«A breve sarà varato il fascicolo sanitario elettronico. Sarà descritta la storia clinica di ogni cittadino. In questo modo, con i dati digitalizzati, miglioreranno le cure perché ovunque andrà a chiedere assistenza, in qualsiasi struttura sanitaria, il medico potrà conoscere subito la sua situazione pregressa». Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, punta a una ripartenza della sanità, dopo la drammatica paralisi del Covid («In autunno nuova campagna vaccinale ma solo per anziani e fragili e su base volontaria»). E assicura: «Perché la sanità torni a essere un fiore all’occhiello del nostro Paese siamo pronti a sbloccare il provvedimento che aggiorna le tariffe in attuazione dei nuovi Lea (livelli essenziali di assistenza)». Quelle prestazioni che il Servizio sanitario deve fornire ai cittadini («Sono ferme da sei anni»).
Ministro, partiamo dalla piaga dei pronto soccorso affollati e delle lunghissime liste di attesa per esami e prestazioni. Si punta molto sulla realizzazione delle case di comunità, grazie ai fondi del Pnrr. Ma c’è ancora un punto dolente: il ruolo dei medici di famiglia, sempre più distanti dai cittadini.
«Noi abbiamo intavolato sin dai primi giorni del mio arrivo un continuo rapporto con i rappresentanti dei medici di medicina generale. Sono indispensabili nella governance della sanità pubblica. Il carico di adempimenti burocratici per i medici di medicina generale sarà diminuito. Senza questo fardello, avranno più tempo da dedicare ai loro pazienti. Per raggiungere questo obiettivo stiamo lavorando a un provvedimento legislativo che presto sarà pronto e che riguarderà anche il ruolo cruciale delle farmacie. Con i medici di medicina generale stiamo anche trovando delle formule grazie alle quali i medici più giovani, i neo assunti, possano collaborare con le case di comunità. Sulle case di comunità sono fiducioso che si possano realizzare tutte quelle previste dal Pnrr. Lo ricordo, sono 1.350. Ma potremmo avere dei problemi legati ai fondi».
Di che tipo?
«Il primo: rispetto a quando sono stati erogati i fondi del Pnrr i costi sono lievitati sensibilmente a causa del caro energia e delle conseguenze della guerra in Ucraina. Nello stanziamento inoltre non era prevista alcuna disponibilità per il personale e le attrezzature e le strumentazioni necessarie. Stiamo lavorando per fare sì che le case di comunità siano certamente edificate, ma abbiano anche il personale e i macchinari indispensabili. Quella a cui pensiamo è una riforma strutturale, non un’ennesima toppa».
Lei ha annunciato la depenalizzazione degli errori medici, ad esclusione del dolo, per limitare la cosiddetta medicina difensiva: si prescrivono molti esami perché in caso di denuncia si può dimostrare di avere fatto tutto il possibile. Questo però non rischia di alimentare la sfiducia dei cittadini che penseranno: “Per il medico non vale più il principio del chi sbaglia paga”?
«Non credo. Dai dati che abbiamo gran parte delle cause giudiziarie contro i medici finiscono in un nulla di fatto, nell’assoluzione. Per questo va depenalizzato il reato. E poi la medicina difensiva è un male. Porta i medici a prescrivere troppi esami, ingolfa le strutture, aumenta le liste di attesa. E le dico da medico: confonde anche il medico curante che da tanti, troppi, accertamenti deve trarre le conclusioni. Bisogna prescrivere a ciascuno solo gli esami di cui il paziente ha realmente il bisogno».
Però chi è ricco e può permettersi di pagare avrà maggiori opportunità di ricorrere alle prestazioni aggiuntive.
«Un esame più del necessario non lo dovrebbe fare nessuno. Sarebbe comunque un errore. Io un esame in più, inutile, non lo farei mai, a maggiore ragione a pagamento».
Siamo vicini alla soluzione sulle tariffe dei Lea?
«Sì, manca poco, diciamo che per fine mese possiamo arrivare a una conclusione. Da più di sei anni mancano i nuovi Lea che rappresentano davvero il simbolo dell’universalità del sistema sanitario nazionale, la possibilità di accedere a cure adeguate indipendentemente dal luogo dove si abita. Spero che riusciremo a chiudere a breve una partita fondamentale per il rilancio della sanità italiana. Rifletta: sei anni in medicina sono un’eternità, ci sono nuovi percorsi diagnostici, nuove terapie, dobbiamo restare al passo con i tempi, recuperare il tempo perduto e riportare la Sanità alla sua missione originale: tutelare la salute di tutti».
Le case di comunità rappresenteranno un livello intermedio di assistenza sanitaria che consentirà, tra l’altro, ai cittadini di parlare con un medico o sottoporsi ad esami senza per forza mettersi in fila in pronto soccorso. Quando saranno pronte?
«Il piano ha varie tappe da completare, comunque, entro il 2026. E ha due grandi capitoli: uno è appunto collegato alla medicina territoriale e dunque alle case di comunità. L’altro guarda alla telemedicina, la digitalizzazione della sanità, un modo per superare le diseguaglianze legate al luogo in cui si vive».
A che punto è il fascicolo sanitario elettronico che ad oggi è utilizzato solo parzialmente?
«Siamo alla fase conclusiva dell’iter, Sogei è già pronta con la piattaforma che ci consentirà di avere una sanità più moderna. Se mi visita un medico in un qualsiasi pronto soccorso, immediatamente, consultando il fascicolo elettronica, avrà chiara la mia storia clinica».
Ad oggi però liste di attesa e i pronto soccorso affollati sono ancora una condanna quotidiana.
«Sui pronto soccorso siamo intervenuti portando dei benefici a medici e operatori sanitari dell’emergenza e rendendo dunque più appetibile lavorarci. Il sovraffollamento trova una forte causa nel fatto che molti dei pazienti potrebbero trovare una risposta in altri luoghi. Stiamo parlando di una problematica da affrontare a 360 gradi. Per questo dico che rafforzando la medicina territoriale, rafforzando la rete dei medici di famiglia e delle farmacie, rafforzando la telemedicina, una parte dei pazienti potrà trovare l’attenzione che cercano in luoghi alternativi al pronto soccorso. Le liste di attesa sono un problema annoso, che trovo particolarmente grave per i pazienti oncologici. Stiamo tornando in linea con il numero di prestazioni eseguite prima del Covid, abbiamo messo a disposizione delle Regioni 360 milioni di euro per abbattere le liste di attesa. Ora è importante però che li usino. E anche le strutture private convenzionate dovranno mettere a disposizione le loro agende».
Ha deciso la rimozione del vincolo di esclusiva per il personale infermieristico degli ospedali. Ma così non si ci sarà un infermiere molto più stanco e meno lucido perché farà anche un altro lavoro?
«Prima di tutto parliamo di una sperimentazione, fino al 2025 sulla base di una richiesta della categoria. Servirà l’autorizzazione del datore di lavoro e sono certo che infermieri e operatori sanitari non trascureranno il lavoro che svolgono nel pubblico per un lavoro extra orari. Ho molto fiducia in loro. Ovviamente sarà una libera scelta. Ci darà una mano in situazioni di carenza di personale sanitario. Infine, nell’ultimo decreto abbiamo messo un freno al fenomeno intollerabile dei “gettonisti”, sono fiducioso che tanti medici potranno tornare a operare nel sistema sanitario nazionale».
Ecdc (l’agenzia Ue per la medicina) consiglia nuove vaccinazioni anti Covid in autunno. Vi state organizzando?
«Faremo una campagna di sensibilizzazione volta a invitare soprattutto le persone anziane, over 65, e i fragili a vaccinarsi per il Covid, così come viene fatto ogni anno anche per l’influenza. E come avveniva per l’influenza sarà una campagna informativa e di sensibilizzazione, non ci sarà obbligo, contiamo nella responsabilizzazione dei cittadini. Ad oggi ancora non so se riusciremo ad avere un unico vaccino per influenza e Covid, certo renderebbe tutto più semplice».
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