Novanta lavoratori egiziani in presidio si ribellano ai carabinieri che cercano di sgomberarli per far entrare i «crumiri» di un'altra cooperativa. Trenta feriti. Paolo Ferrero: «Scandalosa gestione dell'ordine pubblico»
Basiano non è uno sconosciuto paesino della Brianza a una manciata di chilometri da Milano. E' l'Italia. E quello che è accaduto ieri davanti alla Gartico (sono i magazzini della catena Il Gigante) riguarda proprio tutti. Il governo, in primis il ministro del lavoro, la sinistra, o chiunque si stia interrogando su questa crisi per cercare una via d'uscita, e soprattutto riguarda milioni di italiani che stanno perdendo il lavoro, che hanno un contratto a tempo determinato, o che stanno lavorando per quattro soldi che non bastano a tirare i primi quindici del mese (una volta si diceva la fine). In fondo, quanti lavoratori si trovano nella stessa condizione di quei novanta che sono stati pestati dalla polizia davanti alla Gartico di Basiano? Tantissimi.
A quei lavoratori non è stato rinnovato il contratto, ma invece di deprimersi sotto il peso di una calamità innaturale hanno deciso di ribellarsi. Nascono da qui gli «scontri» con la polizia e i carabinieri. Non la solita manfrina. Botte vere, prese e date. Non è stata una sceneggiata, è stata una scena orribile. Ci sono state le cariche, i sassi, le gambe spezzate, i lacrimogeni, i crumiri e la paura vera, come in un film americano degli anni '30 - insomma una storia esemplare all'epoca dei governi delle banche.
I 90 lavoratori egiziani della cooperativa Alma quattro giorni fa avevano cominciato a bloccare l'uscita delle merci dai magazzini perché di lì a poco - il 20 giugno, giorno di scadenza dell'appalto con la Gartico - sarebbero stati sostituiti dai lavoratori di un'altra cooperativa, la Bergamaschi. Pagati meno. Si tratta del solito sistema di scatole cinesi (spesso nelle mani della criminalità organizzata) che permette alle imprese di aggirare le regole e pagare salari sempre più bassi. Il contratto nazionale però garantisce la continuità del lavoro in caso di passaggio da una cooperativa all'altra all'interno di uno stesso appalto. Ma la cooperativa Alma, per aggirare la legge, ha chiesto la cassa integrazione per i suoi lavoratori, fatto che avrebbe permesso alla Bergamaschi di subentrare liberandosi degli egiziani per far lavorare i suoi dipendenti. E' l'esito scontato per tutti i precari: a chi scade il contratto, un calcio nel sedere.
Ieri alle 7,30 del mattino gli egiziani erano davanti alla Gartico quando si è presentato un autobus scortato da polizia e carabinieri con dentro i lavoratori della Bergamaschi (che in teoria fino al 20 giugno non avrebbero potuto subentrare). Aldo Milani, del Sindacato Intercategoriale Cobas (Sì Cobas), era lì. I carabinieri dicono di aver subìto un'aggressione, i lavoratori invece sostengono il contrario. Solo che questa volta hanno deciso di non prenderle senza reagire. Prima si sono seduti per terra per impedire il passaggio dei «crumiri». Poi, mentre la trattativa con la polizia andava per le lunghe, un gruppo di carabinieri ha cominciato a colpire duramente gli egiziani delle prime file. A quel punto i compagni hanno reagito, altrettanto duramente. Hanno cominciato a tirare di tutto, sassi, cartelli stradali, costringendo i carabineri alla ritirata. Prima di subire il contrattacco a colpi di lacrimogeni, sparati ad altezza d'uomo, gli egiziani hanno anche sfasciato il blindato dei carabinieri. Il bilancio della guerriglia è pesante. Due manifestanti con le gambe rotte e diversi contusi accompagnati all'ospedale, anche tra i carabinieri. Si parla di ventisei feriti. Molti lavoratori dopo le cure sono stati accompagnati in caserma e pare che due delegati del Si Cobas siano stati arrestati. Ma gli arresti oggi potrebbero essere molti di più.
La vicenda, la prima vera rivolta, o vero pestaggio, di lavoratori nell'era Monti non sembra interessare granché gli «addetti ai lavori». Solo Paolo Ferrero, segretario del Prc, si è rivolto direttamente al governo. Secondo Ferrero, «si tratta dell'ennesimo episodio in cui lavoratori in lotta vengono bastonati dalla polizia. Visto che questo non accade a caso e che il questore di Milano segue evidentemente le indicazioni che arrivano dal Ministero, è evidente che vi è una diretta responsabilità del governo dei banchieri e dei manganelli in questa scandalosa conduzione dell'ordine pubblico: il problema della disoccupazione e della crisi non può essere ridotto a una questione di ordine pubblico, si affrontino e ascoltino le ragioni dei lavoratori». Anche la Cub «condanna duramente il comportamento delle forze dell'ordine che hanno caricato operai inermi, la cui unica responsabilità è la difesa del posto di lavoro».
Ieri alle 7,30 del mattino gli egiziani erano davanti alla Gartico quando si è presentato un autobus scortato da polizia e carabinieri con dentro i lavoratori della Bergamaschi (che in teoria fino al 20 giugno non avrebbero potuto subentrare). Aldo Milani, del Sindacato Intercategoriale Cobas (Sì Cobas), era lì. I carabinieri dicono di aver subìto un'aggressione, i lavoratori invece sostengono il contrario. Solo che questa volta hanno deciso di non prenderle senza reagire. Prima si sono seduti per terra per impedire il passaggio dei «crumiri». Poi, mentre la trattativa con la polizia andava per le lunghe, un gruppo di carabinieri ha cominciato a colpire duramente gli egiziani delle prime file. A quel punto i compagni hanno reagito, altrettanto duramente. Hanno cominciato a tirare di tutto, sassi, cartelli stradali, costringendo i carabineri alla ritirata. Prima di subire il contrattacco a colpi di lacrimogeni, sparati ad altezza d'uomo, gli egiziani hanno anche sfasciato il blindato dei carabinieri. Il bilancio della guerriglia è pesante. Due manifestanti con le gambe rotte e diversi contusi accompagnati all'ospedale, anche tra i carabinieri. Si parla di ventisei feriti. Molti lavoratori dopo le cure sono stati accompagnati in caserma e pare che due delegati del Si Cobas siano stati arrestati. Ma gli arresti oggi potrebbero essere molti di più.
La vicenda, la prima vera rivolta, o vero pestaggio, di lavoratori nell'era Monti non sembra interessare granché gli «addetti ai lavori». Solo Paolo Ferrero, segretario del Prc, si è rivolto direttamente al governo. Secondo Ferrero, «si tratta dell'ennesimo episodio in cui lavoratori in lotta vengono bastonati dalla polizia. Visto che questo non accade a caso e che il questore di Milano segue evidentemente le indicazioni che arrivano dal Ministero, è evidente che vi è una diretta responsabilità del governo dei banchieri e dei manganelli in questa scandalosa conduzione dell'ordine pubblico: il problema della disoccupazione e della crisi non può essere ridotto a una questione di ordine pubblico, si affrontino e ascoltino le ragioni dei lavoratori». Anche la Cub «condanna duramente il comportamento delle forze dell'ordine che hanno caricato operai inermi, la cui unica responsabilità è la difesa del posto di lavoro».
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