Secondo Fukuyama, il marxismo sarebbe morto assai prima del 1989, in assenza della miseria del mondo sottosviluppato, fenomeno che ha consentito alla scuola dei teorici della dipendenza di prolungarne la vita, sia pure al prezzo di alcuni “tradimenti” nei confronti della versione “canonica” che i fondatori avevano consacrato fra fine Ottocento e primo Novecento. Il libro di Alessandro Visalli, Dipendenza, da poco approdato in libreria per i tipi dell’editore Meltemi, esordisce citando questa opinione dell’autore della Fine della storia. Sappiamo che poi la storia non è affatto finita, e che il filosofo nippoamericano è stato altrettanto imprudente nel recitare il de profundis per il marxismo, cui la crisi del sistema liberal liberista sta oggi concedendo più di una rivincita, ma questo non è l’unico, né il più significativo, argomento della corposa (400 pagine abbondanti) e documentatissima ricerca che Visalli ha condotto sulla scuola della teoria della dipendenza.