venerdì 14 ottobre 2022

NUOVO GOVERNO EMME. ELEZIONE DEL PRESIDENTE DEL SENATO. P. SANSONETTI, Ignazio La Russa era fascista e fascista resta, IL RIFORMISTA, 14 ottobre 2022

 Ieri sono successe tre cose importanti. La prima è che Ignazio La Russa, uno degli ultimi esponenti del neofascismo italiano, è stato eletto presidente del Senato e dunque da oggi è la seconda autorità della repubblica dopo Mattarella.


La seconda è che Forza Italia, all’ultimo momento, non ha votato per La Russa, rompendo la maggioranza e facendogli mancare 16 voti che sarebbero stati decisivi, se a salvare La Russa non fosse intervenuta una pattuglietta di 18 sentori dell’opposizione, nessuno sa di quale partito. Sono i cosiddetti franchi tiratori che fecero la storia della prima repubblica, e che una decina d’anni fa chiusero la carriera politica di Romano Prodi che stava per salire al Quirinale. Stavolta erano franchi tiratori al rovescio: non per affossare ma per salvare.
La terza cosa importante, collegata alla seconda, è che improvvisamente si è scoperto che il centrodestra, che sembrava una gioiosa macchina da guerra (citazione un po’ a sproposito, ma forse mica tanto, di Achille Occhetto) in realtà è parecchio diviso.
Partiamo dal punto due e dal punto tre, che sono collegati. Che una solida alleanza elettorale come quella tra Meloni, Salvini e Berlusconi andasse in pezzi alla prima scadenza politica, anche piuttosto semplice, e cioè l’elezione dei presidenti delle Camere, non era francamente immaginabile. Fino a 48 ore fa l’idea prevalente era che Giorgia Meloni marciasse in autostrada. Poi all’improvviso qualcosa si è inceppato. Dove? Ufficialmente gli ostacoli sarebbero stati i nomi di Giorgetti (non tanto gradito a Salvini) e di Ronzulli (molto gradito a Berlusconi). La decisione di Meloni di mettere nel governo Giorgetti ed escludere Ronzulli ha effettivamente provocato molto malumore. Nella Lega e in Forza Italia. Fino al punto da spingere Berlusconi a mandare pubblicamente affanculo La Russa e poi rischiare di mandare a pezzi la maggioranza?
Difficile credere che un bisticcio sui nomi possa assumere queste proporzioni. L’impressione è che l’amalgama fra i tre partiti del centrodestra non ci sia. E se non c’è l’amalgama, e se all’orizzonte si profila la più grandiosa crisi economia del dopoguerra, non bastano gli accordi di potere a tenere su il castello. In condizioni normali anche una alleanza eterogenea può trovare il punto di incontro nel potere, cioè in una saggia suddivisione del potere. Ma se la crisi azzanna lo Stato e il popolo, allora il potere e il bilancino non bastano più. Berlusconi non è un corsaro. Conosce la mediazione, ha un senso fortissimo dello Stato. Lo ha sempre dimostrato. Se minaccia di far saltare il banco non è certo solo per il nome di Licia Ronzulli (contro la quale, peraltro, non si è capito bene perché si sia scatenato l’anatema della destra).

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