mercoledì 1 luglio 2015

FILOSOFIA POLITICA E TEOLOGIA. ENCICLICA ECOLOGICA E SINISTRA. P. BEVILACQUA, Una svolta culturale che fa epoca, IL MANIFESTO, 30 giugno 2015

Si afferra con mag­giore pie­nezza la por­tata ever­siva dell’enciclica Lau­dato si, di Papa Fran­ce­sco — rispetto a tutta la tra­di­zione mil­le­na­ria della chiesa — se si tiene conto della sto­ria del pen­siero ambien­ta­li­sta. Nel 1967, uno sto­rico ame­ri­cano, Lynn White jr, pub­blicò su Science un sag­gio che fece scan­dalo. Nel suo Le radici sto­ri­che della nostra crisi eco­lo­gica, White soste­neva, con note­vole pre­co­cità, che le con­di­zioni di pro­gres­siva alte­ra­zione degli equi­li­bri ambien­tali risie­de­vano nel domi­nio eser­ci­tato in Occi­dente dalla cul­tura reli­giosa giu­daico cristiana.



Già nella Bib­bia, nel libro della Genesi egli ritro­vava le prime ori­gini di quella cul­tura «E Dio disse: “Fac­ciamo l’uomo a nostra somi­glianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie sel­va­ti­che e su tutti i ret­tili che stri­sciano sulla terra”.». Era dun­que la Chiesa, al cen­tro dell’accusa.
L’ampia discus­sione che ne seguì ridi­men­sionò in parte le argo­men­ta­zioni di White.Qualcuno ricordò che della sto­ria del cat­to­li­ce­simo faceva parte anche San Fran­ce­sco. Giu­sta osser­va­zione, spe­cie in que­sto caso.
Ma San Fran­ce­sco fu una stella soli­ta­ria. Altri ricor­da­rono che in Giap­pone, pla­smato da una ben diversa sto­ria reli­giosa, già a fine ’800 lo svi­luppo indu­striale aveva gene­rato gravi alte­ra­zioni ambien­tali. Vero. Ma ormai il capi­ta­li­smo poteva vin­cere anche le resi­stenze reli­giose più radi­cate. In realtà nes­suno poté smi­nuire il carat­tere per così dire fon­da­tivo della cul­tura cat­to­lica nel pla­smare il rap­porto domi­nante uomo-natura nelle società dell’Occidente.
Del resto lo stesso Fran­ce­sco — all’interno di un ragio­na­mento “laico”- ammette che «il pen­siero ebraico-cristiano ha demi­tiz­zato la natura». Men­tre Max Weber, che oltre a essere un grande socio­logo era prima di tutto uno sto­rico delle reli­gioni, ha ricor­dato, nei sui studi sul capi­ta­li­smo, come le reli­gioni orien­tali, con il loro ani­mi­smo, ten­des­sero a ren­dere sacri non solo le altre crea­ture, ma anche i ter­ri­tori, le acque le montagne…
Ora è vero che nel frat­tempo la Chiesa ha mutato la sua visione della natura. In que­sta enci­clica Fran­ce­sco ricorda i primi con­tri­buti “ambien­ta­li­sti” di Paolo VI, quelli di Gio­vanni Paolo II, di Bene­detto XVI. Ma la sua posi­zione è oggi dirom­pente: «Siamo cre­sciuti — scrive, a pro­po­sito della Terra — pen­sando che era­vamo suoi pro­prie­tari e domi­na­tori, auto­riz­zati a sac­cheg­giarla.. Ma non solo non siamo più padroni incon­tra­stati, siamo fatti della stessa mate­ria che stiamo distrug­gendo: «Il nostro stesso corpo è costi­tuito dagli ele­menti del pia­neta, la sua aria è quella che ci dà il respiro e la sua acqua vivi­fica e ristora». Qui papa Fran­ce­sco fa pro­prio il più avan­zato pen­siero scien­ti­fico ambien­ta­li­sta. Si pensi alle affer­ma­zioni sor­pren­denti a pro­po­sito della bio­di­ver­sità: «Pro­ba­bil­mente ci turba venire a cono­scenza dell’estinzione di un mam­mi­fero o di un vola­tile, per la loro mag­giore visi­bi­lità. Ma per il buon fun­zio­na­mento degli eco­si­stemi sono neces­sari anche i fun­ghi, le alghe, i vermi, i pic­coli insetti, i ret­tili e l’innumerevole varietà di microorganismi.».
Anche se non appare citato Edgar Morin, con i sui studi pub­bli­cati nei volumi della Méthode, o la vasta let­te­ra­tura eco­lo­gi­sta radi­cale, l’impronta a me pare onni­pre­sente. Non meno coe­rente con tale impo­sta­zione la cri­tica alla cul­tura domi­nante: «La tec­no­lo­gia che, legata alla finanza, pre­tende di essere l’unica solu­zione dei pro­blemi, di fatto non è in grado di vedere il mistero delle mol­te­plici rela­zioni che esi­stono tra le cose, e per que­sto a volte risolve un pro­blema crean­done altri.».
Ma un altro aspetto della radi­ca­lità ever­siva di que­sta enci­clica risiede a mio avviso nel fatto che papa Fran­ce­sco evi­den­zia costan­te­mente la con­nes­sione tra la vio­lenza alla natura e domi­nio di classe: lo sfrut­ta­mento eser­ci­tato dalle potenze eco­no­mi­che del nostro tempo con­tro i poveri della terra. Egli coglie «l’intima rela­zione tra i poveri e la fra­gi­lità del pia­neta» e mette in luce come il sac­cheg­gio delle risorse col­pi­sce l’economia delle popo­la­zioni, men­tre l’inquinamento dan­neg­gia in primo luogo i più deboli. E non rimane nel vago.
E’ il caso di una risorsa come l’acqua. «Un pro­blema par­ti­co­lar­mente serio è l’acqua dispo­ni­bile per i poveri, che pro­voca molte morti ogni giorno». Pro­blema che non è frutto della fata­lità: «Men­tre la qua­lità dell’acqua dispo­ni­bile peg­giora costan­te­mente, in alcuni luo­ghi avanza la ten­denza a pri­va­tiz­zare que­sta risorsa scarsa, tra­sfor­mata in merce sog­getta alle leggi del mer­cato. In realtà, l’accesso all’acqua pota­bile e sicura è un diritto umano essen­ziale, fon­da­men­tale e uni­ver­sale, per­ché deter­mina la soprav­vi­venza delle per­sone, e per que­sto è con­di­zione per l’esercizio degli altri diritti umani.».
Infine un altro ele­mento sem­bra dare a que­sta enci­clica un pro­filo poli­tico di asso­luta novità. E’ la denun­cia, se non di un nemico, cer­ta­mente di un avver­sa­rio. Sap­piamo che in pas­sato la Chiesa non ha man­cato di espri­mere denunce ser­rate alla società capi­ta­li­stica e alle sue ingiu­sti­zie. Nella sua dot­trina sociale, negli ultimi decenni, è venuta accen­tuando la radi­ca­lità di que­ste cri­ti­che. Ma alla fine una sin­tesi ecu­me­nica finiva col ren­dere indi­stin­gui­bili i respon­sa­bili. Gli agenti, i reali ves­sa­tori, assu­me­vano un pro­filo eva­ne­scente. Il papa, natu­ral­mente non può scen­dere in casi par­ti­co­lari, ma denun­cia aper­ta­mente – come ha ricor­dato E.Scandurra( il mani­fe­sto, 23/6) — che «Molti di coloro che deten­gono più risorse e potere eco­no­mico o poli­tico sem­brano con­cen­trarsi soprat­tutto nel masche­rare i pro­blemi o nascon­derne i sintomi ».
E il pro­blema del debito dei paesi è lumeg­giato come meglio non si poteva:«Il debito estero dei Paesi poveri si è tra­sfor­mato in uno stru­mento di con­trollo, ma non accade la stessa cosa con il debito eco­lo­gico. In diversi modi, i popoli in via di svi­luppo, dove si tro­vano le riserve più impor­tanti della bio­sfera, con­ti­nuano ad ali­men­tare lo svi­luppo dei Paesi più ric­chi a prezzo del loro pre­sente e del loro futuro. La terra dei poveri del Sud è ricca e poco inqui­nata, ma l’accesso alla pro­prietà dei beni e delle risorse per sod­di­sfare le pro­prie neces­sità vitali è loro vie­tato da un sistema di rap­porti com­mer­ciali e di pro­prietà strut­tu­ral­mente perverso».
E poi­ché il papa ha parole per tutti, non manca di ricor­dare le respon­sa­bi­lità dei governi e del ceto poli­tico del nostro tempo: «La sot­to­mis­sione della poli­tica alla tec­no­lo­gia e alla finanza si dimo­stra nel fal­li­mento dei Ver­tici mon­diali sull’ambiente».
Dun­que, la Chiesa, la più antica isti­tu­zione di potere della sto­ria umana, per due mil­lenni stru­mento di con­trollo e con­ser­va­zione sociale, rove­scia il suo pas­sato e lan­cia la sua sfida aperta ai poteri del mondo laico. Lo fa, natu­ral­mente col suo lin­guag­gio, che può essere quello di tutti, cre­denti e non cre­denti: «Abbiamo biso­gno di nuova soli­da­rietà uni­ver­sale». Credo che la sini­stra debba cogliere que­sta svolta cul­tu­rale che fa epoca.
Essa può ritro­vare il suo uni­ver­sa­li­smo per­duto, quell’ ”inter­na­zio­na­li­smo pro­le­ta­rio” , nau­fra­gato con l’involuzione auto­ri­ta­ria dell’Urss, che era stato la stella polare di diverse gene­ra­zioni. In Ita­lia ha un grande pre­ce­dente sto­rico cui ispi­rarsi. Quando, ai primi anni ’60, emerse la figura di Papa Gio­vanni e si aprì il Con­ci­lio Vati­cano II, il Par­tito comu­ni­sta avviò un ampio dia­logo con il mondo cat­to­lico, sui temi della pace nel mondo e dell’emancipazione sociale. Ne segui­rono con­se­guenze poli­ti­che di grande por­tata, con tante nuove forze che entra­rono nella lotta poli­tica progressista.
La sal­vezza della casa comune della Terra oggi è il nuovo ter­reno di dia­logo. Ma occorre un mutato para­digma e nuovi diri­genti poli­tici all’altezza della sfida, che non pos­sono certo essere i gio­vani “rot­ta­ma­tori” di oggi, in realtà rap­pre­sen­tanti del fronte avver­sa­rio, tardi epi­goni di una cul­tura senza avvenire.

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