La polizia di stato di Napoli sta eseguendo un’operazione antiterrorismo, condotta dalla Digos, dalla Direzione centrale della polizia di prevenzione e dalla polizia postale nei confronti di quattro persone tra Napoli, Caserta e Avellino.
Per tutte e quattro è previsto l’arresto in carcere. Sono accusate di appartenere a un’associazione con finalità di terrorismo di matrice neonazista, suprematista e negazionista. Nella stessa ordinanza è disposto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria nei confronti di un’altra persona, domiciliata a Roma, gravemente indiziata di propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa. Sono in corso trenta perquisizioni domiciliari in tutta Italia.
«Dai numerosi servizi tecnici di captazione è emerso, altresì, la dichiarata volontà di alcuni degli indagati di compiere eclatanti azioni violente, sia nei confronti di civili sia nei confronti di appartenenti alle Forze di Polizia», si legge nel comunicato della Questura di Napoli. Durante le indagini è stato trovato anche «numerosissimo materiale di propaganda» nonché «proiettili, armi soft air, abbigliamento tattico e ulteriori importanti elementi indiziari che hanno suffragato la tesi investigativa».
Gli arrestati facevano parte anche di un gruppo Telegram chiamato “Protocollo 4” con il quale erano in contatto con gli iscritti all’Ordine di Hagal, un’associazione sovversiva e neonazista finita in un’altra operazione della procura di Napoli avviata nel 2021.
Sul caso è intervenuto anche il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. «La notizia di oggi degli arresti in Campania, territorio di mia provenienza, è un campanello di allarme perché testimonia che il seme dell'odio si diffonde laddove non avremmo mai immaginato», ha detto il ministro dell’Interno durante il suo intervento al convegno organizzato dalla comunità ebraica di Roma per il quarantennale dell’attentato al Tempio Maggiore di Roma.
FRANCO FREDA
Tra le persone perquisite oggi c’è anche Franco Freda. Un nome noto all’interno del mondo neofascista italiano e legato alla strategia della tensione. Freda è conosciuto con il soprannome dell’Editore. L’uomo, classe 1941, è infatti a capo della casa editrice Edizione di Ar fondata nel 1963.
Dal 1971 il suo nome compare in molteplici processi, primo fra tutti quello per la strage di Piazza Fontana, dal quale verrà assolto nel 1987 dalla sentenza di Cassazione dopo aver ottenuto l’ergastolo in primo grado. Tuttavia, nel 2005 la Corte di Cassazione ha scritto che l’eccidio di piazza Fontana fu organizzato da «un gruppo eversivo costituito a Padova nell’alveo di Ordine Nuovo» e «capitanato da Franco Freda e Giovanni Ventura». Nero su bianco nella sentenza di assoluzione di Carlo Maria Maggi e Delfo Zorzi. Ma Freda e Ventura non erano processabili perché «irrevocabilmente assolti dalla Corte d’assise d’appello di Bari».
Nel suo passato non mancano periodi di latitanza come quello trascorso a Reggio Calabria con l’aiuto della ‘ndrangheta e di Paolo Romeo, avvocato e membro di spicco del Movimento sociale italiano.
Nel 1982, viene condannato definitivamente a quindici anni di carcere per associazione sovversiva. Ma i processi per lui non sono conclusi, a fine anni Novanta è stato condannato a sei anni per ricostituzione del partito fascista per aver fondato il Fronte nazionale, movimento politico che poi è stato sciolto nel 2000. Quest’ultima pena è stata poi ridotta nel 1999 dalla Cassazione a tre anni di carcere tramutando il reato in propaganda all’odio razziale.
Oggi, due decadi più tardi e a 81 anni di età Freda è finito nuovamente nel mirino degli inquirenti ma non risulta indagato. Sono emersi contatti con gli indagati e gli arrestati. Da tempo si era stabilito ad Avellino dove gestiva una libreria.
L’ARRESTO A BARI
Lo scorso 27 ottobre a Bari è stato arrestato un giovane che secondo le forze dell’ordine aveva anche intenzione di pianificare un attentato per difendere «la razza bianca».
Secondo gli inquirenti il giovane era un membro dell’organizzazione neonazista e suprematista The Base, considerata una «minaccia terroristica» negli Stati Uniti e con affiliati sparsi in tutta Europa, ma in Italia agiva come lupo solitario e per gli investigatori era pronto al sacrificio estremo. Nella sua abitazione sono state trovate anche diverse armi.
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