martedì 23 dicembre 2014

POLITICHE DELLA SCUOLA. L. CLASSICO NORCIA,Caro Umberto Eco, noi studenti del classico sulla chiusura del liceo la pensiamo così, L'ESPRESSO, 23 dicembre 2014


I ragazzi del II Liceo dell'I.I.S. R.Battaglia di Norcia riaccendono con le loro considerazioni il dibattito aperto qualche giorno fa da Umberto Eco. E si rivolgono direttamente a lui per riflessioni acute in difesa del corso scolastico



UNA PALESTRA PER LA MENTE

Egregio Professor Eco,
Credo che licei quali Classico e Scientifico siano delle vere e proprie "palestre" per la mente. Corsi di studio come questi inducono lo studente ad ampliare le proprie conoscenze e quindi a diminuire il rischio di poter essere ingannato nella vita. Egli viene educato al sacrificio, all' organizzazione, alla responsabilità e all'impegno. Vorrei spezzare una lancia a favore del Liceo Classico "accusato" di non insegnare materie utili per la vita di tutti i giorni; basti pensare allo studio del latino e del greco, lingue definite "morte" e irrilevanti; io invece sono dell'idea che quest'ultime aiutino gli studenti a sviluppare le proprie capacità mnemoniche, logiche e di ragionamento. Gli studi umanistici sono tanto importanti quanto quelli scientifici perché, se i primi infondono dignità alla persona, i secondi la preparano a livello pratico. Per concludere,la proposta della chiusura di una scuola come il Liceo Classico è inammissibile, in quanto prepara gli studenti ad essere pronti ad indirizzarsi verso un qualsiasi tipo di studio universitario.
Francesca E.

OLTRE LE APPARENZE

In molti si chiedono il motivo per il quale molta gente decide di recarsi al Festival della filosofia a Modena o al Festival della letteratura a Mantova. Appare così difficile trovare una risposta ma, in realtà, è più facile di quello che sembra: le persone si stufano di sentire sempre le stesse cose, di sapere ogni minimo particolare della vita dei vip. Hanno bisogno di qualcosa di vero, di autentico... Qualcosa che rimanga loro dentro. E' per questo che preferiscono andare a delle conferenze che sembrano noiosissime, vogliono stare "insieme", vogliono condividere ciò che pensano... vogliono vedere filosofi in carne e ossa. Anche se non hanno mai frequentato il Liceo Classico né studiato filosofia, per loro non fa differenza perché, essendo degli esseri umani, desiderano avere un qualcosa che li differenzi da tutto il resto e la possibilità di confrontarsi e di scambiare idee tra di loro, cosa che non potrebbe accadere se si vedesse sempre la televisione o si leggesse le riviste di gossip.
"Chiudiamo il Liceo Classico?" è la tipica domanda che tutti si pongono. Ormai ci troviamo in un'epoca in cui i giovani sono più propensi ad intreprendere un percorso di studi caratterizzato da materie scientifiche. Infatti ritengono che le materie umanistiche non costituiscano un valido aiuto nella vita di oggi, dove prevale l'importanza del lavoro tecnico-pratico. Ma, attraverso lo studio delle discipline letterarie, siamo in grado di vedere la realtà che ci circonda sotto una luce diversa, perché non ci soffermiamo solamente sull'apparenza delle cose, ma cerchiamo anche di capire il messaggio che ci vogliono trasmettere. Siamo giunti a pensare che il Liceo Classico sia una scuola inutile, inadatta a formare ragazzi in grado di affermarsi in campo lavorativo, ma non è così: un ragazzo che studia in questo tipo di scuola è più propenso al sacrificio, all'impegno e alla perseveranza. Perciò non bisogna essere così prevenuti nei confronti del Liceo Classico.
Marta V.

PRIMO: IMMAGINARE

Per quanto mi riguarda, io ho sempre pensato che la grandezza dell'uomo non stia solo nell'altezza dei grattacieli che costruisce, cioè non solo nella pratica e nella tecnica.
Anche le api e le formiche si costruiscono i loro palazzi, che non hanno niente da invidiare ai nostri, se si considera il punto di vista di esserini infinitamente più piccoli di noi e senza mezzi come i nostri.
Secondo me la grandezza dell'essere umano sta nel fatto che pensa. Pensa e immagina, e, come lei sostiene, è da questo che nascono tutte le nostre grandi opere. Un artista se una figura non la immagina non può cavarla fuori da un blocco di marmo o da quattro colori in polvere. Così gli architetti, così gli scienziati.
Se non ci fosse stato qualcuno capace di “immaginare” gli atomi, la nostra scienza non sarebbe andata avanti. Se Aristotele non avesse immaginato la struttura dell'universo, a nessun Galileo sarebbe venuta voglia di osservarlo. Il classico insegna la capacità di astrazione, attraverso lo studio di usanze, lingue, biografie di personaggi che non ci sono più, attraverso le idee del passato. Tra le tante critiche che vengono mosse a questo indirizzo di studi c'è la classica: “Ma perché vi spaccate la schiena sulle versioni di greco e latino, che tanto sono lingue morte, non le parla più nessuno?” oppure: “A che pro studiare tutti quei morti? Il mondo mica va più come ai tempi di Cicerone!” Che poi, da un certo punto di vista, hanno anche ragione... solo che se un liceale si trova davanti una qualsiasi parola del linguaggio medico, che deriva praticamente tutto dal greco antico, probabilmente capisce che significa, o almeno a che si riferisce, pur non avendola mai sentita prima, un altro no. Qualcuno che ha studiato la storia è in grado di interpretare la realtà attuale, gli altri possono solo accettarla passivamente.
Insomma, a mio parere il classico non si può e non si deve chiudere, perché se si avessero solo menti matematiche, perderemmo quasi sicuramente una buona fetta della nostra umanità, trasformandoci in pseudo automi, e non sono nemmeno sicura che il progresso sarebbe maggiore, in ogni ambito, perché non si può mai ignorare quel che è stato. Dal passato s'impara, pur senza smettere di guardare al futuro.

Negli ultimi anni pare proprio che il mondo sia nelle mani dell'inutile, e per inutile intendo tutto quello che va dalle riviste di gossip ai reality show, passando per la "selfie-mania" e i cinepanettoni. Tutti questi elementi che governano la società odierna sono accomunati, a mio parere, dalla totale assenza di un qualsivoglia valore costruttivo. Ora, come lei scrive, se l'ottanta percento della popolazione si fa bastare le chiacchiere di Barbara D'Urso (tanto per portare un esempio), il restante venti percento non si accontenta. Ed ecco che si affollano i festival culturali. Certo, un conto è sentire la D'Urso che sparla di qualche matrimonio o qualche nascita VIP, un conto è sentire Baricco che legge l'Iliade. Dopo che uno si è sorbettato due ore di "Pomeriggio 5" o roba simile, l'unica cosa che ha guadagnato è un gran mal di testa; dopo che ha ascoltato anche un solo canto dell'Iliade di Baricco, invece, è tutta un'altra cosa.
La cultura lascia qualcosa a tutti, di questo sono convinta.
Che sia una mostra d'arte, un concerto o una conferenza filosofica. Nessuno ne è immune. Qualcosa ti rimane, anche se non vuoi. Magari solo una frase, un'immagine, una parola sconosciuta, ma di sicuro quando torni a casa hai qualcosa in più, se non altro quel senso d'importanza che nasce dall'aver partecipato.
Sì, perché la cultura, da sempre, non è di tutti, o almeno non viene percepita come tale. La cultura, guardiamo in faccia la realtà, è un qualcosa riservato a un'élite, anche se a mio parere uno dei grandi meriti della globalizzazione è proprio la maggior possibilità di circolazione di opere ed idee, che contribuisce ad aprire almeno un po' i cancelli della fortezza della cultura, a chiunque voglia entrarvi.
Fa dunque bene anche all'orgoglio sentirsi partecipi di una conferenza di un eminente filosofo o di un'altra qualsivoglia manifestazione culturale, anche se magari uno lì per lì non ci ha capito niente (e ci può stare, perfettamente, perché tutto questo non è solo rose e fiori).
Di sicuro, quando si spegne la tv dopo le mille chiacchiere della paladina delle casalinghe italiane che stirano non ci si sente come dopo aver partecipato al Festival della Filosofia.
E in più c'è lo scambio ad arricchire questi eventi culturali. Lo scambio è fondamentale. 
La televisione e le riviste alla fine sono inerti, di certo non rispondono se le interpelli e se anche lo facessero, non avrebbero quasi sicuramente risposte intelligenti da dare. 
Niente a che vedere col dibattito alla fine di una lezione filosofica (con tutte le complicazioni che possono manifestarsi) o con l'incontro/scontro con qualcuno con i tuoi stessi gusti o interessi. Poi certo, c'è qualcuno col cervello in salamoia (mi permetta l'espressione) che vive per scoprire se Clooney si sposerà per la diciassettesima volta o no, ma per fortuna c'è qualcuno capace di opporglisi.
Valentina M.

OLTRE LO STUPORE

"A leggere i numeri, è difficile credere quante persone partecipino alle diverse manifestazioni culturali. E, andando oltre il primo stupore, trovo che sia un dato confortante vedere quanta gente, e soprattutto quanti giovani, siano interessati a partecipare attivamente alle conferenze filosofiche e letterarie. Ed è una cosa positiva perché vuol dire che le persone non si accontentano più di raccogliere informazioni da articoli su internet o di ricevere passivamente le nozioni da trasmissioni televisive, magari truccate o censurate, ma vogliono essere spettatori presenti nelle piazze, a provare in prima persona quel rapporto che si instaura tra il filosofo in carne ed ossa ed il pubblico, senza l'ostacolo di uno schermo."
Anonimo

LATINO E GRECO APRONO LA MENTE

"A mio parere, eliminare il liceo classico sarebbe l'equivalente di cancellare la possibilità per delle menti brillanti di ricevere una formazione a trecentosessanta gradi, di svilupparsi appieno. Gli istituti professionali, per quanto validi per trovare un impiego subito dopo il diploma, limitano la formazione dell'individuo, non aprono la mente come fa un liceo. Ho sentito spesso dire che il classico è inutile perché nella vita non servirà sapere che cosa diceva Aristotele né sarà necessaria la conoscenza del Greco e del Latino. E allora, se seguiamo questo ragionamento, nella vita non servirebbe neanche saper svolgere un'equazione, quindi anche il liceo scientifico sarebbe inutile. Ma il punto non è questo. Il punto è che dopo cinque anni di liceo, l'alunno ha un'apertura mentale e una preparazione allo studio tali che può apprendere tutto e di conseguenza può fare qualsiasi cosa, dall'ingegnere al medico all'avvocato. E tale apertura mentale deriva dal sacrificio e dalla costanza adottati duranti i cinque anni di corso, dallo studio del Greco, del Latino e della Filosofia, dall'esercizio che si fa sopra ad una versione al liceo classico o sopra ad un problema matematico allo scientifico. E' a questo che serve il liceo. Il problema sarebbe riuscire a fare un liceo, sia esso classico o scientifico, completo di tutto: allo scientifico spesso si trascura il Latino, al classico la Matematica. Si dovrebbe trovare un modo per conciliare tutto. Ma comunque, come ho già detto, un liceo, se fatto bene, prepara a qualsiasi cosa, per cui un buon diplomato al liceo classico potrà poi laurearsi in Ingegneria Chimica. Magari potrà trovare alcune difficoltà all'inizio, ma con una buona forza di volontà e un grande impegno alla fine riuscirà sicuramente."
Ludovica F.

STUDIO E LAVORO

Purtroppo al giorno d'oggi il liceo classico è svalutato, poichè le materie che comprende sono considerate inutili per un futuro lavoro, per questo motivo la maggior parte dei ragazzi preferisce intraprendere un diverso corso di studi. Bisogna capire però che Il Liceo Classico, anche se non insegna come calcolare l'iva, progettare una casa o a risolvere qualche impossibile equazione di fisica, ci insegna a non fermarci alle apparenze, a riflettere maggiormente su determinate cose. Certo, non sarà mai utile sapere cosa pensava Aristotel se si vuole fare l'architetto, ma ciò on vuol dire che chi ha scelto di intraprendere il liceo classico non possa frequentare un'università con delle materie scientifiche: il liceo infatti aiuta a formare le menti, fa capire l'importanza dello studio e ti insegna a fare dei sacrifici per esso, perchè se si vuole seguire una cosa che ci piace bisogna saper fare di tutto per essa anche a costo di fare sacrifici e lavorare sodo.



La società di oggi preferisci sedersi su una poltrona e vedere qualche inutile programma in televisione o leggere una rivista di gossip piuttosto che partire e andare ad ascoltare una "noiosissima" conferenza di filosofia in qualche piazza assolata. Perchè questo? Siamo persone pigre senza alcuna voglia di apprendere qualcosa che possa fare bene alle nostre menti e al nostro modo di essere. Dopo aver ascoltato una lezione del professor Recalcati rimani con il dubbio se quello che hai sempre pensato essere giusto sia veramente così, ti dà quel motivo per analizzare da un altro punto di vista tutto ciò che vedi; ma dopo aver guardato "Uomini e Donne" o "Il grande fratello" rimani vuoto senza nulla su cui riflettere, se non se la gallina si fidanzerà con il belloccio di turno. Dovremmo spegnere le televisioni, chiudere le riviste, uscire e parlare. Siamo esseri umani dobbiamo comunicare tra di noi, scambiare idee e opinioni, andare ad ascoltare quelle conferenze che poi non sono noiose, dovremmo cominciare ad usare il nostro cervello non solo per decidere che canale mettere.


Arianna O.

NUOTARE CONTRO CORRENTE

La nuova società, i nuovi usi e abitudini che i sono imposti, ci costringono a vivere in modo stereotipato, statico e molto spesso monotono; siamo nell'era caratterizzata dal superficiale e soprattutto dal virtuale. Partecipando ormai da due anni al Festival della Filosofia che si tiene a Modena nel periodo di settembre, con grande piacere mi sono resa conto che forse nel nostro paese una parte di giovani e di nuove generazioni vanno "contro corrente"; con questo intendo dire che c'è ancora chi decide di ritagliare del tempo da dedicare alla propria cultura personale, in questo caso assistendo a lezioni di argomento filosofico. C'è ancora chi trova interessante e mentalmente stimolante immergersi totalmente nell'atmosfera di una città in fermento e in movimento durante i giorni di un festival, c'è ancora chi vuole sentirsi partecipe del dialogo tra un filosofo ed un pubblico, invece che ascoltare in modo effimero e privo di spessore emotivo una lezione da un computer.
Martina A.

UMANESIMO E BELLO

Io penso che senza il liceo classico il mondo contemporaneo perderebbe tutti quei valori umanistici che hanno contribuito a generare tutto ciò che c'è di bello, interessante, prezioso ed unico  nell'uomo e nella sua attività, e questo potrebbe crollare poi nel degrado e nella miseria politica, culturale e sociale. E' vero che nel liceo classico vengono trascurate molte materie come storia dell'arte,molto importante nel nostro caso poiché possediamo un patrimonio artistico molto ampio,le scienze e le lingue moderne,ma sono proprio le lingue antiche ad aiutare gli alunni a leggere il presente, a tenere la mente allenata e ad aprirsi a mondi diversi.


Dal punto di vista di un'alunna ascoltare conferenze di filosofi,scrittori o poeti potrebbe essere in parte noioso,ma l'esperienza di Modena mi ha dimostrato il contrario perchè le conferenze trattate oltre ad essere interessanti,hanno trattato argomenti di cui ne eravamo già a conoscenza ( per esempio discorsi riguardanti Platone e Aristotele), attuali e vicini ai giovani. Fondalmentale è stato anche il contatto visivo con i grandi filosofi che hanno richiamato ancor di più la nostra attenzione,perchè,come dice lei,vedere un personaggio dal vivo ci rende molto più attenti a partecipi. Il festival della filosofia di Modena,come anche altri festival,sono esperienze molto importanti sia dal punto di vista formativo che sociale,perchè ci aiutano anche a conoscere nuove persone e a stare con gli amici di sempre in occasioni diverse e particolari.
Federica C.

NON ESISTONO MATERIE INUTILI

Molti criticano il liceo classico sostenendo che le materie che vi si studiano siano sostanzialmente inutili  nella vita di tutti i giorni, che lo studio in particolare del greco e del latino, non costituisca altro che un inutile spreco di tempo e di energie e che, per una prospettiva di un futuro più certo bisogna dedicarsi allo studio di materie scientifiche che consentono più sbocchi lavorativi nell'ambito dei mestieri oggi più richiesti.
A mio modesto parere, invece, non è affatto così. Vero sì  che oggi risulta più facile, o meglio più probabile, ottenere un lavoro nel campo dell' ingegneria e della medicina piuttosto che lavorare come archeologo, professore o scrittore, ma secondo il mio modo di vedere le cose, chi poi nella vita riesce ad emergere e a farsi una strada, nonostante i numerosi ostacoli che essa ci pone davanti, non è chi si uniforma alla massa e compie le scelte meno rischiose ma chi, al contrario, si distingue dagli altri scegliendo di seguire le proprie inclinazioni, chi mette a frutto le sue potenzialità e  con determinazione si impegna nel cercare di raggiungere i suoi obiettivi per quanto la strada da percorrere sembri lunga e piena di insidie. Se si sceglie di intraprendere un indirizzo di studi, non tenendo conto dei propri interessi e delle proprie capacità, ma solo ed esclusivamente in base alle prospettive di lavoro future, il rischio è proprio quello di rimanere senza un impiego. Infatti se un ragazzo, che è molto abile nella scrittura e discreto nel calcolo, sceglie di intraprendere studi scientifici perché gli viene fatto credere che come scrittore sicuramente non farà strada, egli, che coltivando le sue passioni e mettendo a frutto le sue capacita sarebbe potuto divenire un grande scrittore, diverrà un architetto o un ingegnere  mediocre, ordinario, proprio perché  non spinto da alcuna passione. Dunque a quest'ultimo verranno preferiti tutti quegli architetti e quegli ingegneri  che invece risultano realmente interessati  alla materia, che dunque si distingueranno dalla massa di coloro che hanno scelto questo tipo di professione solo in vista delle possibilità lavorative, trascurando del tutto le loro inclinazioni.
Inoltre non è detto che un ragazzo uscito da un liceo classico non possa scegliere facoltà universitarie in cui prevalgono materie scientifiche, poiché il liceo classico, per quanto le materie umanistiche siano in netta prevalenza, fornisce una preparazione  e un metodo di studio, che fanno sì che il ragazzo in questione possa affrontare  i diversi percorsi  di istruzione universitaria indipendentemente dal tipo di discipline che vi si studiano. A mio avviso, infatti, ciò che conta realmente, non è tanto il numero di ore di curriculari di matematica, fisica o chimica, ma l’impegno e la dedizione con cui le si studiano.
Inoltre, lo studio delle lingue classiche e delle materie umanistiche permette a chi le apprende di avere una visione nuova e più profonda del mondo. Attraverso lo studio della storia si possono capire le dinamiche dell'agire umano, si può imparare dagli errori compiuti ed evitare di ripeterli (e di errori, come sappiamo, ne sono stati commessi innumerevoli). Con lo studio del greco e del latino si può comprendere quali siano le origini della nostra cultura, si allena la memoria, la logica e si può prendere consapevolezza della nostra lingua, figlia di queste ultime. Con la filosofia si  impara a non prendere per vero tutto ciò che si sente dire, ad andare oltre le apparenze, a non farsi ingannare da un discorso ben costruito, a chiedersi il perché delle cose e a provare a darsi delle risposte in maniera autonoma e, soprattutto, si esercita la capacità di astrazione alla base di tutte le discipline scientifiche che tanto vengono  preferite a quelle umanistiche.
Per tutti questi motivi, non mi trovo affatto pentita della decisione di iscrivermi al liceo classico e credo sia molto importante difendere quest’ultimo e promuovere gli studi umanistici piuttosto che scoraggiare i ragazzi che intendono intraprenderli preferendoli a quelli tecnico-scientifici.
Ilenia S.

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