I politici che saranno condannati dopo un patteggiamento potranno tornare a candidarsi per il Parlamento o nei Comuni e Regioni. Lo ha stabilito il ministero dell’Interno con un parere del Dipartimento per gli Affari Interni ed Enti Locali che risale al 15 marzo. Non è una scelta politica del governo Meloni ma il Viminale ha solo applicato una norma prevista nella riforma Cartabia che è entrata in vigore a inizio anno. In questo modo, dunque, viene smontato il primo pezzo della legge Severino che la destra vuole ulteriormente modificare nelle prossime settimane: il ministro della Giustizia Carlo Nordio e la maggioranza a breve presenteranno un disegno di legge per mantenere in carica gli amministratori locali nonostante una condanna non definitiva (primo grado e Appello), equiparandoli ai parlamentari.
Intanto una prima modifica è già entrata in vigore: i parlamentari o i consiglieri regionali/comunali che patteggeranno, potranno tornare a candidarsi. La legge Severino, infatti, impediva ai parlamentari e agli amministratori locali di candidarsi in caso di condanna superiore a due anni. Quel meccanismo che, dopo la condanna definitiva per frode fiscale nel 2013, aveva impedito a Berlusconi di potersi candidare per i sei anni successivi (poi è stato riabilitato nel 2020 e dal 2022 è tornato senatore). Lo stesso, stabiliva l’articolo 15 della legge Severino, valeva anche “nel caso in cui la sentenza definitiva disponga l’applicazione su richiesta” (cioè il patteggiamento).
Poi però è intervenuta la riforma Cartabia, ex ministra della Giustizia del governo Draghi. Tra gli obiettivi del suo disegno di legge delega c’era proprio quello di ridurre il numero di processi incentivando l’utilizzo di riti alternativi (come il patteggiamento). Tra le norme, quindi, ne è stata inserita una secondo cui “se non sono applicate pene accessorie, non producono effetti le disposizioni di leggi, diverse da quella penale, che equiparano la sentenza prevista dall’articolo 444 comma 2 del codice di procedura penale (cioè il patteggiamento, ndr) alla sentenza di condanna”.
In base a questo, dunque, è stato chiesto un parere al ministero dell’Interno che deve vigilare sulle candidature alle elezioni. Nel testo si legge che il Viminale, per decidere, ha chiesto aiuto all’Avvocatura dello Stato: quest’ultima, rifacendosi alla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Cedu) e della Cassazione, “ha escluso la natura penale delle misure della legge Severino escludendone lo scopo punitivo”. Recependo questo parere, il ministero dell’Interno sostiene che vada applicata la norma Cartabia spiegando che la norma sull’incandidabilità prevista dalla Severino “non produca più gli effetti” e creando un caso di “abrogazione tacita”. E quindi, conclude il Viminale, “ne consegue che tutti i soggetti, per i quali sia stata pronunciata sentenza di patteggiamento, non incorrono più in una situazione di incandidabilità, potendo così concorrere alle prossime elezioni”. Resteranno incandidabili invece i politici condannati con pene accessorie, come l’interdizione dai pubblici uffici.
Dopo il parere del 15 marzo, c’è già il primo caso di un politico che ne potrà usufruire: alle elezioni del 13-14 maggio a Carolei, piccolo paese in provincia di Cosenza, Francesco Iannucci potrà candidarsi sindaco dopo aver patteggiato una condanna a due anni per il fallimento del Cosenza Calcio nel 2011. Come raccontano le cronache locali, nel giugno 2022 la sua lista “Rinascita” era stata ricusata dopo il patteggiamento ma adesso, grazie alla legge Cartabia e al parere del ministero dell’Interno, Iannucci tornerà candidabile. È abbastanza chiaro, dunque, che la nuova normativa incoraggerà i politici sotto processo a patteggiare se vorranno continuare a fare carriera politica.
Questo è il primo pezzetto che cade della legge Severino. La maggioranza che sostiene Meloni vorrebbe modificarla profondamente: Lega e Forza Italia nel giugno 2022 hanno sostenuto un referendum (fallito) per abolirla del tutto, Fratelli d’Italia è per cambiarla. La mediazione, per il momento, è quella di eliminare la sospensione per gli amministratori condannati in primo o secondo grado: la decadenza, come per i parlamentari, scatterà solo in caso di condanna definitiva.
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