Sabato 21 dicembre di buon mattino, mentre Roma ancora dorme, una serie di auto blu infilano l’ingresso posteriore di Palazzo Chigi. È l’ultimo fine settimana prima di Natale ma la politica ha ancora qualche giorno di lavoro prima delle vacanze. Il giorno prima il governo Letta ha incassato sulla legge di stabilità la dodicesima fiducia e in giornata Montecitorio deve dare il via libera al provvedimento, che lunedì 23 sarà ratificato in via definitiva dal Senato.
Il Consiglio dei ministri è convocato alle 8.15, orario insolito visto che in otto mesi è accaduto solo un’altra volta. L’ordine del giorno reca una mera formalità e infatti dura appena dieci minuti: l’approvazione della seconda nota alla variazione di bilancio per il 2014. Ma anche la nomina di cinque giudici della Corte dei Conti. Anche questa è una novità: il governo se ne è occupato solo in altre tre occasioni ma solo per promuovere una dozzina magistrati contabili, mai per nominarne di nuovi.
Per capire le ragioni di questa “infornata” occorre fare un salto indietro di qualche giorno. Il 10 dicembre - durante la discussione sulla legge di stabilità in commissione Bilancio - Pd, Sel e Movimento cinque stelle segnalano come prioritari i loro emendamenti per fissare a 150 mila euro il cumulo fra pensioni d’oro (calcolate tra l’altro con il sistema contributivo, assai generoso) e redditi derivanti da incarichi pubblici.
Ovviamente la norma è fumo negli occhi per molti. Sta di fatto che il 16 dicembre il capogruppo Pd, Roberto Speranza, riformula l’emendamento del suo partito che lo vede primo firmatario e raddoppia la soglia: il limite diventa lo stipendio del primo presidente della Corte di Cassazione (294 mila euro). Il “merito”, secondo quanto denunciano dai grillini, sarebbe dell’ex funzionario della Camera Luigi Tivelli, registrato di nascosto mentre al telefono racconta l’azione di lobbing compiuta .
Tutto questo è però solo una parte della storia. Perché l’emendamento, oltre a duplicare la cifra oltre la quale scatta il tetto, vale per il futuro ma non per i contratti e gli incarichi in corso. E qui si torna al Consiglio dei ministri di sabato mattina e alla nomina dei cinque nuovi giudici della Corte dei conti. I quali, essendo nominati pochi giorni prima dell’entrata in vigore della legge, potranno sommare pensione e stipendio senza alcun limite.
Ma chi sono i cinque fortunati? In un modo o nell’altro si tratta di alti papaveri di Stato che nel loro passato hanno avuto a che fare con la politica. Tutti già in pensione o a un passo da essa. Il nome più celebre è quello dell’ex parlamentare Siegfried Brugger. Segretario del Südtiroler Volkspartei dal 1992 al 2004, è stato ininterrottamente deputato dal 1994 fino all’anno scorso e nell’ultima legislatura è stato capogruppo del gruppo Misto. Alle ultime politiche il suo partito, coi 146.800 voti raccolti alla Camera (lo 0,43%), si è dimostrato determinante per far scattare il premio di maggioranza a favore del centrosinistra. Brugger non è stato rieletto ma, grazie alle cinque legislature effettuate, con appena 19 anni di contributi adesso riscuote un dignitoso vitalizio da 5.203 euro al mese. Da sommare adesso all’emolumento da giudice della Corte dei conti.
Con la politica ha a che fare anche un’altra delle nuove toghe, Italo Scotti: un passato da funzionario della Camera (proprio come Tivelli), dove ha guidato il Servizio Commissioni, il Servizio studi e il Servizio Bilancio. Col governo Monti è stato nominato capo di gabinetto dal ministro per i Rapporti con il Parlamento Piero Giarda e confermato da Dario Franceschini.
Un passato assai intrecciato con la politica è anche quello del prefetto Angela Pria, la cui carriera ha conosciuto una forte accelerazione da quando la sua strada si è incrociata con quella di Roberto Maroni. Ai tempi del primo governo Berlusconi la Pria ha ricoperto il ruolo di capo della segreteria del ministro dell’Interno, ricoperto dall’attuale governatore lombardo. Nel 2001, col secondo governo Berlusconi, Maroni l’ha voluta come capo di gabinetto al ministero del Lavoro e nel 2010, col ritorno del leghista al Viminale, è stata nominata alla guida del dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione.
Viene invece dalla Guardia di Finanza il generale Daniele Caprino, vicecomandante delle Fiamme gialle fino a febbraio 2013, quando è andato in pensione. Durante gli anni del secondo governo Berlusconi ha lavorato al dipartimento Affari giuridici e legislativi, la struttura di Palazzo Chigi che coordina l’attività normativa del governo. Lì Caprino si occupava delle materie di competenza del ministero dell’Economia, guidato all’epoca da Giulio Tremonti e affiancato da un consigliere politico a sua volta proveniente dalla Finanza: Marco Milanese.
Ultimo dei nominati è Salvatore Tutino, l’unico a non avere avuto in tempi recenti legami con la politica. Esperto di evasione fiscale e fino al 2006 dirigente generale del Ministero dell’Economia, dove per anni ha guidato il Secit, il Servizio centrale degli ispettori tributari.
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