venerdì 10 gennaio 2014

FILOSOFIE POLITICHE. B. VECCHI, Marx? Non era un opinion maker, IL MANIFESTO, 8 gennaio 2014

erry Eagle­ton è un sofi­sti­cato e iroso intel­let­tuale di spicco della «nuova sini­stra» inglese. Di ori­gine irlan­dese e docente di let­te­ra­tura com­pa­rata, è una firma che com­pare spesso sui gior­nali al di là della Manica. Ogni suo arti­colo sca­tena pole­mi­che a non finire. L’ultima, in ter­mini di viru­lenza, lo ha visto incro­ciare la penna con Mar­tin Amis sull’«occidentalismo», cioè sulla riven­di­cata, da parte dello scrit­tore inglese, supe­rio­rità dei sistemi poli­tici occi­den­tali — garanti dei diritti civili indi­vi­duali — rispetto a quelli dei paesi terzi. In quell’occasione Eagle­ton non esitò ad accu­sare Amis, da sem­pre vicino al «New Labour» di Tony Blair, di raz­zi­smo. Scoc­ca­rono scin­tille e la pole­mica dilagò per mesi sulla stampa inglese. Ma que­sta atti­tu­dine alla pole­mica è com­ple­men­tare alla sua capa­cità di scri­vere saggi cri­tici sulla sto­ria della let­te­ra­tura inglese, sulla filo­so­fia nove­cen­te­sca e sul mar­xi­smo. In Ita­lia, sono stati tra­dotti Figure del dis­senso, Ideo­lo­gia, Il senso della vita e L’idea di cul­tura e un suo inter­vento cri­tico sul noto libro di Jac­ques Der­rida Spet­tri di Marx.



Una sco­perta sospetta

Quasi a ripren­dere il filo rosso di quel testo, Eagle­ton ha man­dato in libre­ria un pam­phlet dal titolo Why Marx Was Right, final­mente tra­dotto da Armando con il titolo Per­ché Marx aveva ragione (pp. 239, euro 19). L’anno della pub­bli­ca­zione del volume è il 2011 e l’autore inter­ve­niva nel pieno di di una ria­bi­li­ta­zione dell’opera dell’autore del Capi­tale che perio­di­ca­mente occupa il cen­tro della scena nella discus­sione pub­blica. Sono infatti anni che rivi­ste, gior­nali quo­ti­diani, intel­let­tuali con­ser­va­tori non fanno che elo­giare la cri­tica al capi­ta­li­smo di Marx alla luce della crisi che dal 2007 ha messo in ginoc­chio Stati Uniti e Europa.
L’opera mar­xiana è così ria­bi­li­tata, nono­stante il fal­li­mento del socia­li­smo reale, per la sua capa­cità di pre­ve­dere le crisi, men­tre Marx è ele­vato al rango di uno stu­dioso che tutti i capi­ta­li­sti dovreb­bero leg­gere per evi­tare di riper­cor­rere gli errori che hanno por­tato all’attuale crisi. È con­tro que­sta ria­bi­li­ta­zione che Eagle­ton si sca­glia, per sot­trarre Marx a una vul­gata che neu­tra­lizza la sua cri­tica dell’economia politica.
Pren­dendo a modello un famoso testo dedi­cato a Feuer­bach, il libro è costruito par­tendo da dieci «tesi» dif­fuse negli ambienti con­ser­va­tori per con­fu­tarle. Al micro­sco­pio sono pas­sati tutti i luo­ghi comuni che cir­co­lano attorno a Marx: il deter­mi­ni­smo eco­no­mico; l’egualitarismo nemico della «vera» natura umana; una filo­so­fia della sto­ria che con­si­dera come ine­vi­ta­bile il socia­li­smo; l’inevitabile fine del mar­xi­smo per­ché lo svi­luppo capi­ta­li­stico ha dis­solto come neve al sole la classe ope­raia; la ten­denza dei par­titi che si rifanno a Marx a edi­fi­care società tiran­ni­che; la nefa­sta uto­pia di una società di liberi e eguali; la ten­denza a ridurre la realtà all’economia; il gretto mate­ria­li­smo che can­cella la spi­ri­tua­lità; la spie­ga­zione del dive­nire delle società a par­tire dalla lotta di classe; l’apologia della vio­lenza come leva­trice della sto­ria; la sta­to­la­tria dei mar­xi­sti; l’indifferenza dei mar­xi­sti per i nuovi movi­menti sociali.
Eagle­ton ha gioco facile per ribat­tere punto su punto. Per fare que­sto, mette tra paren­tesi il mar­xi­smo con­so­li­dato, evi­den­ziando invece la pro­ble­ma­ti­cità che carat­te­rizza i testi del filo­sofo di Tre­viri. E tut­ta­via la sua è un’arringa difen­siva che non fa che con­fer­mare pro­prio quel mar­xi­smo con­so­li­dato dal quale invita a pren­dere con­gedo. Sia ben chiaro, gli scritti di Marx sono attra­ver­sati da un’attitudine anti­dog­ma­tica che lo ha por­tato a «cor­reg­gere» alcune tesi ini­ziali, nella pro­spet­tiva di dare fon­da­mento scien­ti­fico alla sua cri­tica dell’economia poli­tica. Asse­gnare alla lotta di classe la cen­tra­lità che merita non ha, infatti, mai signi­fi­cato per Marx che altri «fat­tori» non svol­gano un ruolo fon­da­men­tale nello svi­luppo individuale.
Quel che ha sem­pre tenuto a sot­to­li­neare è che la divi­sione in classe della società e la con­danna a vivere nel «regno della neces­sità» eser­ci­tano un evi­dente con­di­zio­na­mento nella vita dei sin­goli. Sta forse in que­sto lo sve­la­mento della frase «è l’essere sociale a deter­mi­nare la sua coscienza». Niente deter­mi­ni­smo, dun­que, ma un’indicazione di ricerca sui molti sen­tieri aperti da un’«opera aperta», a par­tire dal nodo ine­rente la for­ma­zione delle sog­get­ti­vità col­let­tive e di come la pro­du­zione cul­tu­rale, nella sua auto­no­mia, svolga un ruolo nel vivere in società. E nel defi­nire le gerar­chie sociali. Dun­que nes­sun deter­mi­ni­smo eco­no­mico. Tutto ciò per dire che il pro­blema non è tanto la difesa dell’opera mar­xiana, bensì la defi­ni­zione di un pro­getto di ricerca e di ela­bo­ra­zione che, par­tendo pro­prio dai nodi pro­ble­ma­tici, si ponga l’obiettivo di col­mare lacune, apo­rie, contraddizioni.

Un gioco interpretativo

Le argo­men­ta­zioni di Eagle­ton in difesa di Marx per­dono forza nella sovrap­po­si­zione che egli com­pie tra la sua opera e il mar­xi­smo reale, cioè quell’articolata biblio­teca di inter­pre­ta­zioni che per tutto il Nove­cento ha riem­pito scaf­fali di saggi e libri. Sol­tanto che il mar­xi­smo non è un ordine del discorso uni­ta­rio, ma è segnato da let­ture e inter­pre­ta­zioni dif­fe­renti, spesso con­flig­genti l’una con l’altra. In altri ter­mini, Eagle­ton com­pie un cor­to­cir­cuito tra la sto­ria poli­tica del mar­xi­smo e l’opera di Marx. Ope­ra­zione legit­tima, sia chiaro, ma solo se espli­ci­tata fino in fondo, ele­mento che è invece assente in que­sto pamphlet.
Il libro di Eagle­ton si pro­pone però di sot­trarre Marx a una let­tura «paci­fi­cata», memore di quella undi­ce­sima tesi su Feuer­bach che invi­tava a cam­biare il mondo dopo averlo inter­pre­tato. Per lo stu­dioso inglese, infatti, Marx è soprat­tutto un mili­tante. La sua prassi teo­rica è stata sem­pre fina­liz­zata a «abo­lire lo stato di cose pre­senti». Resta però da for­nire una rispo­sta alla domanda: per­ché il pen­siero domi­nante lo ria­bi­lita? Per­ché lo ha ridotto a una spe­cie di pro­feta o, tutt’al più, a un bril­lante pen­sa­tore da usare più o meno come si può usare un qual­siasi altro stu­dioso della società. È que­sta neu­tra­liz­za­zione della por­tata «poli­tica» l’oggetto pole­mico dello stu­dioso irlan­dese. Più che pren­der­sela con i con­ser­va­tori, sotto trac­cia, gli spet­tri da com­bat­tere sono le tesi di intel­let­tuali come Jac­ques Der­rida lad­dove invi­ta­vano a stu­diare Marx, lascian­done da parte la dimen­sione «poli­tica»; oppure l’opinion maker Jac­ques Attali, che ha scritto una bio­gra­fia del filo­sofo di Tre­viri descritto come un pro­met­tente sto­rico dell’economia. Oppure a quella ridu­zione di Marx a clas­sico della filo­so­fia, con i suoi testi alli­neati in un ipo­te­tico scaf­fale che segue quello di Hegel. Insomma, un filo­sofo da con­se­gnare alla sto­ria e nulla più. Il libro di Eagle­ton è un anti­doto a tutto ciò. È que­sto il suo più grande merito.

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