martedì 7 ottobre 2014

LA SCUOLA SECONDO CONFINDUSTRIA. DE GREGORIO A., Più arte a scuola? Confindustria dice no: «Si punti sull’inglese», CORRIERE DELLA SERA, 7 ottobre 2014

Non basta una materia insegnata in inglese, da prof non adeguatamente preparati: gli industriali alzano e il tiro e chiedono al governo di diffondere nella scuola l’insegnamento in inglese delle discipline curricolari. «Altrimenti studenti con percorsi di studio pur brillanti non troveranno lavoro neanche nella più piccola delle aziende italiane che lavorano con l’estero», ha dettoIvan Lo Bello, vice presidente per l’Education di Confindustria, intervenendo alla giornata organizzata alla Luiss, a Roma, per presentare il «documento di proposte per la scuola, l’università e la formazione professionale» che l’associazione ha messo a punto con una «capillare consultazione sui territori di imprenditori, insegnanti, capi di istituto, formatori, genitori e studenti». 


È insofferente Confindustria a certe previsioni contenute ne «La buona Scuola», come quella di innovare la didattica puntando su musica, sport, e arte. La strada giusta va in direzione opposta: ridurre le materie e puntare sulle competenze trasversali. E tanto inglese. Tanta informatica. «Da noi prevale il sapere sul saper fare», ha detto Attilio Oliva, del Board Education dell’Ocse. Mentre gli errori nell’impiego delle risorse («che sono inferiori alla media europea solo per l’università, non per la scuola», afferma) ci inchiodano a un livello che è tra i più bassi d’Europa. Governance ipercentralizzata, mancanza di un vero sistema di valutazione, piani di studio molto estesi ma senza nessuna opzionalità o standard minimi da raggiungere, creano quelle barriere che rendono irraggiungibili i «primi della classe»: Olanda, Finlandia e Regno Unito; ma anche le retrovie: Germania e Spagna.
Istruzione al centro
Le «100 proposte per la crescita», sono il corposo messaggio che Confindustria invia al governo, commentando, integrando, criticando il «libro rosso» che il premier Renzi ha posto alla base della riforma della scuola italiana. E se cento proposte sembrano tante, gli industriali le hanno riassunte in quattro nodi fondamentali: innovazione, alternanza scuola-lavoro, valutazione e merito. Con un punto focale: l’istruzione va messa al centro del dibattito: «Non solo formazione, università, scuola ma anche sviluppo industriale, crescita, innovazione. In una parola: futuro», ha detto Lo Bello, invocando una «scossa educativa per rilanciare la scuola».
Disoccupazione dai nodi della scuola
«O si investe in formazione - avverte Lo Bello - o non riusciremo a restare competitivi. Ma per investire in formazione occorre un forte consenso sociale e una solida alleanza tra coloro che hanno a cuore il futuro dei giovani, il merito, la cultura e la competitività». Da qui la necessità di un Piano nazionale che presenti a studenti e famiglie lo stretto collegamento che esiste fra scuola e sviluppo economico. E la volontà di far interagire istituzioni, mondo della scuola e del lavoro per rafforzare la collaborazione tra sistema educativo ed imprese, con lo scopo di provare a combattere la disoccupazione giovanile: «Il 40% della disoccupazione giovanile dipende dal mancato collegamento tra scuola e lavoro e dal basso orientamento scolastico», ha detto Lo Bello. «L’Italia ha perso il 25% di produzione industriale e il 10% di laureati in pochi anni», è il grido d’allarme di Confindustria. Che scende in campo perché il Paese non spenga i motori.
Le proposte
Tra le proposte degli industriali, figura la riduzione di un anno del curriculum scolastico: da 13 a 12. La richiesta di porre termine all’iper-centralismo del Miur e un’effettiva autonomia delle scuole - didattica, organizzativa, finanziaria - con la possibilità per i presidi di assumere per concorso e per chiamata diretta premiando il merito. L’abolizione delle graduatorie per anzianità.
Sul fronte «valutazione e merito» gli industriali chiedono di rimodulare le retribuzioni dei docenti in base a orari, servizio, funzioni, conseguimento di obiettivi specifici; di riformare la modalità di reclutamento dei dirigenti scolastici; di dare vita a un rigoroso Sistema Nazionale di Valutazione, potenziare l’Invalsi.
Sta molto a cuore agli imprenditori l’introduzione dell’alternanza scuola-lavoro a tutti i livelli, «da rendere obbligatoria negli ultimi 3 anni degli istituti tecnici». Ma anche la semplificazione dell’apprendistato. L’aumento del monte ore dedicato alla formazione «on the job». E la previsione di incentivi per l’imprenditore che investe in formazione.
Nel merito della didattica, nuove tecnologie e laboratori attrezzati, corsi in inglese all’università (almeno per il 25 per cento di quelli tecnico scientifici). E la previsione, per gli stranieri che si laureano in Italia, di un elenco anagrafico che consenta loro di restare nel Paese. E ancora: l’abolizione del valore legale del titolo di studio; premi agli atenei eccellenti per didattica e ricerca, aumentando la quota premiale sul Fondo di Finanziamento Ordinario.
Uno su cinque «abbandona»
Per «aiutare il Governo ed il Parlamento» nello «sforzo» per «smuovere il nostro sistema educativo, oltre alle «leve di cambiamento», via dell’Astronomia riassume anche i mali del sistema: l’elevato tasso di abbandono scolastico (20%), specialmente al Sud (25-28%), la poca fiducia dei giovani nell’università (calo immatricolazioni); i pesanti ritardi nella digitalizzazione e nella didattica laboratoriale; l’età media degli insegnanti più alta d’Europa; l’autonomia scolastica rimasta su carta; il bilancio del ministero «con elevata percentuale di spese correnti (stipendi) che non lascia spazio a investimenti in didattica e ricerca; la libertà di scelta educativa non garantita. E ancora, denunciano, «la formazione professionale è una seconda gamba gracile; sugli ITS, che hanno mostrato di funzionare, si investe ancora poco».
«Coraggio»
Bene, secondo Confindustria, l’aver introdotto i concetti di merito e di valutazione. Nuove regole per premiare gli insegnanti. L’attenzione all’edilizia scolastica. «L’attuale governo sta dimostrando coraggio e non possiamo che collaborare con chi vuole affrontare uno dei mail endemici della nostra scuola cioè l’egualitarismo cieco che non premia il merito». «Non sarà facile una riforma del genere - ha aggiunto Lo Bello -: in passato sono stati fatti dei tentativi che sono costati anche cari per chi li ha proposti, ma l’alleanza tra corporativismo e burocrazia è stata impossibile da scardinare».
Proposte «in linea»
Nelle cento proposte di Confindustria, il ministro Stefania Giannini - intervenuta all’incontro - ha trovato «alcune parole chiave e temi che sono anche la linea guida del rapporto “la buona scuola” presentato dal governo». Il ministro ha sottolineato di apprezzare «una proposta autonoma» che «arricchisce» il progetto del Governo. Sintonia sulle priorità: «I temi che ci stanno a cuore sono merito, valutazione, competenze», dice anche il ministro. Secondo il ministro «la “Buona scuola” sta alimentando un grande dibattito e questo significa che l’Italia ha voglia di rimettere al centro dell’azione la scuola».
Riforma urgente
«Oggi per noi è il primo giorno per la scuola. Ogni anno dedicheremo una giornata in più a discutere tutti insieme di scuola, università e formazione», ha detto chiudendo l’appuntamento romano il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi. E ha aggiunto: «La questione dell’education ha una valenza di assoluta e urgente importanza per la modernizzazione strutturale del Paese e per le sue possibilità di riprendere a crescere in modo virtuoso». Confindustria ha promosso il percorso avviato dal governo: «Mi pare evidente che il Governo attribuisca, finalmente, grande rilevanza a un cambiamento radicale dell’istituzione educativa italiana. Questo è un bene - dice Squinzi - e siamo i primi a salutare con favore che questa necessità sia stata avvertita ai massimi livelli istituzionali».

Nessun commento:

Posta un commento