domenica 12 ottobre 2014

POLITICI POST- COMUNISTI. IL PENSIERO POLITICO DI PIERO FASSINO. B. LOPEZ, Fassino, da Togliatti alla rivoluzione renziana (saltando Berlinguer), IL FATTO, 11 ottobre 2014

“Se il Parlamento chiude sei mesi, forse nessuno se ne accorge”. L’intervista a Piero Fassino pubblicata dal Corriere della Sera è epocale, ma non nel senso voluto dall’intervistato, che si presenta tutto proiettato verso il futuro, pretendendo di aver capito la lezione del Millennio, a differenza di alcuni suoi ex-compagni di partito Pci-Pds-Ds-Pd che si “rifugiano nella nostalgia di quel che c’era prima”.


Esattamente all’opposto, l’ex -segretario Ds, ex-ministro, ora sindaco di Torino e presidente dell’Anci ripropone una maniera di fare politica, che ha già determinato disastri al paese e alla sua democrazia, vecchia come il cucco: il realismo politico, il calcolo, l’opportunismo e, si potrebbe dire, la viltà.
Insieme ad altri dirigenti dell’ex-Pci (ed anche dell’ex-Dc che ne hanno assimilata la lezione togliattiana, peraltro analoga, contraria e uguale a quella dorotea dal punto di vista del rapporto col potere per il potere), Fassino ha consentito al “peso leggero” Renzi di impadronirsi del partito attraverso la truffa delle primarie (il capo di un partito deciso da non iscritti al partito, contro il volere della maggioranza degli iscritti al partito), nella consapevolezza della propria impresentabilità o comunque della propria incapacità di acquisire il consenso necessario per conquistare o conservare il potere. E da allora era rimasto nell’ombra, a godere della postazione strategica conquistata e dei vantaggi acquisiti rispetto agli ex-compagni rivali di militanza togliattiana, a cominciare da D’Alema e Bersani.
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Ora esce dall’ombra e dal silenzio, cautamente conservato in questi mesi rispetto agli equilibri di partito – sarebbe interessante sapere se perché stanato da Aldo Cazzullo o su sua stessa sollecitazione – e prende…coraggiosamente posizione contro gli sconfitti. Ma soprattutto copre tutto ciò che sta facendo e disfacendo Renzi, teorizzando come un vecchio marpione eproiettandosi disinvoltamente nella democrazia del futuro.
Noi siamo cresciuti in una Repubblica parlamentare, con un governo subordinato al Parlamento, e i partiti a organizzare la rappresentanza. Tutto questo si sta consumando rapidamente“. Diciamo piuttosto che tutto questo è sottoposto agli attacchi del potere finanziario ed economico, e della sua manovalanza politica. E comunque, peccato che tutto questo resti il caposaldo della democrazia in tutto il mondo civilizzato.
Non c’è un secolo che abbia avuto la stessa forma di rappresentanza del secolo precedente. Il ‘900 ha conosciuto il suffragio universale, l’800 il voto di censo, il ‘700 l’ascesa delle borghesie nazionali, il ‘600 l’apice dell’assolutismo“.
E quindi? Dopo l’assolutismo, l’ascesa della borghesia, il voto di censo e il suffragio universale, il Fassino in maschera renziana non sa cosa verrà – e chi lo sa? – ma lo vuole senz’altro.
Nuove forme di presenza sul territorio e di coinvolgimento attivo dei cittadini. Puntare su forme di democrazia diretta come le primarie. Trasformare la rete e il web da strumento di stalking politico a strumento di partecipazione”. Maschera renziana e modi grillini. ”Io sono ben lieto di essermi formato in una grande partito che era anche una grande comunità di vita. Ma quel partito era figlio del ‘900 e del fordismo“.
Dài, mascherina! Il Pci era figlio anche dell’Unione Sovietica, di Stalin e del togliattismo. E quello che si legge nell’intervista, sono le parole che avrebbe pronunciato l’astuto Togliatti a Salerno, se si fosse trovato di fronte al renzismo trionfante di ritorno da Mosca.
In un partito ognuno deve avere il diritto di dire la propria opinione e di farla valere in tutte le sedi. Poi, una volta presa una decisione comune, si applica il principio democratico di maggioranza“. Il centralismo democratico? Peccato che a Fassino – e si capisce perché – sfugga la… leggerissima differenza che passa tra la disciplina di partito e gli obblighi costituzionali, morali ed etici del singolo parlamentare, la cui autonomia e dignità non sono nella titolarità di un partito, di un leader, Renzi o Togliatti o Fassino che sia, e nemmeno del diretto interessato, ma sono patrimonio pubblico. E invece, per il pragmatico Fassino, un parlamentare che dissenta può dire con chiarezza: “Io voto per rispetto della maggioranza, pur non essendo d’accordo“. E non ritiene questa la maniera più diretta per consentire prepotenze di maggioranza, lesioni costituzionali e di peggio, ma “questa è la forma più pulita“.
E che si fa se i nemici della democrazia (ci sono, Fassino, ci sono: sono quelli che vogliono farsi indisturbati i propri interessi sulla pelle dei più) vogliono indebolire sino ad annullare, nella sostanza,il ruolo della politica e del Parlamento, assumendo essi stessi il potere decisionale e affidandone il livello operativo a ubbidienti, veloci e sbrigative istituzioni? “Nel tempo reale, in cui tutto quel che accade è subito noto sul telefonino o sul web, il tempo differito della decisione politica è troppo lento“. E allora Fassino? “Anche la legge più giusta sembra arrivare sempre troppo tardi. Ha fatto bene Renzi ad affrontare il nodo del bicameralismo, che poi significava almeno tre passaggi per ogni legge. Avere una sola Camera che legifera significa ridurre i tempi a un terzo e avere leggi tempestive“.
Ridurre i tempi ad un terzo e avere leggi tempestive. Ma per chi? Per cosa? Chi decide i tempi? E soprattutto chi decide le cose? E come si decidono? La verità è che le istituzioni si sono indebolite, sono state indebolite, le stanno indebolendo proprio per poterne fare a meno. Come il terrorismo negli anni Settanta: costringeva con gli attentati lo Stato a blindarsi e poi gridava alla democrazia blindata da “liberare” con la Rivoluzione.
Certo, ora tutto cambia, “viviamo l’epoca in cui un movimento arriva al 25% dei voti senza una sezione, senza una tessera, senza un segretario“, ma chi lo ha determinato? Vogliamo parlare di chi è rimasto legato alla lezione togliattiana e ha poi ammirato invidiandolo il “modernismo” craxiano”, saltando a pie’ pari, con fastidio, la conversione laico-liberale e occidentalista dell’ultimo Berlinguer? Vogliamo parlare delle forzature maggioritarie degli ex-comunisti (anche in combutta con Berlusconi)? Vogliamo parlare dell’errore di calcolo che gli stessi stanno facendo, nella convinzione di poter continuare a lucrare potere con la “rivoluzione renziana”?
Infine, cosa pensa Fassino del patto del Nazareno? ”Che le regole si scrivono insieme, altrimenti è la fine della democrazia“. Insieme a chi, Fassino? Insieme solo e sempre a chi?
Il patto non nasconde altro? Io sto a quel che viene detto“. Ah, non bisognerebbe stare invece a quello che viene fatto? Vecchio marpione. 

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