Non sappiamo se la Venere-influencer ci andrà in bicicletta dimenticandosi il Colosseo alle sue spalle, stretta nella minigonna del suo tailleur blu da catalogo Postalmarket, oppure direttamente in motoscafo da Capri. Comunque, per rappresentare «l’eccellenza dell’italianità» quella ragazza in stato di alterazione da photoshop, mal disegnata (non certo da Botticelli) con un collage kitsch, approderà come prima tappa promozionale a Dubai, negli Emirati. Pronta a raccontare agli sceicchi quanto è buona la pizza napoletana ingurgitata sul lago di Como e com’è bello farsi un selfie in una piazza san Marco spettralmente vuota se si sfoggia un «outfit elegante» (parole del comunicato Enit). Il lancio della campagna turistica «Open to meraviglia», voluta dalla ministra Santanché e dalla sua delfina in Enit Ivana Jelinic, non poteva iniziare in modo migliore: a Dubai, in mancanza di una visita di cortesia agli oligarchi russi, oggi datisi alla macchia.
Intanto dal sud arriva già una proposta di modifica per rendere omaggio al paese reale: la celebre Venere rivisitata in chiave TikTok è una raccoglitrice di pomodori e, in effetti, nello scaricare cassette sotto il sole ha perso un po’ del suo allure serafico.
Al netto della bruttezza e degli stereotipi utilizzati in quel caos geografico e del nuovo logo «Italia.it» con la bandiera italiana a incorniciare «una finestra spalancata sul mondo», il peggio deve ancora venire. Perché, annunciano dal ministero, la campagna sarà capillare (hub aeroportuali, ferrovie, pannelli stradali, Netflix, Rai). Accompagnata da un video in cui, a gruppi, i giovani non fanno altro che brindare alla loro perenne disoccupazione. Però sono felici perché l’Italia è very bella.
L’uso delle icone artistiche è storicamente una pratica usuale nella pubblicità, legale o illegale che sia (da «liscia, gassata o Ferrarelle» con la Gioconda all’azienda americana che reclamizzava le armi facendo imbracciare al David di Michelangelo un fucile). Ma: perché l’Italia si deve vendere come cliché a un turismo di massa, mordi e fuggi, quello che infesta paesaggio e città d’arte da anni, di cui non abbiamo bisogno? E poi (con nostalgia): che fine ha fatto la gloriosa agenzia Armando Testa? Ridateci Carmencita e Caballero. E, in fondo, pure Ferragni agli Uffizi.
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