Non ho conosciuto davvero Franco Calamida, l’ho solo incontrato – credo a casa di Piero Basso e attraverso l’Associazione Costituzione Beni Comuni. E non ho mai dedicato una lettera d’addio se non a persone che avevo nella vita almeno per qualche aspetto conosciuto bene. Ma il ricordo che ne ha pubblicato il Manifesto del 16 giugno scorso, a firma dei principali esponenti di questa Associazione, non è solo toccante. Almeno in me, ha smosso strati e strati di questioni dolenti, le risposte alle quali molti di noi da molto tempo vanno cercando, senza (che io sappia) trovare risposte vere, risposte profonde se non definitive. Già: uno degli ultimi «rivoluzionari di professione» … «la parola aveva un senso nobile allora, e non evocava violenza, ma il coraggio di rischiare, di pensare di cambiare il mondo e misurare le proprie idee tra le persone con cui lavoravi o studiavi».