lunedì 4 dicembre 2023

POLITICHE SANITARIE. D. DE FELICE, No ai test d’ingresso a Medicina, liste d’attesa ridotte con unità territoriali: cambiamo la sanità, IL FATTO, 3.12.2023

 Ho appena scoperto che l’assessore alla Sanità della Regione Lombardia ha trovato la soluzione da gennaio prossimo alle liste di attesa: un premio in denaro alle strutture che le rispetteranno. Spendere, mai risparmiare è il motto. Sono stato invitato dal dott. Giovanni Sansò dell’Aldai (Associazione Lombarda Dirigenti Aziende Industriali) il 29 novembre: ho spiegato le mie prescrizioni per una sanità nuova, con idee anche sulle liste di attesa. Qui vi riporto un estratto di quanto detto, chi vorrà potrà vedere il video registrato sul loro sito.

Oggi in qualunque branca della Medicina, occorre prima conseguire la specializzazione. L’unico che può svolgere attività medica senza specialità è il medico di base che può sostituirla con un corso regionale di tre anni. Da tempo dico che la medicina di base potrebbe avere una facoltà autonoma, Medicina del Territorio, come da qualche anno avviene per l’Odontoiatria, completamente scissa da Medicina.


Cinque anni secchi. Non medici di serie B ma medici di primo approccio con la salute e la malattia del cittadino, a stretto contatto con gli specialisti per indirizzarli e coadiuvarli nel loro lavoro in modo tale da diventare un tutt’uno per il bene comune. Medici del territorio che operino 24 ore su 24, 7 giorni su 7, in modo turnistico in reparti di strutture pubbliche e private accreditate. Abbiamo sperimentato le carenze della medicina di base proprio negli ultimi anni: da un lato eroi e dall’altro spesso barricati dietro a segreterie invalicabili. La medicina di base non deve essere più utilizzata dallo Stato per controllare le prestazioni sanitarie magari prescritte dagli specialisti: la medicina di base non può più essere privata accreditata ma deve essere pubblica.

Credo inoltre che occorra rivedere i test di ingresso alla facoltà di Medicina, forse inutili – visto che la selezione è naturale – e a volte superflui, quest’anno esisteva un gruppo Telegram sul quale venivano “vendute” le risposte per 20 euro! Un po’ come i test dell’Educazione Continua in Medicina (ECM) che vengono copiati a fine congresso.

La sanità pubblica e privata accreditata

Nel 1992 la politica decise che era giunto il tempo di utilizzare il privato per ampliare la possibilità di cura per il cittadino. Così il SSN, che era ancora molto giovane, venne preso d’assalto da chi scoprì che la salute e la malattia poteva rientrare in un vero e proprio “commercio”. Io propongo unità operative di controllo per ogni specialità, costituite da un medico esperto, uno specializzando e un infermiere, che in modo casuale si recano nelle “aziende sanitarie” per controllare cosa e come sono stati eseguiti esami, visite, ricoveri e interventi. Possibile che durante l’ora più buia della pandemia strutture private accreditate in Lombardia abbiano eseguito interventi di cataratta privati, di nessuna emergenza clinica, e abbiano occupato spazi ed operatori sanitari utili a tutti?

Le liste di attesa

Da tempo le strutture hanno inventato un sistema intermedio di prestazione, che il cittadino intende come “accettabile”, che ha preso diversi termini: “solvente divisionale” o “tariffa smart”. In pratica se un cittadino chiede una visita oculistica con la mutua attende un anno; se la chiede nella stessa struttura a pagamento la ottiene in qualche ora; mentre se la vuole ad una tariffa agevolata, la ottiene in qualche giorno e spesso accetta perché la ritiene comunque vantaggiosa. Gli altri spesso affollano i Pronto Soccorso che sono pieni di codici non urgenti. Ovviamente queste tariffe basse fanno aumentare la lista di attesa di chi non può nemmeno spendere quelle e che comunque ha diritto ad avere una assistenza gratuita. Ma la cosa peggiore è che la Regione, che dovrebbe controllare il rispetto dei limiti, fa finta di niente perché se paga il cittadino, che se ha pagato le tasse ha diritto alla gratuità, la Regione risparmia quelle prestazioni e magari mantiene conti in ordine.

La mia proposta: le società specialistiche decidano quali sono i tempi massimi accettabili per visite, esami e interventi con il SSN. Le strutture pubbliche o private accreditate che li superano devono sospendere immediatamente qualunque attività privata fino a quando non si rientra nei tempi.

La farmacologia

La politica cura le persone o gli altissimi interessi delle case farmaceutiche? Non tutti sanno che esiste, dal 1832, un’azienda farmaceutica pubblica che produce solo per l’esercito. Io credo che potremmo sfruttarla almeno per i farmaci cronici, ad esempio antipertensivi e antidiabetici, non coperti da brevetto, e consegnarli direttamente al cittadino con un risparmio enorme di soldi e tempo. Inoltre l’Italia, insieme all’Inghilterra, è stata indicata per la sperimentazione della consegna a domicilio con droni: in alcune zone si potrebbe applicare la tecnologia avanzata per pacchi leggeri ma importanti.

L’emergenza in sanità

L’intrusione del privato in sanità trova livelli di degrado assoluto e anticostituzionale quando si tratta di emergenza sanitaria. Da qualche mese si parla di accessi ai Pronto Soccorso non più con codici verdi o rossi ma con codici di carte di credito che niente hanno a che fare con la salute dei cittadini. Una quota per superare la fila che potrebbe essere annullata, come ho detto, con medici del territorio che sfoltiscano la fila di persone che hanno bisogno spesso di un consiglio o di un conforto.

Ma l’assurdo sono le cifre che sono pubblicizzate sul sito di una nota casa di cura di Milano che accetterebbe persone traumatizzate nel breve nei giorni feriali per 385 euro e nei giorni festivi per 500 euro più ovviamente la cifra di eventuali indagini radiografiche da eseguire specificando che non si tratta di Pronto Soccorso! Infatti il servizio è attivo solo di giorno e forse selezionato al telefono. Nulla di male se le persone hanno la possibilità, il problema è che quella casa di cura è convenzionata con il SSN, ne sfrutta i numeri del convenzionamento facendo parte del gruppo privato convenzionato più grande. Insomma il cittadino ha difficoltà a parlare con il medico di famiglia, ha difficoltà a fare visite specialistiche, esami o interventi ed ora ha difficoltà a farsi curare in urgenza.

Proprio durante la pandemia ci sarebbe tornato utile un sistema da me sviluppato già dal 2013 per la gestione dei nostri dati sanitari. Si chiama History Health ed è un software azionabile con l’impronta digitale del cittadino. Raccoglie tutta la storia clinica in una nuvola come un armadio, pieno di cassetti. I farmaci prescritti, non occorre riscriverli e il sistema blocca periodicamente la consegna, speriamo in futuro a domicilio, a seconda della indicazione del medico per il necessario controllo. Qualunque esame o intervento chirurgico verrebbe segnalato. Qualunque fattura.

Il cittadino può visionare il suo diario della salute ma non può modificarlo, prerogativa questa solo degli operatori sanitari che dovranno anche essi autenticarsi tramite la propria impronta. Allarmi specifici per appuntamenti o per ricordare le medicine da assumere. Il sistema sarebbe visibile ovunque nel mondo dove esista un collegamento Internet, un computer o un qualunque smartphone dopo certificazione ministeriale dove i server dovrebbero trovare allocazione. Se anche il paziente dovesse arrivare al Pronto Soccorso incosciente basterebbe alzargli il dito per scoprire tutta la storia e sapere gli esami magari eseguiti recentemente.

Quanti ne avremmo salvati durante il periodo peggiore del Covid-19 arrivati soli e spesso inerti in ambulanza senza sapere assolutamente nulla della storia clinica e delle terapie in atto? Una domanda a cui non potremo mai dare una risposta.


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