giovedì 29 dicembre 2016

DEMOCRAZIA IN CRISI. G. TURANO, La pancia e il cervello della democrazia, L'ESPRESSO, dicembre 2016

Sulla democrazia abbondano editoriali e com­menti. La cronaca scarseggia. Alla fine, è solo questo che impedisce alle élite intellettuali di deci­ frare la cosiddetta "pancia del paese", orrenda espressione classista che divide l'organismo collet­tivo fra chi pensa e chi produce scarti.




Un ponte che collega corpo nobile e corpo vile della res pu­blica non sembra più essere "la diffusione del sapere e l'alfa­betizzazione delle masse", indicata dal pensatore-polemista francese Emmanud Todt come via maestra alla democrazia. Ma è mai stato così? La storia, che è un'inchiesta di crona­ca su fatti inattuali, non mostra tracce di questa correlazione. La più colossale alfabetizzazione di massa è stata condotta dopo il 1949 dagli uomini di Mao Tse Tung, ispirati dal la­voro condotto  qualche decennio prima nella Russia dei soviet.

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La democrazia? E' viva e lotta insieme a noi

"L’elettorato protesta contro l’establishment, non contro il metodo democratico. Siamo scontenti delle scelte immediate dei nostri governanti, delle loro politiche. Ma non vedo all’orizzonte forze che seriamente vorrebbero rovesciare il sistema democratico". Il controcanto di Bernard Manin


Lostesso vale per altri regimi diversamente democratici come l'Albania di Enver Hoxha o la Corea del Nord della dinastia Kim dove l'alfabetizzazione è al l00 per cento. In Africa, il continente dove si concentra  una parte altissima dei 781 milioni di analfabeti del globo (dati Unesco), spicca il 91 per cento di scolarizzati della Libia, un risultato ottenuto duran­te i 41 anni di dittatura di Muhammar Gheddafi. In Italia il regno sabaudo prima e il Regime fascista poi hanno più che dimezzato l'analfabetismo che, nel censimento  del 1861, raggiungeva punte dell'80 per cento fra la popolazione fem­ minile.

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Fin dalla Repubblica di Platone, testo di riferimento della dottrina oligarchica, l'apprendimento è un'arma a
doppio taglio.Eleva le masse ma concede al potente uno strumento di manipolazione formidabile attraverso la pro­ paganda. Un Libretto Rosso (o un Mein Kampf) ne ammor­ba uno per educarne cento.

Oggi nei paesi più avanzati la propaganda delle élite ai vertici della  democrazia ha fallito per eccesso di allarmismo. Ha minacciato catastrofi finanzia­rie se fosse stato detto Donald Trump o se avesse vinto il no al referendum costituzionale in Italia, ma è stata smaschera­ ta dalla PdP (pancia del paese) e ha perso capacità di leva. In mancanza di meglio, è stata rimpiazzata dall'alfabetizzazione per autodidatti garantita dal web. Anche su questo tema c'è già un dibattito corposo. I social network sono l'unica sal­vezza della democrazia o sono uno stadio in balia dei capi ultras? Da un lato,c'è la tendenza M5S, dove tutto passa da voti ed elezioni salvo le decisioni strategiche, affidate a un signore che ha trasferito il Campidoglio nella sua villa al mare a Genova e tiene il sindaco Virginia Raggi perché ha bisogno di qualcuno che gli prenda le telefonate. Dall'altro, c'è il compianto Umberto Eco, colonna dell'Espresso,che si è riferito ai social come a una fabbrica di scemenze rischian­do il linciaggio. In mezzo c'è la cronaca. E la cronaca dice che la democrazia è uno stato di grazia. Dura poco e richiede una manutenzione enorme.

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