la procedura per il non voto e la verbalizzazione è corretta». Il loro scrupolo lo spiega Enea: «Se da una parte non avevo in animo di votare chi pretende di rappresentarmi, dall'altra non avevo nessun desiderio d'essere confuso con chi è del tutto indifferente alla politica». La loro tecnica funziona ma è complicatissima. Forse per questo sono assoluta minoranza e si manifestano soprattutto alle elezioni politiche.
C'è poi chi fraintende le regole democratiche, come Carlo e Federica, marito e moglie, romanticamente convinti che siccome lui vota centrodestra e lei centrosinistra, la somma sia è zero.
E infine ci sono i delusi. Sono tantissimi e sono di destra o di sinistra. Spesso, anzi, sono stati sia di sinistra che di destra e sono quelli che - nonostante a Roma la scheda fosse lunga un metro e venti centimetri e i candidati sindaco fossero 19 - non trovano nessuno all'altezza delle loro aspettative. Come Laura, genovese, che racconta così la sua scelta: «Ho cinquant'anni, non delinquo, non prendo nemmeno le multe perché vado a piedi o uso i mezzi pubblici per evitare di inquinare, pago le tasse da quando ho iniziato a lavorare a 19 anni. E lo Stato come mi ripaga? Chi dovrei votare? Li abbiamo provati tutti, da destra a sinistra passando per il centro, e tutti ci rubano i calzini mentre camminiamo».
La soluzione, per Laura è una sola: «Mi rifiuto categoricamente di contribuire, come già mio malgrado ho fatto, allo sfacelo di questo paese da cui non vedo l'ora di andarmene. E' questione di qualche anno e poi via». Ovviamente, «senza arrivederci e senza grazie!».
Anche Luca, che ha 35 anni e vive a Roma, lavora in nero, ex cuoco, ora commesso nei mercati rionali (ma «mi arrangio anche con il poker online») è del tipo deluso: «Ho votato destra, sinistra, centro. Ho dato fiducia a troppe persone». Non si fida più, neanche quando c'è da votare per il consiglio del municipio, chi «ti offre solo salsicce in cambio del voto».
Chi si astiene ha comunque spesso lo stesso problema. Daniele lo spiega così: «So che nel mio Paese quasi la metà degli astenuti non si astiene né per protesta né per ignoranza. Lo fa perché non è rappresentato in alcun modo». Secondo Daniele non lo è dal Pd, dal Pdl, e nemmeno da Movimento 5 stelle («paranoici ossessivi compulsivi», scrive, e poi aggiunge «scusa Beppe ma questi hai portato in parlamento»).
Perché sia chiaro: «Gli Astenuti - continua Daniele - non sono violenti, studiano, leggono e si aggiornano». Ma, «si incazzano anche... e sanno far male».
La convinzione è sempre la stessa ed è semplicissima: «Votare chi ti rappresenta significa che, se nessuno ti rappresenta puoi a diritto e giustamente, non votare», è il commento di un anonimo, che però ha sempre più volti, che sono aumentati ma possono aumentare ancora.
Sandra - anche lei vota a Roma - è stata indecisa fino all'ultimo e poi ha ammesso: «Sono andata a votare, finendo di rovinarmi la giornata». Tornata a casa si è confessata: «Anche stavolta, alla fine, ci sono andata. Anche stavolta ho ceduto al ricatto della cacca solida preferibile a quella liquida e più fetente». Ed ora, sembra in bilico tra la definitiva rassegnazione e il riscatto, perché «è tempo di chiamare l'idraulico - continua la metafora - e visto che l'idraulico non c'è, è tempo di imparare alcune nozioni di idraulica». E fare da soli.
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