Ci sono forze elitarie e nascoste che stanno governando il mondo. Non rispondono a nessuno e non sono sottoposte a nessuna verifica. Uno squilibrio tra finanza e democrazia
La crisi che sta sconvolgendo gli equilibri materiali dell’Europa e del mondo riguarda, com’è ovvio, l’economia e la sostenibilità del capitalismo. La crisi dei debiti sovrani ha spinto verso sbagliate politiche di rigore, il rigore ha creato ulteriore debolezza e colpito i fondamentali dello Stato sociale, la recessione ci ha aggiunto il carico di aziende in crisi e di una disoccupazione dilagante. Si accentua la distribuzione iniqua della ricchezza: i poveri, che sono l’enorme maggioranza, sempre più poveri e i ricchi, ridottissima minoranza, sempre più ricchi. Sono cose che sappiamo bene. Ma c’è un altro aspetto, molto preoccupante, che spesso resta sullo sfondo: il processo di riduzione dello spazio democratico e del potere pubblico. Le istituzioni democratiche sono assediate da forze esterne, elitarie e nascoste, che stanno conquistando pezzi sempre più grandi del governo del mondo. Influenzano le scelte, ricattano la politica e i popoli spostando ingenti risorse sul mercato globale, determinano persino la natura dei governi. Non rispondono a nessuno e non si sottopongono mai ad alcuna verifica. Alla fine il popolo (che in democrazia detiene la sovranità) esercita un potere solo fittizio, e gli organi rappresentativi sono depotenziati dall’andamento dei rating e dalla “dittatura dello spread”. È un processo che crea un drastico squilibrio di potere tra finanza e democrazia.
L’esempio della Grecia è l’ultimo. Un Paese ridotto allo stremo, bersagliato dalla speculazione, sottoposto a pesanti sacrifici, ricattato dal rischio di una devastante uscita dall’euro, è stato spinto a votare per Antonis Samaras, esponente di spicco di quella destra greca che ha truccato i conti e provocato il disastro. D’altra parte, ci hanno spiegato, l’alternativa era netta: o lui o la fine. Con i socialisti del Pasok ridotti a forza minore e una sinistra radicale che ha concesso troppo ai sentimenti antieuropei, non c’era altro da fare. E però quella scelta finale è stata voluta ostinatamente sia dai mercati e sia dalle istituzioni finanziarie (e anche politiche) europee. Così siamo arrivati al paradosso che l’Europa – tutta l’Europa, persino quella di sinistra – ha gioito per la vittoria della destra. Si tratta, com’è del tutto evidente, di un cortocircuito. E in questo cortocircuito gli Stati, ma anche i Parlamenti e i governi liberamente scelti dai cittadini, sono diventati una piccola rotella in un ingranaggio micidiale manovrato da altri. Usando una bella metafora Noam Chomsky ha definito queste forze nascoste una specie di “Senato virtuale” di cui fanno parte spregiudicati investitori che, attraverso le agenzie di rating, esprimono il loro voto sulle politiche nazionali. Quando queste vengono considerate contrarie ai loro interessi, spostano i capitali minacciando la stabilità economica del Paese. Insomma, ormai conta più il “giudizio dei mercati” che il voto popolare, più il parere di un’agenzia finanziaria che la scelta di un governo democratico. La ragione pubblica viene imprigionata da un “generale senza volto” e si assiste a un fenomeno di privatizzazione della democrazia.
La conclusione è che possiamo (e sicuramente dobbiamo) trovare la via migliore per uscire dalla crisi economica, favorire la crescita, avviare un piano del lavoro, rafforzare il welfare e riequilibrare la distribuzione della ricchezza. Ma se la sinistra non capisce che la grande sfida è anche eliminare questo cancro che minaccia le istituzioni democratiche e che il potere va riconsegnato al legittimo sovrano, rischiamo di avventurarci in un’era in cui le nostre vite saranno invece nelle mani di un inafferrabile e pericoloso Potere Oscuro.
twitter: @giubberosse
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