Che cosa sta succedendo nel fondo del nostro Paese, a cosa allude il successo del movimento di Grillo, cosa significa? Si tratta di qualcosa di superficiale e di epidermico, destinato a durare lo spazio di un mattino, o rappresenta qualcosa di più profondo, con cui occorre misurarsi, al di là di quello che si possa pensare di Grillo e del suo movimento?
Penso che per fare un’analisi adeguata occorre partire da un punto che molti commentatori ed analisti politici tendono a oscurare, se non a dimenticare. Occorre, in altri termini, partire dalla crisi e dalla decomposizione delle forme della rappresentanza democratica nell’epoca del berlusconismo; in sintesi, occorre partire dalla lunga crisi della democrazia italiana.
Ricordiamo a chi sembra averlo dimenticato di cosa si tratta: dissoluzione di ogni funzione effettiva del Parlamento; predominio dell’esecutivo sul legislativo; lotta sistematica al potere giudiziario e alla sua autonomia; formazione di un ceto politico senza arte né parte, totalmente autonomo da ogni forma di controllo, imposto alla “volontà popolare” sulla base di una legge elettorale scellerata, tuttora in vigore, che non si riesce a togliere di mezzo. In breve: un distacco fra “governanti” e “governati” quale non si era mai visto nella storia dell’Italia repubblicana.
Il successo di Grillo nasce di qui, da un sentimento di rivolta nei confronti di tutto questo, acuito e potenziato dalla crisi sociale dell’Italia, dalla situazione internazionale, dal venir meno dei vecchi blocchi sociali e delle tradizionali appartenenze politiche. Oggi l’Italia è entrata in una fase di movimento e di sconvolgimento da cui può scaturire qualunque cosa.
Ma non è con Grillo che la nostra democrazia può uscire dalla lunga crisi che, prima in forma strisciante poi in modo clamoroso, la attanaglia fin dagli anni Ottanta. Cosa significhi Grillo sul terreno della democrazia è dimostrato da quello che può sembrare un “dettaglio” insignificante, e che invece è profondamente rivelatore di un “senso comune ” che comincia a diffondersi. Quando il neo-eletto sindaco di Parma ha osato dire che i parmensi avevano votato lui e non Grillo, la comunità dei grillini si è scatenata sul web, come un solo uomo, ricordando all’ingrato che aveva vinto Grillo, che a Parma si era imposto il movimento, che Pizzarotti avrebbe fatto bene a ricordarlo se non voleva essere scomunicato.
Un “dettaglio”, certo. Ma come hanno già detto Goethe e Flaubert, è nei “dettagli” che si nasconde la verità. In questo caso, la violenta reazione alla battuta del neo-sindaco di Parma – di sapore inquisitoriale – getta luce su cosa si agita nel fondo del movimento grillino: una forte pulsione “comunitaria “, una fortissima pulsione alla democrazia diretta, con la drastica trasformazione della figura del “rappresentante ” in quella del “delegato” che può essere revocato in ogni momento dalla “comunità” che gli ha dato la delega.
Sono, l’una e l’altra, pulsioni letali per la democrazia rappresentativa e sono state causa e matrici di involuzioni autoritarie e dispotiche che hanno seminato, in genere, rovine nella vita dei popoli. Grillo però – ed è questo il punto centrale – comincia a dar voce a pulsioni di strati importanti della società italiana, incubate e potenziate dal berlusconiamo e dalla sua crisi, di cui sono frutti diretti. Come Berlusconi ha del resto compreso: con la proposta dell’elezione del Presidente della Repubblica con doppio turno, alla francese, ha fiutato subito il vento, cercando di mettere la vela al vento che soffia anche in altre parti dell’Europa .
Al fondo, quello che abbiamo di fronte in forma perfino più acuta e più aspra del passato è dunque il problema, sempre e ancora aperto, della democrazia nel nostro Paese. E qui non ci sono dubbi sulla battaglia che bisogna fare: come non c’è governo politico senza mediazione, così non c’è democrazia senza rappresentanza. Come ci ha spiegato Kant, nella democrazia diretta c’è la radice del dispotismo, della fine cioè di ogni democrazia. Allo stesso modo nelle ideologie “comunitaristiche” c’è la dissoluzione dell’individuo, della persona, della sua autonomia e libertà.
Ma se Grillo trova gente che lo ascolta vuol dire che interpreta istanze reali, ed esse concernono, in primo luogo, il problema del rapporto fra “governanti” e “governati” nella lunga crisi del berlusconismo in cui l’Italia è ancora immersa. Da questo punto di vista, c’è qualcosa di profondo che accomuna Grillo e Berlusconi: sono causa ed effetto della stessa crisi.
Sarebbe bene che gli apprendisti stregoni lo capissero e imparassero a non giocare con il fuoco (salvo poi lamentarsi per essersi scottati). Ma soprattutto è necessario che le forze del cambiamento abbiano tutta la consapevolezza della posta in gioco: riuscire a stringere in forme nuove, e in un circolo virtuoso, impetuose e ormai incoercibili esigenze di partecipazione e forme della democrazia rappresentativa è diventato, oggi, il problema immediato e ineludibile dell’ Italia. Chi non lo capisce è veramente cieco: è qui che si decide il suo futuro .
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