In genere non amo i futili dibattiti e le diatribe linguistiche legate al maschile o al femminile. Pur appartenendo per età anagrafica ad una generazione cresciuta in un tempo in cui, al di fuori di maestra o infermiera, quasi tutte le altre professioni venivano declinate solo al maschile, mi sono sempre impegnato a modificare questo anacronistico modo di pensare (e parlare!).
La lingua è frutto di un pensiero e ne rispecchia a tradimento la parte più intima e nascosta. Declinare al maschile i nomi che indicano professioni è frutto di un retaggio culturale che appartiene a un mondo in cui le donne svolgevano di rado alcuni mestieri e che oggi, nel 2022, non solo appare inaccettabile, ma può addirittura diventare ridicolo, o imbarazzante. E infatti guardate il post apparso ieri sera sulla pagina istituzionale di Palazzo Chigi, in cui letteralmente si è svolto un vero e proprio rave degli articoli determinativi. “Il” e “la” ballano compulsivamente, senza riguardo a una coerenza di genere, come in preda a delirio da sostanze stupefacenti.
La notizia è che i patrioti odiano la lingua italiana. La grammatica piegata al volere della prima donna premier che vuole essere “determinata” uomo: il signor Presidente del Consiglio, con tanto di circolare ufficiale.
Qui, quella che una volta forse si sarebbe detta invidia del pene si trasforma patriotticamente in invidia dell’articolo determinativo. Il femminile viene concesso per cortesia istituzionale alla Presidente del Parlamento Europeo e alla Presidente della Commissione Europea, e il maschile rivendicato per sé e per il Presidente Charles Michel, campione anche lui del savoire faire. Indimenticabile il cosiddetto “Sofagate” di Ankara, quando lui e un tronfio Erdogan si incontravano seduti su comode e potenti poltrone mentre la Presidente Ursula von der Leyen veniva relegata in disparte su un divanetto, a debita distanza.
Ma non finisce qui il rave linguistico. Nel tentativo mirabile di aggirare la fantomatica circolare, il ministro Raffaele Fitto nel suo tweet abolisce gli articoli determinativi:
Un’uscita all’italiana, insomma. Fatta la legge trovato l’inganno, si direbbe. Un vero ingegnoso raggiro della volontà della premier, che rende esilarante questa gustosa inutile diatriba linguista per pochi appassionati di genere come me e te che sei arrivato sin qui a leggere.
Sentenziamo: con l’elezione a Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni si è trasformata. Ha cambiato gender. Non più la Giorgia che con voce posseduta rivendicava multilingue di essere donna, madre e cristiana. Ma un uomo, padre della nazione, Cristiano, non Ronaldo, in una parola: Giorgio. Contenta lei – o lui – contenti tutti!
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