martedì 23 agosto 2016

LA SINISTRA E GLI ALBERI GENEALOGICI. C. CUCCINIELLO, Figli di..., L'ESPRESSO, 22 agosto 2016

Da molti anni, trovo ridicola la reverenza del contro sinistra italiano verso uno sparuto gruppo di famiglie ritenute portatrici sane del gene dell'ortodossia sinistroide. Cognomi, famiglie, alberi genealogici che - per un motivo o l'altro - vengono ritenuti i capisaldi dell'aristocrazia della sinistra italiana, perché alla loro origine ci sono personaggi che - mi ripeto - per un motivo o l'altro hanno contribuito alla storia stessa della sinistra italiana: partigiani, intellettuali, giornalisti, scrittori, membri delle Camere durante le prime legislature repubblicane.


Perché trovo ridicola la reverenza, perfino il sussiego, con i quali - tutt'oggi - vengono trattati i discendenti, gli eredi di cotanti pedigree? Beh, perché la sinistra in Europa nasce come un anelito all'eguaglianza - sociale, civile. Nasce come il superamento dei privilegi delle elite, che in altri secoli hanno coinciso con i privilegi di nascita: noi sappiamo che la nostra società, quella occidentale, ha vissuto secoli in cui nascere nobile o nascere figlio di contadino, servo della gleba, comportava un bel po' di differenze nel successivo svolgimento della propria esistenza. Sappiamo che, in altre epoche, nascere nobile - e benestante - significava poter accedere all'istruzione, alla cultura, alla possibilità di viaggiare ed ai diritti politici. Ma la sinistra nasce proprio dal bisogno, dal desiderio, dalla speranza di consentire a chiunque l'accesso ai diritti fondamentali della persona. Nasce come un atto rivoluzionario: dal riconoscimento che siamo eguali e che non importa il cognome che portiamo, la famiglia dalla quale proveniamo, il censo della nostra cerchia familiare. E questo spiega la profonda ridicolaggine - oggi, nel 2016, nel XXI secolo - del riverire totem, del provare reverenza verso l'aristocrazia che ha preso il posto di quella di origine feudale, nel pantheon dei riferimenti culturali della sinistra italiana. Abbattuti i troni, spodestati re, principi e principesse, la sinistra italiana ha ancora bisogno dei suoi aristocratici, probabilmente perché orfana di figure carismatiche contemporanee.
Non mi provoca stupore vedere i vari fronti del Partito Democratico rincorrersi nella gara a chi ha in squadra il "figlio di" più famoso, nella battaglia referendaria. Posso soltanto ridere dei renziani che si appuntano sul petto la medaglia dell'endorsement della figlia di Palmiro Togliatti e dei componenti della minoranza del partito che cercano una papessa straniera nei molti rami della discendenza Berlinguer. Posso riderne perché io - che, se scorro il mio albero genealogico, posso vantare di discendere da Costanza di Chiaromonte, che da regina di Napoli si ritrovò dapprima a dover lavorare, perché ripudiata, e poi sposa, come nella migliore delle favole, di un vero principe azzurro - dicevo, io oggi, grazie alle rivoluzioni dei secoli scorsi, posso vantare di essere eguale fra gli eguali, cittadina di una repubblica democratica, parlamentare. Posso vantare di non aver privilegi di nascita e di essere elettore di uno schieramento che - in barba alla logica, al raziocinio, alla sua stessa origine e natura - ancora osanna chi, per banale casualità, porta un cognome particolare.
Ma voglio trarre qualcosa di utile da questa ridicolaggine. Pertanto, ecco un breve elenco ragionato di quali "figli di" dovrebbe, a mio parere, occuparsi il centro sinistra oggi:
- questo settimanale ha appena pubblicato un'inchiesta di Fabrizio Gatti, con foto di Massimo Sestini, che racconta la quotidiana tragedia del vivere in una bidonville che sorge in Puglia, ai margini di Rignano Garganico; laggiù, fra i migranti africani, fra gli ultimi degli ultimi, probabilmente c'è - o ci sarà - il futuro del nostro continente, una scintilla di speranza, un animo, un intelletto che i dirigenti del nostro centro sinistra non conoscono, perché non è a Rignano che vanno a fare scouting, non è a Rignano che vanno in cerca dei talenti che possano migliorare le sorti - politiche, economiche, sociali - del nostro paese. La nostra sinistra affoga, strozzata da un sistema di cooptazione che si autoperpetua e che muore, giorno per giorno, per lenta corruzione del suo stesso sangue. Proprio come le famiglie aristocratiche dei secoli scorsi: fu il feroce in-breeding la causa delle tare genetiche che dissanguarono le case regnanti del nostro continente. E, intanto, a Rignano, i giovani e forti colgono pomodori per noi, colpevoli di noncuranza e di mancata lungimiranza: stiamo sprecando vite e possibilità di crescita.
- nelle ultime ore, i social network si sono riempiti di foto dello Zar, il soprannome di Ivan Zaytsev, pallavolista russo naturalizzato italiano, campione olimpico, medaglia d'argento con l'ItalVolley a Rio 2016. Il nostro paese ha portato a casa un argento grazie (anche) ad un ragazzo proveniente dalla Russia. Forse è ora di occuparci di questi "figli di": figli dell'Europa, ma non solo, che nascono e vivono nel nostro paese, che rappresentano il nostro futuro, che ci aiutano oggi a vincere medaglie olimpiche e domani la sfida della crescita economica. A chi nasce in Italia, qualunque sia il suo cognome, è ormai ora che vada dato il diritto ad essere cittadino italiano. Mi ripeto: ancora una volta, stiamo sprecando vite e risorse, per noncuranza.
- per quanto io ritenga un enorme passo avanti l'introduzione delle unioni civili per le coppie omosessuali, nel nostro paese, non posso non provare dispiacere per la mancata estensione del diritto alla stepchild adoption alle coppie omosessuali. Non lasciamo passare altri 30 anni, prima di veder riconosciuto questo diritto alle famiglie arcobaleno: non è accettabile, non più, che il nostro paese veda crescere figli di serie A e di serie B, che una democrazia che aspira ad un ruolo guida nell'EU ancora discrimini in base all'orientamento sessuale della famiglia di origine. Verranno giorni in cui guarderemo con orrore a queste discriminazioni: facciamo sì che arrivino quanto prima.
- il centrosinistra italiano proviene da una non eccelsa performance all'ultima tornata di elezioni amministrative: Roma, Torino, Napoli sono sconfitte ancora brucianti. È dai margini di queste metropoli che, a ben guardare, provengono i talenti che ci hanno fatto sognare durante le recenti Olimpiadi, o anche durante le precedenti edizioni. Storie come quella di Pino Maddaloni e della sua palestra a Scampia, o anche come quella del giovanissimo Fabio Basile - nipote di emigranti meridionali, proveniente da una modesta famiglia dell'hinterland torinese - o la tenacia del portabandiera Daniele Lupo, che si allenava sulle spiagge di Fregene (una prece per Capalbio...), ci dicono che dalle periferie e dalle province arrivano i migliori risultati. Per cui - io, indomita ottimista, romantica fino al midollo - sarei felice se i dirigenti del Partito Democratico andassero in cerca del loro futuro segretario, o di endorsement al voto referendario, non nei soliti salotti, non sulle sdraio dell'Ultima Spiaggia, non in pallosissimi convegni e seminari, ma fra le strade sepolte dai rifiuti della Capitale, a Tor Bella, o anche a Ponticelli, a Scampia, allo Zen di Palermo. E non lo scrivo per banale buonismo, ma perché davvero credo che è ora di cambiare orizzonti, è ora di recuperare lo spirito rivoluzionario di cui sopra e dare una chance anche a chi - vivaddio! - non porta il peso di un pedigree altisonante.

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