sabato 12 maggio 2012

DEMOCRAZIA IN CRISI. CACCIARI M., Democrazia, riflessioni sull'uso, L'ESPRESSO, 15 novembre 2011


La decisione (poi revocata) del Governo greco di sottoporre a referendum popolare gli accordi con l'unione europea solleva questioni storiche, politiche e dottrinarie di grande rilievo. Peccato che il dramma abbia come interpreti Sarkozy e la Merkel invece che De Gaulle e Adenauer. c'è imperatore e imperatore anche nel Reich franco-carolingio... La domanda essenziale sta in questi termini: a quale vuoto fantasma si è mai ridotta l'idea di sovranità popolare di fronte a quel sistema di potere che "mette in rete", su scala planetaria, pubblico e privato,tecnocrazie e finanza, imprese multinazionali e comunità scientifica?

Questo sistema non ammette un Sovrano sopra di sé: in ampia misura le stesse antiche sovranità statali si sono ridotte a sue funzioni. I governi nazionali possono fare altro che amministrare in sede locale le conseguenze del groviglio di decisioni, compromessi, conflitti di cui quell'insieme è formato? E se è così per i governi, quanto può contare il "popolo", che da quelli dovrebbe essere rappresentato?

Già i singoli governi, ridotti a "autonomie locali" e sempre più "neutralizzati" da assilli elettoralistici e ideologie parlamentaristiche, hanno l'aria di nascondere la propria impotenza dietro ai diktat di quella sovranità-senza-sovrano, presentandola come una legge di natura. Come potrebbe il "popolo" (addirittura un singolo "popolo") esprimersi in modo competente, e corrispondente al proprio interesse di lungo periodo, su problemi economico-finanziari globali? Attraverso partecipazioni meramente "discutidore" si corre il rischio di rafforzare il discredito di cui già godono le istituzioni democratiche: a che serve un Parlamento che non decide, che non sa agire da mio rappresentante proprio sulle questioni per me più vitali? Perché pagare per la politica impotente?
Il "popolo" esige decisioni, non referendum, ma decisioni intorno alle quali sia possibile discussione e controllo. Parlamento e governo sembrano sempre meno in grado di offrire tale garanzia. E ciò finirà col mettere in crisi l'idea stessa di rappresentanza. La sovranità popolare non può ridursi oggi alla procedura elettorale. Ma meno ancora si può pensare di rianimarla con l'esaltazione ideologica dello strumento referendario. La stima che circonda alcuna figure (come da noi il presidente Napolitano) sta a indicare come il "popolo" avverta l'acuto bisogno di propri tribuni, un organo di potere effettivo e permanente, autonomo rispetto al "palazzo", capace di confrontarsi con esso su basi realistiche e con competenza. Ma nulla nelle vigenti costituzioni apre a una simile prospettiva.

E poi ci vorrebbe il "popolo", che non è "moltitudine", e cioè aggregato di individui, interessi e passioni, o occasionale ritrovarsi di "movimenti".

Il discorso riporta così a quegli organi che, nell'attuale situazione storica, almeno in Europa, potrebbero svolgere una funzione "tribunizia" e rappresentare per quanto possibile un "potere popolare" nei confronti delle potenze dominanti della globalizzazione. Si tratta del "sistema delle autonomie": da quelle che si esprimono nella rete delle città, a quelle del "terzo settore", a quelle stesse dei sindacati e dei partiti. In particolare queste ultime non erano state pensate essenzialmente proprio così nella nostra Costituzione, e cioè come defensor populi? Ma la loro trasformazione in strumenti di difesa corporativa e in comitati elettorali può apparire anch'essa un esito necessario della "evoluzione" della forma democratica, in un mondo dove la forma-Stato europea tradizionale (inapplicabile ai "grandi spazi" russi, asiatici e anche americani) resiste nel proprio tramonto.

Eppure, moltitudine o popolo che sia, il suo potere, nella storia, è tutt'altro che un mito. Magari come puro potere negativo, esso è realissimo. Alla fine, quando tutti i canali di rappresentanza si rivelassero bloccati, quando finisse l'illusione di potervi supplire attraverso l'azione di altri organi dello Stato (come la magistratura), nascano o meno nuovi "tribuni", abbia volto o no il sistema sovranazionale di potere oggi dominante, esploderà il no delle masse subordinate. E non vi sarà referendum, allora, che ne potrà arrestare la potenza.








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