Ha il merito indiscusso di aver dato la sveglia a una politica sorda, gambe e velocità a un sistema immobile, senza più reputazione, persuaso che il potere serva solo ad accumularne altro, nell’idea primordiale che nulla cambia e nulla può cambiare. Matteo Renzi ha fatto cambiare verso, si può convenirne, e ha dato concretezza a una speranza di cambiamento o solo a un progetto, o al limite alla semplice idea che la politica può essere più degna, più vicina alla gente, più pronta a dare le risposte.
Ecco però che a questo punto la corsa di Renzi verso la meta esprime un’altra terrificante idea che fa cornice alla prima e che tutto racchiude: fare qualsiasi cosa e con chiunque e ad ogni costo pur di guadagnerne in popolarità e forza politica.
Mi prendo la briga di elencare quel che non quadra di questo giovane leader.
1) La legge elettoraleLa legge elettorale in vigore è figlia dell’idea che in Parlamento debbano sedere clienti, segretari, assistenti. Persone che si nominano, non che si eleggono. Parlamentari senza voce, senza titoli, senza identità, piccole figurine da raccogliere sotto la foto gigante del leader. E’ stato definito Porcellum: una porcata democratica. Cosa avrebbe dovuto fare Matteo Renzi? Raccogliere quel che lui per primo ha indicato come un’urgenza: elaborare un sistema che mandasse in Parlamento personalità degne, che potessero misurare le loro idee tra la gente, e trarne dal consenso popolare la forza necessaria per essere un parlamentare della Repubblica e non un servitore del Re.
C’erano due strade per giungere a questo obiettivo. Reintrodurre il sistema delle preferenze individuali oppure ritornare ai collegi uninominali: piccoli distretti elettorali dove si avanzano opposte candidature. Vince chi arriva primo. Il sistema della legge Mattarella, quella abrogata dal Porcellum, la quale conteneva anche una quota proporzionale nella suddivisione dei seggi: il 25% del totale diviso secondo proporzione numerica per offrire anche alle minoranze il diritto alla tribuna.
Ma sul sistema delle preferenze individuali esplose vent’anni fa una vera questione morale perché esso contribuiva a infilare nella politica la trama sporca delle clientele, l’odore dei soldi. Chi conosce il Mezzogiorno sa più di ogni altro italiano quali delitti abbia consegnato questo sistema. Tanti di voi ricorderanno i volti impresentabili di gente che grazie ai soldi, alle connessioni anche criminali, alla rete di clientele di una società civile spesso immorale , si facevano scudo della elezione per far profumare la propria sporcizia. La memoria non deve farci difetto e la memoria doveva spingere Renzi a scartare un sistema che teoricamente affidava ai cittadini la scelta ma che nella sostanza delegava ai clan la rappresentanza. Rimaneva in vita il Mattarella. Legge non perfetta (ma nei sistemi elettorali nessun meccanismo rasenta la perfezione) ma che consegnava alla società un diritto di scelta più netto e visibile, più pulito delle preferenze individuali. Certo con il Mattarella il risultato del voto non consegnava al Paese una maggioranza sicura. Se questa fosse stata una condizione determinante Renzi avrebbe dovuto indicare l’unica strada possibile che restituisse la scelta ai cittadini con la certezza di un governo: il sistema del cosiddetto sindaco d’Italia. Doppio turno con ballottaggio. Se al primo turno nessuno raggiunge la maggioranza assoluta dei voti si passa al secondo turno e sono in lizza i due candidati a premier meglio piazzati. Chi di loro arriva prima, anche per un solo voto, governa l’intera legislatura.
Renzi ha effettivamente proposto questa soluzione e l’ha indicata come quella preferita. Poi nel tempo delle trattative l’ha fatta retrocedere a una delle tre, non la migliore. Nella rosa è sbucato il modello ispanico. E su questo ha trovato l’intesa con Berlusconi, questa profonda sintonia. E vediamola un po’ la sintonia in cosa consiste. Le circoscrizioni sono più piccole e le liste bloccate sono più corte. Questo conferma che la nomination per raggiungere il Parlamento è affare del leader. Lui ti chiama e ti nomina. Che la suddivisione dei seggi è su base nazionale, e quindi anche i piccoli partiti avranno diritto di vita e di veto e che il premio di maggioranza scatta a condizione che uno dei contendenti abbia raggiunto una soglia minima (35-40%). E’ un Porcellum travestito, un abito sporco che torna dalla lavanderia con tutte le macchie in bella mostra. I nominati restano, e la certezza di un governo resta una ipotesi.
2) La profonda sintonia
Renzi invece si è accordato con Berlusconi su questa legge. L’obiezione che viene fatta da molti è questa: la legge elettorale si fa con tutti, e se Grillo si tira fuori non si incolpi Renzi di dover anche cambiare la realtà. B., per quanto condannato e pregiudicato e indegno di stare in Parlamento, raccoglie una quota di consensi così cospicua da obbligare il segretario del Pd a concordare anche con lui. Con chi avrebbe dovuta farla questa legge? Con Casini? Con Vendola? Obiezione lecita e giusta. Ma se è vero che B. è fuori del Parlamento è anche vero che Forza Italia, il suo partito, resta dentro. E nessuno mai si sognerebbe di negare a Forza Italia il diritto di concorre, di trattare, convenire e obiettare. Infatti Renzi ha trattato, ha convenuto, si è incontrato con Verdini, rappresentante di Forza Italia. E con lui ha trovato l’intesa. Ma a Berlusconi non è bastato e ha estorto a Renzi la necessità di formalizzare l’accordo nella forma più teatrale possibile: l’incontro a due, il summit tra statisti, padri della Patria. E Renzi, pur di fare la nuova legge elettorale e trarne il massimo profitto ha accettato senza condizione. Ha firmato una Porcata di secondo livello e ha riabilitato B. da indegno a padre costituente. Anzi, ha fatto di più.
3) La riforma costituzionale Ha convenuto con il pregiudicato anche la cornice della prossima riforma costituzionale, quella che elimina il bicameralismo, riduce le funzioni delle Regioni, attenua le spese della politica. Era necessario arrivare a tanto? Era necessario stringersi al collo il cappio del berlusconismo, colorare con Dudù il primo serio tentativo di far cambiare verso alla politica italiana?
Non era necessario: il Pd poteva farsi promotore della riforma e chiedere in Parlamento i voti necessari. E se non avesse raggiunto la maggioranza qualificata per vederla attuata avrebbe chiesto agli italiani, con un referendum confermativo, di sostenerlo. Ma il giovane Renzi così incline ai fuochi d’artificio, ha sacrificato ogni verità (e anche ogni senso di imbarazzo, di opportunità, di decoro istituzionale) alla convenienza del tutto compreso: con una sola stretta di mano e in un sol colpo porta a casa legge elettorale, riforma costituzionale e prossima vincente leadership governativa.
Ha solo dimenticato che nella medesima stretta di mano ha consegnato a Berlusconi il ruolo di statista che dovrà esercitare agli arresti domiciliari, legittimando una legge elettorale che appare (speriamo ci smentiscano i fatti) densa di controindicazioni. Nel bouquet di rose gentilmente offerto dal Cavaliere c’è anche il Letta bis: un altro anno o più di governo della coppia Enrico&Angelino. Bell’affare davvero!
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