La possibilità di lasciare dopo 35 anni accettando un assegno mensile calcolato con il sistema contributivo
ROMA - Fatte le riforme già si pensa alle controriforme? Ovviamente per Pd e Pdl non si tratta di questo, ma di correggere gli «errori» della riforma delle pensioni e di quella del mercato del lavoro, entrambe firmate dal ministro del Welfare, Elsa Fornero. Ed entrambe che già si annunciano argomento della campagna elettorale per le elezioni politiche del 2013.
Per cambiare la riforma della previdenza, nel mirino sia del Pd sia del Pdl (per non parlare delle opposizioni), alla Camera qualche giorno fa è già stato compiuto un primo atto. È passato un ordine del giorno, proposto dall'ex ministro del Lavoro Cesare Damiano (Pd), che impegna il governo a favorire l'iter parlamentare del testo di riforma della riforma già varato dalla commissione Lavoro. Si tratta di 5 articoli che unificano le proposte di legge Damiano, Dozzo (Lega) e Paladini (Idv) e che hanno ricevuto anche il voto di Pdl (tranne Giuliano Cazzola), Udc, Fli, Pt (Popolo e territorio). Nel testo, consegnato ora al parere delle altre commissioni, non solo si propone un ulteriore ampliamento della platea degli «esodati» da salvaguardare, ma si introduce un nuovo canale di pensionamento che riporta in vita la possibilità di lasciare il lavoro a 58 anni.
È vero che si tratta di un canale aggiuntivo e non sostitutivo delle regole previste dalla riforma Fornero, ma di fatto la ammorbidirebbe di molto. La proposta di legge, passata col voto bipartisan in commissione Lavoro, introduce infatti la sperimentazione fino al 2017 della possibilità di andare in pensione per uomini e donne in una età vantaggiosa: per i lavoratori dipendenti 58 anni (57 le donne) fino a tutto il 2015 e poi 59 (58 le donne) fino alla fine del 2017, purché si abbiano 35 anni di contributi e ricevendo però un assegno più leggero perché calcolato tutto col sistema contributivo. Oggi, dopo la riforma Fornero, per andare in pensione anticipata ci vogliono almeno 42 anni e un mese di contributi (41 e un mese per le donne) e 62 anni di età (sotto scattano le penalizzazioni).
Il testo bipartisan prevede inoltre due allargamenti della platea degli esodati. Potrebbero andare in pensione con le vecchie regole: 1) i lavoratori coinvolti in accordi di mobilità stipulati entro il 31 dicembre 2012 anche in sede non governativa; 2) le persone autorizzate alla contribuzione volontaria, eliminando i vincoli attuali (aver versato almeno un contributo prima del 4 dicembre 2011 e non aver lavorato dopo l'autorizzazione). Inoltre, la maturazione del diritto alla pensione entro 24 mesi dalla fine della mobilità avverrebbe senza tener conto dell'adeguamento alla speranza di vita, spiega Damiano.
L'ultimo articolo prevede la spesa per finanziare queste novità e le relative coperture. Servirebbero 5 miliardi di euro fino al 2019 (che si sommerebbero ai 14 miliardi già stanziati dal governo per salvaguardare 120 mila esodati). Il testo propone di reperirli aumentando il prelievo fiscale su giochi pubblici online e lotterie istantanee, ferma restando la clausola di salvaguardia già prevista dalla legge, che potrebbe far aumentare i contributi sulle imprese.
Che la riforma delle pensioni vada «aggiustata, innanzitutto per risolvere il problema degli esodati e per introdurre degli spazi di flessibilità sul pensionamento», lo ha ribadito ieri in una conversazione con il quotidiano Il Foglio anche Stefano Fassina, responsabile Economia e Lavoro del Pd. Ma già due mesi fa dal Pdl era arrivato un messaggio ancora più duro. Era stato l'ex ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, a dire che la riforma Fornero, a causa del «repentino passaggio alle nuove regole senza scale o scaloni», aveva reso il sistema previdenziale italiano «insostenibile sul piano sociale». È necessario, concludeva Sacconi, reintrodurre una «transizione che gradualmente conduca alle età più elevate in termini di maggiore flessibilità». E lo stesso Cazzola, esperto di pensioni del Pdl, spiega che non ha appoggiato il testo di legge bipartisan della Camera perché «non è il caso di riaprire la questione degli esodati», ma che condivide l'idea di un canale di pensionamento anticipato, sia pure penalizzato dal calcolo contributivo. Anzi rivendica: «Quella proposta l'avevo presentata io».
Sull'altra grande riforma Fornero, quella del mercato del lavoro, sia il Pd sia il Pdl sono pronti, se torneranno al governo, a rimetterci le mani. Ma, a differenza che sulle pensioni, con intenti opposti. Il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, ha confermato ieri in un'intervista al Sole 24 Ore l'intenzione di intervenire. È chiaro poi che un governo che dovesse avere anche il sostegno di Sel (Nichi Vendola) probabilmente subirebbe la pressione per ripristinare l'articolo 18 (tutela dai licenziamenti) e comunque per restringere l'area dei contratti precari. Al contrario, un governo di centrodestra potrebbe tornare sulla riforma del mercato del lavoro per aumentare la flessibilità.
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