Il Pd al Nord perderà ancora
di Massimo Cacciari
Crollato l'asse Berlusconi-Lega, il centrosinistra rischia di non ereditare nemmeno uno dei loro voti dal Po in su. Perché non ha mai capito la questione settentrionale, nè ha mai cercato di farlo
(04 giugno 2012)
La "questione settentrionale" riemerge prepotentemente dal voto. E per forza, visto che è solo l'altra faccia della "questione meridionale". E' il problema ormai secolare, irrisolto e, anzi, per certi versi aggravatosi, della grande faglia che spezza il Paese.
Che cosa era successo dopo la catastrofe dei primi anni '90 nella sud-Mitteleuropa del Lombardo-Veneto? Molto semplicemente si era definito un contratto tra la stragrande maggioranza degli interessi economici e delle categorie professionali di quest'area del Paese, che viveva da anni un suo proprio miracolo ed era universalmente additata a "modello", e i nuovi partiti, Forza Italia e Lega. Miti celtici, dèi padan-pagani, identità cultural-religiose c'entrano come il due di spade quando briscola è bastoni. Di contratto si trattava, scritto o orale, non importa. Tutto "laico", in tutto degno della nostra attuale visione del mondo, che vede l'intero corpo sociale ridotto a rete di contraenti.
Il contratto riguardava i seguenti punti: modifica radicale dei flussi di trasferimento dello Stato a Regioni ed Enti Locali, obiettivamente penalizzanti per il Nord; modernizzazione della Pubblica amministrazione e di tutte le reti, conditio sine qua non per continuare nel "miracolo"; riduzione dell'imposizione fiscale su imprese, occupazione, investimenti. Il fallimento è stato totale. Malgrado un ventennio di promesse, populismo e ideologie da strapaese. Malgrado una rappresentanza "nordista" in Parlamento e al governo quale mai in passato. Pdl e Lega pagano questa bancarotta: quelle che ho chiamato le catastrofi etico-estetiche del berlusconismo-bossismo non sono che la ciliegina.
Il dramma è che il centro-sinistra non eredita un solo voto da una simile disfatta dell'avversario. E, anche in questo caso, per forza: in una generazione le sue leadership sono passate dalla totale incomprensione della "questione settentrionale" alla completa afasia intorno al problema- afasia progettuale, programmatica e organizzativa. Vincendo, raramente, quando gli altri erano divisi o ormai giunti al digestivo, come a Milano. Tutto confermato nell'ultimo voto: il centro-sinistra vince dove l'avversario si è pressoché liquefatto e riesce a perdere con una "potenza" quale
Grillo, non solo a Parma, ma in roccaforti periferiche come, nel veneziano, a Mira. Ovvero: la sua capacità di "convinzione" nei confronti dell'immensa platea di interessi, che costituiva la base dei successi di Pdl e Lega, è pari allo zero. Pure in cifra assoluta il centro-sinistra, o almeno la sua unica forza potenzialmente di governo, il Pd, perde consensi. Come sia possibile cantar vittoria in tali condizioni è un mistero della fede.
Ora, queste regioni decisive per lo sviluppo del Paese, questi territori dai quali soltanto è possibile sperare di avviare processi di crescita, si trovano sostanzialmente privi di rappresentanza politica. Risentimenti e conflitti col Sud potrebbero acutizzarsi, rendendo ancor più quella faglia storica tra Nord e Sud un fatto culturale e, quasi, antropologico. Ed è inutile dire quanto possa incidere sulle nostre possibilità di uscire dalla crisi il venir meno di ogni referente politico per industriali, artigiani, commercianti, professionisti. Ma anche i tradizionali referenti sindacali versano in un'analoga crisi di rappresentatività: sempre più carrozzoni burocratici allenati a stringer "contratti" con apparati ministeriali, del tutto simili per mentalità e cultura.
Tuttavia, di positivo resta il fatto che il ventennio delle promesse e delle chiacchiere è per tutti finito: i partiti saranno costretti, per sopravvivere se non per governare, a misurarsi con le domande inevase che il Nord da decenni avanza. E i soggetti fondamentali dello sviluppo economico di queste Regioni dovranno sforzarsi di diventare adulti anche culturalmente e politicamente, se intendono davvero difendere i propri interessi materiali. Spes contra spem? Da qui alle prossime elezioni politiche lo scopriremo comunque
Che cosa era successo dopo la catastrofe dei primi anni '90 nella sud-Mitteleuropa del Lombardo-Veneto? Molto semplicemente si era definito un contratto tra la stragrande maggioranza degli interessi economici e delle categorie professionali di quest'area del Paese, che viveva da anni un suo proprio miracolo ed era universalmente additata a "modello", e i nuovi partiti, Forza Italia e Lega. Miti celtici, dèi padan-pagani, identità cultural-religiose c'entrano come il due di spade quando briscola è bastoni. Di contratto si trattava, scritto o orale, non importa. Tutto "laico", in tutto degno della nostra attuale visione del mondo, che vede l'intero corpo sociale ridotto a rete di contraenti.
Il contratto riguardava i seguenti punti: modifica radicale dei flussi di trasferimento dello Stato a Regioni ed Enti Locali, obiettivamente penalizzanti per il Nord; modernizzazione della Pubblica amministrazione e di tutte le reti, conditio sine qua non per continuare nel "miracolo"; riduzione dell'imposizione fiscale su imprese, occupazione, investimenti. Il fallimento è stato totale. Malgrado un ventennio di promesse, populismo e ideologie da strapaese. Malgrado una rappresentanza "nordista" in Parlamento e al governo quale mai in passato. Pdl e Lega pagano questa bancarotta: quelle che ho chiamato le catastrofi etico-estetiche del berlusconismo-bossismo non sono che la ciliegina.
Il dramma è che il centro-sinistra non eredita un solo voto da una simile disfatta dell'avversario. E, anche in questo caso, per forza: in una generazione le sue leadership sono passate dalla totale incomprensione della "questione settentrionale" alla completa afasia intorno al problema- afasia progettuale, programmatica e organizzativa. Vincendo, raramente, quando gli altri erano divisi o ormai giunti al digestivo, come a Milano. Tutto confermato nell'ultimo voto: il centro-sinistra vince dove l'avversario si è pressoché liquefatto e riesce a perdere con una "potenza" quale
Ora, queste regioni decisive per lo sviluppo del Paese, questi territori dai quali soltanto è possibile sperare di avviare processi di crescita, si trovano sostanzialmente privi di rappresentanza politica. Risentimenti e conflitti col Sud potrebbero acutizzarsi, rendendo ancor più quella faglia storica tra Nord e Sud un fatto culturale e, quasi, antropologico. Ed è inutile dire quanto possa incidere sulle nostre possibilità di uscire dalla crisi il venir meno di ogni referente politico per industriali, artigiani, commercianti, professionisti. Ma anche i tradizionali referenti sindacali versano in un'analoga crisi di rappresentatività: sempre più carrozzoni burocratici allenati a stringer "contratti" con apparati ministeriali, del tutto simili per mentalità e cultura.
Tuttavia, di positivo resta il fatto che il ventennio delle promesse e delle chiacchiere è per tutti finito: i partiti saranno costretti, per sopravvivere se non per governare, a misurarsi con le domande inevase che il Nord da decenni avanza. E i soggetti fondamentali dello sviluppo economico di queste Regioni dovranno sforzarsi di diventare adulti anche culturalmente e politicamente, se intendono davvero difendere i propri interessi materiali. Spes contra spem? Da qui alle prossime elezioni politiche lo scopriremo comunque
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